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Pandemia e migrazioni: una sfida per l'Europa

Fra le cause della pandemia ancora in atto in molti Paesi e della prevista seconda ondata di coronavirus, ci sono le condizioni di assoluta miseria in cui vivono i più poveri della Terra, immigrati o no.

Consideriamo i numeri in costante crescita del contagio: in America Latina il numero dei decessi ha superato i 107mila e i malati di Covid 19 sono 2milioni e 358mila. In Brasile si contano 1milione e 275mila casi e i morti sono circa 56mila. In Messico le vittime sono oltre 25mila e il Perù, con più di 272mila contagi, è il sesto Paese del mondo per diffusione del virus, seguito dal Cile con 263mila. Gli Stati Uniti piangono 125mila morti e 2milioni e mezzo di casi, in aumento con una rapidità che fa paura ogni giorno di più. In India – 510mila casi - il virus si sta espandendo alla velocità di 14mila contagi quotidiani. In totale, la pandemia nel mondo ha ormai colpito 10 milioni di persone e fa registrare 500 mila morti.

E poi guardiamo i luoghi del contagio, o meglio i cosiddetti cluster, l’epicentro della trasmissione, il punto a partire dal quale il virus comincia a dilagare. Sono quasi sempre luoghi degradati, dove la densità di popolazione rende impossibile il distanziamento sociale e la povertà nega il ricorso alle cure mediche e alla possibilità di impiegare risorse per la prevenzione e l’igiene. È così nelle favelas di San Paolo, negli slums indiani, nei bairros de lata delle città sudamericane.

È così anche nel cuore di New York, nei tanti quartieri abbandonati alla sporcizia e alla delinquenza, e in molte realtà metropolitane europee. Perché c’è - è ormai evidente - un nesso tra il problema irrisolto dell’immigrazione e l’emergenza sanitaria della pandemia.

Anche in Italia nei giorni scorsi a Mondragone i militari hanno delimitato l’area di un nuovo focolaio di coronavirus e una comunità di braccianti bulgari, che vive assiepata nelle palazzine ex-Cirio, è stata duramente contestata dalla popolazione locale che ora li accusa di essere gli untori del contagio: “Loro vanno a lavorare mentre noi siamo costretti alla quarantena”, gridano gli abitanti. E infatti, in questa come in tante altre rurali del nostro Paese, gli immigrati vengono prelevati prima che faccia giorno dagli emissari del caporalato agricolo e portati a lavorare nei campi a pochi euro l’ora, fino allo sfinimento dei più deboli. È accaduto, violando i divieti, anche durante tutta la fase del lockdown e continua ad accadere dove adesso stanno ripartendo i contagi. Sono decine, da nord a sud, le Mondragone d’Italia, come sono decine i mattatoi Tönnies del Nordreno-Westfalia dove le sofferenze degli operai, soprattutto immigrati, sono quelle quasi irripetibili raccontate dalla cronaca della scorsa settimana. I luoghi dello sfruttamento dei senza diritti nel nostro continente sono centinaia. In un’intervista a la Repubblica di oggi, il Segretario generale delle Nazioni Unite Antònio Guterres, parlando delle emergenze globali, delinea scenari post pandemia e afferma che anche “I cambiamenti climatici sono collegati al flusso dei rifugiati. Dobbiamo garantire che trovino protezione. Un ambito in cui l’Europa si è dimostrata deficitaria”. Far ripartire subito il confronto fra gli Stati europei sul tema dell’immigrazione è dunque necessario anche per provare a bloccare l’epidemia di ritorno. Il covid 19 è solo l’ultima delle occasioni per la nostra Europa, che si dice civile, per rilanciare politiche dell’immigrazione finalmente e definitivamente integrate su scala comunitaria. Nonostante l’aggravarsi della situazione migratoria nei nostri Paesi, nonostante i numerosi vertici dei capi di Stato e di governo Ue che si sono susseguiti a partire soprattutto dall’inizio della crisi siriana, nonostante le proposte formulate dalla Commissione europea e le risoluzioni adottate dal Parlamento europeo, nessun accordo fra gli Stati membri ha segnato l’avvio di una politica comune dell’immigrazione e di asilo.

Ne riscontriamo le conseguenze anche in Italia, dove una legislazione disorganica, sottoposta a continui cambiamenti di indirizzi dei governi, è approdata nel 2018 ai noti, deprecabili Decreti sicurezza del passato governo giallo-verde, di cui ancora si attende la cancellazione promessa dal Conte 2.

Il virus ha inferto colpi duri alla nostra economia; inevitabile che da noi come altrove la già grave guerra fra poveri stia assumendo toni drammatici. Ma non possiamo lasciare che la rabbia dei disoccupati italiani si scateni, contrapposta alla disperazione degli immigrati sfruttati nelle campagne, nei cantieri edili, nelle tante officine disseminate sul nostro territorio. Bisogna intervenire con urgenza perché ad essi siano garantiti diritti civili e sicurezza sanitaria. Anche accelerando, dove ce ne siano i requisiti, la prevista regolarizzazione voluta dalla ministra dell’agricoltura Teresa Bellanova. Non possiamo lasciare che la campana dell’epidemia continui a suonare soprattutto per la disperazione degli ultimi.


Silvia Di Bartolomei

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