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Covid, non abbassare la guardia

La guerra in Ucraina ha finito per far passare in secondo piano il problema che da due anni condiziona pesantemente, almeno in Europa, la vita sociale e rallenta lo sviluppo economico: la pandemia da Coronavirus. L’attenzione della politica e dei media si è gioco forza spostata verso una tragedia ancora maggiore nel cuore dell’Europa, l’invasione russa dell’Ucraina, con i suoi morti, le sue terribili distruzioni, l’esodo delle popolazioni inermi costrette ad abbandonare la propria terra. Crisi su crisi, dunque, i cui effetti si sommano rendendo ancora più precario il tentativo di ripresa che stava prendendo corpo.


Crisi su crisi perché il Covid non se ne è affatto andato, se è vero come è vero che la stessa Cina, da cui la pandemia ha preso il via e che sembrava essere riuscita per prima a liberarsene, o comunque a tenerla efficacemente sotto controllo, vede oggi una grave recrudescenza dei contagi con focolai secondi solo a quello di Wuhan. In Italia e in Europa l’andamento dei contagi si presenta ancora preoccupante, tanto da indurre qualcuno a parlare di quinta ondata, con percentuali di positività attorno al 15% dei test effettuati, pur restando in progressivo calo ricoveri, sia in reparti ordinari che intensivi, e decessi. Segni questi che la campagna vaccinale, con decisione voluta dal governo e che ci vede ai primi posti al mondo per numero di somministrazioni, sta dando i suoi frutti. Risultati incoraggianti, dunque, ma che non possono farci abbassare la guardia nei confronti di un virus che con le sue ultime varianti (in particolare la Omicron 2) ha acquisito una contagiosità elevatissima, quasi uguale a quella del virus del morbillo. Soprattutto non possiamo abbassare la guardia per la tendenza a mutare spesso e rapidamente dimostrata dal Covid. Fino ad ora, le mutazioni di maggior successo per il virus stesso si sono dimostrate sì più contagiose, ma per fortuna meno letali rispetto alle forme iniziali. Questo fino ad ora, ma non mancano le notizie preoccupanti. È di questi giorni la notizia che in Francia è stata isolata una mutazione denominata Omicron-Delta, perché avvenuta in pazienti che avevano contratto l’infezione da virus delta e omicron in rapida successione, e sulle cui caratteristiche di contagiosità e gravità dell’infezione si sa ancora poco.


Tutti questi fatti indicano chiaramente come non ci si libererà del Covid ancora per molto tempo e che bisognerà trovare un modo di conviverci, pur ricominciando a vivere il più normalmente possibile da un punto di vista sociale e lavorativo. La strada sembra essere proprio quella delle vaccinazioni di massa e, soprattutto, la messa a punto di vaccini sempre più efficaci sulle varianti o, ancora meglio, la possibilità di mettere a punto vaccini in grado di generare anticorpi contro altre proteine della struttura virale, che non sono sede di variazioni come la proteina Spike e a cui stanno lavorando alcuni gruppi di scienziati.


I vaccini, dunque, hanno dimostrato di proteggere dalle complicanze dell’infezione, facendo assomigliare sempre di più gli effetti del Covid a quelli di una influenza stagionale di gravità medio-alta e proprio per questo appaiono fuori luogo e illogici tutti i ragionamenti circa l’opportunità o meno di una quarta dose. Una quarta dose ci sarà, come ce ne sarà una quinta, una sesta e così via, solo che è sbagliato, fonte di equivoco e fuorviante chiamarle con un numero progressivo, per il semplice fatto che saranno normali richiami annuali, esattamente come quelli che si effettuano per prevenire l’infezione da influenza stagionale, anch’essi del resto fortemente consigliati per anziani e soggetti fragili. Non sappiamo quanto durerà, ma già sarebbe un grande progresso se a breve dovesse nuovamente restare l’unica emergenza in corso, essendosi spento il fragore dei bombardamenti e annullato il rischio di un olocausto nucleare, molto improbabile ma non per questo impossibile.

Cesare Greco

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