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Adelante Pedro...

Tutti gli osservatori politici si chiedono in questi giorni se la tornata elettorale referendaria del 20 e 21 prossimi potrà incidere sulle sorti del governo e della legislatura.

Il Commento Politico ritiene di no. Esattamente come a luglio, quando, alla conclusione del negoziato europeo che riservava all’Italia circa 200 miliardi di euro (quasi 300, se si considerano Sure e Mes) prevedemmo che del programma di utilizzazione dei fondi non si sarebbe parlato se non dopo queste prossime elezioni.

Avere dei soldi da poter utilizzare è la piattaforma elettorale ideale. Mettere in lista quanti più progetti è possibile ne rappresenta il naturale corollario. Il risultato? Il programma italiano è rinviato al prossimo gennaio (ieri ne sono state presentate le sole e generalissime linee guida)  e i progetti presentati  allo sparuto comitato per il programma (il Ciae) da una miriade di soggetti prevedono spese già oggi superiori ai pur considerevolissimi stanziamenti europei.

Per il dopo elezioni si ripresenterà una analoga situazione di surplace. Le forze di maggioranza sono tenute insieme da due collanti formidabili: giungere alla scadenza naturale della legislatura (a maggior ragione se ci fosse una vittoria  del Si al referendum con conseguente falcidia dei parlamentari in carica) e un’allocazione  delle risorse europee che  impedisca  alle forze di opposizione di toccar palla e, allo stesso tempo, che possa costituire  la nuova piattaforma elettorale per le elezioni amministrative della  prossima primavera  che interesseranno molte ed importanti città come Roma, Milano, Torino e Bologna.

Il recente tour del Presidente del Consiglio tra la Festa del Fatto quotidiano e il festival dell’Unità conferma la nostra impressione: il messaggio di Conte, accolto con strabici applausi in entrambe le manifestazioni, è stato chiaro: il governo (e la legislatura) andranno avanti a prescindere dal risultato delle elezioni perché l’utilizzazione dei fondi europei è priorità di tale importanza da non consentire sbandamenti politici. Certo, ha riconosciuto il Premier, ci sono tensioni nella  maggioranza sul Mes e sulla necessità o meno di procedere ad un rimpasto, ma si tratta di questioni “logore” e complessivamente secondarie, da affrontare e risolvere dopo le elezioni, se del caso “salvo intese”, perché in fondo  prima del voto  è più opportuno che questi temi  vedano Cinquestelle e Pd ancora strumentalmente contrapposti.

L’opposizione, a sua volta,  non ha la forza di reagire a questa sorta di determinismo che caratterizza le prospettive politiche perché ha dalla sua la sola coazione a ripetere del presentarsi  unita nelle elezioni locali (pur essendo ormai politicamente divisa). Una carta totalmente insufficiente se essa non si inserisce in una credibile cornice di collocazione internazionale ed europea. E se non è accompagnata da una più generale  proposta di ripresa del paese che vada al di là della flat tax.

Il Commento Politico condivide pienamente la posizione del governo di considerare cruciale per il futuro del paese una corretta ed efficace utilizzazione dei fondi europei. Per questo, pur con poche speranze, ci siamo battuti, quasi ai limiti dello stalking, perché durante l’estate si predisponessero strumenti e procedure adeguati. Occorre, lo diciamo per l’ennesima ma non l’ultima volta, che ci sia una sede unitaria di predisposizione dei progetti che ne garantisca efficienza e produttività effettive con procedure di assoluta trasparenza. Ciò, come temevamo non  è fin qui avvenuto, nonostante i richiami del Presidente della Repubblica e del Commissario europeo Gentiloni. Ora che il Governo, com’era ampiamente prevedibile, ha annunciato un allungamento dei tempi riprenderemo le nostre sollecitazioni.

C’è però un nuovo ostacolo che vediamo profilarsi. Tra le motivazioni che il Pd ha portato per giungere ad un doloroso Si al referendum c’è quella che il taglio dei parlamentari costituirebbe il primo passo per una più ampia ed organica riforma delle istituzioni che riguarderebbe la modifica del bicameralismo, l’introduzione della sfiducia costruttiva, una nuova legge elettorale ed altre modifiche riguardanti  la Costituzione ed i regolamenti parlamentari. Riteniamo francamente che questa suggestione abbia un significato solo nel senso di ribadire la volontà di giungere alla fine naturale della legislatura. Nel merito la proposta sembra non solo irrealistica (è di ieri l’ennesimo  rinvio dell’incardinamento in commissione  del testo base della riforma elettorale) ma soprattutto pericolosa se, come tutti dicono,  la priorità del paese dovrebbe essere quella di ben utilizzare i fondi europei. Pensiamo veramente che un Parlamento già così poco omogeneo e per di più  posto nel marasma dal taglio dei parlamentari possa  fare nello stesso tempo lo storico  programma di rilancio del Paese è una così grande riforma costituzionale? 

Si cominci a votare No nel referendum. Poi si cerchi di fare sul serio.

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