Quando l’uragano è arrivato, si è abbattuto su un paese in gravi difficoltà. Gli effetti della crisi del 2008 erano ancora presenti e a contrastare la permanente stagnazione economica era stato chiamato un Parlamento largamente dominato da forze populiste e sovraniste per più di un anno impegnate a superarsi nel logorare i nostri rapporti con l’Unione Europea.
Il neo isolazionismo americano e britannico aveva inoltre oggettivamente indebolito il nostro status internazionale, in particolare nel Mediterraneo.
L’inaspettato cambio di governo e maggioranza dell’agosto scorso aveva sì ottenuto il risultato di sterilizzare l’aumento dell’Iva e di evitare elezioni anticipate che avrebbero prodotto la vittoria di una destra estrema a guida Salvini, ma non si erano realizzate le condizioni per la nascita di una nuova prospettiva politica, salvo un certo miglioramento dei rapporti con i partners europei conseguente alla convergenza dei partiti di governo nell’elezione della presidente Von der Layen. Poi è arrivato l’uragano.
Il governo Conte 2 ha fatto le uniche cose possibili. Un lockdown che fermasse il diffondersi di un virus all’inizio, e ancora oggi, largamente sconosciuto e la ricostituzione di buoni rapporti con l’Europa, unica fonte da cui possono pervenire risorse che non abbiamo.
I contagi si sono ridotti e la nuova consapevolezza europea di dover in fretta abbandonare le tradizionali politiche restrittive ha consentito alla Bce di comprare nostri titoli in misura tale da permettere una manovra finanziaria di circa 100 miliardi, volta a sostenere un’economia in ginocchio dopo tre mesi di blocco totale.
Al Parlamento spetterà di approvare il più complessivo accordo con Bruxelles che dovrebbe prevedere programmi per circa 1500 miliardi, cui l’Italia può e deve in parte attingere.
Con questa decisione delle Camere si concluderà la cosiddetta fase due.
Sarà allora, cioè dopo l’auspicabile conferma di frenata dell’epidemia ed il sostegno economico di emergenza fornito dai due decreti del governo, che la politica dovrà esprimersi su come assicurare che le nuove risorse siano indirizzate realmente ad un rilancio duraturo e stabile del Paese e su come evitare che vadano sprecate.
Sarà allora che le forze di maggioranza dovranno dimostrare se hanno un comune disegno di sviluppo o se la fase dell’emergenza politica, sanitaria ed economica debba considerarsi conclusa, lasciando agli elettori la scelta di politica economica da adottare.
Consumi o investimenti? Liberismo o politica dei redditi?
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