Riportiamo di seguito un resoconto dell'intervista rilasciata dal prof. Giovanni Farese a Mf-DowJones (da MF-DJ News - 20 aprile 2022)
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UCRAINA: Farese (UniEr); per fermare guerra, Ue deve chiudere rubinetti Russia
ROMA (MF-DJ) -- "Se l'embargo può fermare la guerra, allora bisogna farlo presto. Non è possibile scartare questa ipotesi".
È netto Giovanni Farese, professore di Storia dell'economia all'Università europea di Roma, che in un'intervista a Mf-DowJones commenta la richiesta rivolta dal presidente Usa, Joe Biden, agli alleati europei di rinunciare al gas russo per mettere definitivamente nell'angolo Vladimir Putin.
"In una guerra di perseveranza come questa, non possiamo perdere di vista il fattore tempo. Potremmo essere costretti più avanti a fare - o a subire - scelte che sarebbe possibile e utile assumere ora che il consenso per esse è elevato. Il contesto politico e sociale potrebbe mutare, e renderle poi impossibili", ha proseguito Farese mettendo in evidenza che "il differimento di una decisione su questo punto consente a Putin, ai prezzi correnti di gas e petrolio, di ricostituire in uno-due anni la quota di riserve ufficiali congelate all'estero e di finanziare la guerra con un enorme surplus di partite correnti, anche perché il crollo delle importazioni è stimato per il 2022 nell'ordine del 50%". La prospettiva di un embargo totale sul gas "non dovrebbe essere scartata in linea di principio. Se ne temono i costi - ha sottolineato - ed è evidente che in quello scenario occorrerà pagare un costo in termini di addizione di inflazione e di sottrazione di crescita. Ma intanto paghiamo già oggi - per un tempo indefinito che aumenta l'incertezza - il costo della guerra, sia in termini di aumento dei prezzi sia di rallentamento della crescita". Il punto è "come distribuire il costo di una decisione che avrebbe effetti diversi tra i paesi europei perché differenti sono i livelli di dipendenza dal gas della Russia".
L'efficacia delle sanzioni europee e le difficoltà con le quali Mosca deve fare i conti sono state evidenziate con chiarezza dalla governatrice della banca centrale russa, Elvira Nabiullina. Nonostante i tentativi di Putin di ridimensionarne la portata. "Non è la prima volta dall'inizio di questa guerra che emerge una diversità di vedute tra Putin e la signora Nabiullina. In una certa misura è nella natura delle cose: i banchieri centrali si preoccupano anzitutto della stabilità della moneta mentre i dittatori danno la precedenza alla politica di potenza, spesso sottovalutando l'andamento dell'economia", ha spiegato Farese. Le sanzioni hanno effetti pesanti: il crollo atteso del Pil nel 2022 è del 10%, mentre l'aumento dell'inflazione sarà all'incirca del 15-20%, stanti le sanzioni attuali. Per questo Nabiullina parla di "cambiamenti strutturali" nell'economia russa. Certo, "il rublo ha recuperato e fin qui ha retto, ma è l'effetto dei controlli e delle misure restrittive introdotte dalla Banca centrale e soprattutto del differimento da parte europea di una decisione sull'import di gas e di petrolio, che continua a far affluire valuta pregiata". E poi c'è stato anche l'utilizzo di un buon 10% delle riserve in oro: circa 60 miliardi su un totale di oltre 600. Quella è la "grande muraglia che protegge la Russia di Putin e di quella si preoccupa la signora Nabiullina".
Il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha spiegato che la Russia è aperta alla cooperazione con tutti i Paesi che non applicano sanzioni contro Mosca. Tra i Paesi che prima hanno risposto all'appello c'è la Cina. "Ciò che conta, quando si applicano delle sanzioni, non è solo la loro natura ma l'ampiezza dell'alleanza che la sostiene. È vero che i paesi che le applicano sono circa 40 su circa 200 (rappresentativi del 14% della popolazione mondiale) e che tra questi non vi sono Cina, Emirati Arabi, India, Iran, Turchia e molti altri. Ma è anche vero che quei 40 paesi rappresentano circa il 60% del Pil mondiale - ha precisato Farese -. Il commercio della Cina con Europa e Stati Uniti insieme è dieci volte quello con la Russia, circa 1.500 miliardi contro 150. L'ascesa della Cina, che per dispiegarsi necessita di tempi medio-lunghi, ha ancora bisogno dell'infrastruttura della globalizzazione, e questa poggia ancora sul dollaro. Questo può spiegare, nel momento attuale, l'ambiguità della Cina". L'Europa deve mantenere la barra dritta sulle sanzioni. A fronte di un allargamento del conflitto economico, eventualmente ai paesi Brics che sono stati fin qui "tiepidi o espressamente contrari alle sanzioni dell'Occidente, si potrebbe pensare a sanzioni secondarie da applicare ai Paesi che intrattengono rapporti con la Russia. Ma prima di pensare a sanzioni secondarie - che avrebbero l'effetto di un’ulteriore frammentazione dell'economia mondiale e di un ulteriore rallentamento della crescita globale - si dovrebbe piuttosto pensare a un "approfondimento delle sanzioni primarie". Partendo proprio dalla stretta sul gas e sul petrolio, "eventualmente iniziando da una tassa all'importazione o da un tetto sui prezzi a livello europeo".
vs valeria.santoro@mfdowjones.it (fine) MF-DJ NEWS
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