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Draghi e le Cascate del Niagara

Il commento più acuto alle cifre del Def illustrate da Mario Draghi nella sua conferenza stampa di ieri è stato quello di Barbara Fiammeri del Sole 24 Ore. “Guardi presidente – ha detto all’incirca la brava giornalista – che se non fosse lei a presentare questi numeri, ci sarebbe da spaventarsi.” L’osservazione è acuta perché Draghi ha indicato per i prossimi anni una crescita ulteriore e molto consistente del debito pubblico in termini assoluti e in rapporto al PIL cui farebbe seguito, solo dopo molti anni, l’inizio di un cammino discendente di questo rapporto.

L’impostazione illustrata da Draghi è molto diversa da quella degli esecutivi che lo hanno preceduto. In passato, anche per effetto dei vincoli stabiliti a livello europeo, i governi dovevano limitare al massimo il ricorso al deficit e annunciare l’obiettivo, mai raggiunto, di fare iniziare quasi subito la discesa del rapporto debito-PIL. Quando Renzi da presidente del Consiglio annunciò che intendeva mettere in discussione i limiti di Maastricht, dovette fare rapidamente marcia indietro. Quando il Conte 1 annunciò un deficit più elevato di quello che Bruxelles si attendeva, fu costretto a fare rapidamente marcia indietro.

In realtà la maggior parte degli economisti, da destra a sinistra, ritiene da molto tempo che per uscire dalla trappola del debito pubblico sia indispensabile passare per una fase di deficit più alto, da utilizzare per sbloccare la crescita italiana, e che solo seguendo questo percorso si può evitare che il debito pubblico strangoli lentamente e definitivamente l’economia determinando l’inevitabile consolidamento o l’espulsione dalla moneta unica.

Insomma, da molti anni sappiamo che una strada tanto rischiosa quanto inevitabile è quella di andare oltre i celebri limiti di Maastricht, aumentare il deficit e il debito, utilizzare bene queste risorse aggiuntive per sbloccare una volta per tutte la crescita del nostro Paese e quindi ripartire su una strada diversa e più virtuosa: portare la crescita stabilmente oltre il 3%. A quel punto, stabilizzare il bilancio e imboccare quindi la via della discesa progressiva del rapporto fra il debito e il prodotto nazionale.

È esattamente quello che ieri Draghi ha annunciato. Egli ha il vantaggio, rispetto a chi in passato aveva proposto questo percorso, che il patto di stabilità è sospeso e così sono sospesi gli obblighi di rientro del rapporto debito-Pil di circa cinque punti l’anno. Quindi, mentre negli scorsi anni un’impostazione di questo genere sarebbe partita con il piede sbagliato della sfida a Bruxelles, oggi la pandemia ha spinto l’Europa a sospendere quelle regole e quindi permette all’Italia di sperimentare quello che molti hanno sostenuto nel corso di questi anni. Ma questo porta con sé due implicazioni che vogliamo ribadire e che erano al centro dell’osservazione della giornalista del Sole 24 Ore.

C’è oggi nella politica italiana qualcun altro, che non sia Draghi, che possa percorrere credibilmente questa strada? Si tratta – deve essere chiaro – di una strada lunga e rischiosa. Assomiglia molto all’attraversamento delle cascate del Niagara su una fune. Molti pensano di essere in grado di affrontare una simile sfida, ma pochi ci sembrano all’altezza. È comunque un’opera di lunga lena: non si tratta di enunciare un programma; si tratta di avere tutte le qualità necessarie per realizzarlo passo dopo passo e per un tempo lungo.

Oggi l’Italia può proporsi questo obiettivo perché a guidare il governo è una personalità che gode di un prestigio internazionale indiscutibile, ha un’esperienza professionale di altissimo livello ed è sostenuta da una coalizione di partiti che – l’onorevole Meloni non se ne abbia a male – copre tutto l’arco politico rilevante. È impensabile che a metà strada questo percorso si interrompa e che altri aspirino a sostituire Mario Draghi.

Quando ieri in Consiglio dei ministri i partiti di maggioranza hanno approvato il Def,

si sono impegnati non solo a completare la legislatura ma a portare a termine il percorso delineato dal presidente del Consiglio.

Stiamo parlando di un traguardo che è all’incirca quello del 2025 o 2026, gli anni in cui dovrebbe finalmente cominciare a scendere il rapporto debito-Pil.

Il Niagara è largo. Bisogna arrivare dall’altra parte.

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