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Regionali, non dimentichiamo l’immigrazione

Servono grandi iniziative di revisione e avanzamento delle misure e degli interventi per governare la presenza degli immigrati nel nostro Paese.

Lo impongono le direttive europee e l’articolo 80 del Testo unico sul funzionamento dell’Ue, che prevede asilo, protezione, solidarietà per i migranti in regime di “equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri”. E perché un numero sempre maggiore di disperati ci chiederà presto aiuto. Lo attestano i più recenti rapporti dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), secondo i quali negli ultimi dieci anni il numero degli sfollati dalle loro case è raddoppiato, raggiungendo, in tutto il pianeta, gli 80 milioni. Masse di persone in cerca di salvezza da conflitti bellici, persecuzioni etniche e razziali, miseria, catastrofi naturali e infine dal coronavirus che si accanisce sui poveri del mondo. Si tratta di sfollati interni ai loro Paesi, molti stanno provando a tornare nei loro luoghi di origine, ma nel 2019 solo lo 0,5% dei rifugiati è stato reinsediato. Gran parte degli altri cercheranno scampo in Occidente, in Europa e in Italia, se potranno permettersi il viaggio della speranza.

Il programma del secondo governo Conte prevedeva la cancellazione dei decreti Sicurezza e l’introduzione di una normativa agile per l’acquisizione della cittadinanza e dei diritti civili degli stranieri che ne abbiano diritto. Invece quei provvedimenti sono ancora in vigore, responsabili anch’essi delle condizioni di addensamento nei centri di raccolta di immigrati, che in numero crescente diventano lazzaretti e focolai della pandemia.

Nell’ex caserma Serena di Treviso e nell’ex caserma Cavarzerani vicino Udine centinaia di migranti negli ultimi mesi si sono ammalati di Covid 19, i contagi non diminuiscono e hanno colpito anche una decina di operatori. Il virus, di cui in questi giorni si teme la recrudescenza anche in Italia, colpisce implacabile dove la concentrazione di persone non permette il distanziamento sociale e dove le misure sanitarie sono inapplicabili per mancanza di risorse e di assistenza. La tragedia è resa ancora più grave dalle alte temperature che esasperano la mancanza di igiene. Donne, bambini e uomini sono segregati fra quelle pareti per non contagiare la popolazione all’esterno. Organizzano proteste che sconfinano in agitazioni, mentre comprensibilmente i residenti di quei comuni chiedono rigore per impedire che i migranti escano o fuggano dai cancelli della loro prigione.

Il punto, ora più che mai evidente, è la mancanza di una distribuzione ragionata dei migranti sul nostro territorio e di interventi che rendano vivibili le loro dimore.

Il sistema degli Sprar per la distribuzione di rifugiati e richiedenti asilo nelle comunità in grado di accoglierli è stato smantellato dai decreti Sicurezza dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, gli stessi decreti che hanno tagliato le risorse per operatori sociali, sanitari e scolastici impegnati nella cura, nell’assistenza e nell’integrazione degli immigrati e hanno cancellato i permessi di soggiorno umanitari, tanto che decine di migliaia di rifugiati sono automaticamente diventati immigrati illegali: sono ‘clandestini’ e anche per questo si sottraggono ai controlli, alle misure di prevenzione, alla quarantena preventiva.

Non ha ottenuto i risultati sperati la sanatoria dei rapporti di impiego per i 600.000 lavoratori agricoli e domestici prevista dai decreti della ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova: il 17 agosto le regolarizzazioni attestate erano 200.000 di cui circa 13.000 stranieri. Eppure sottrarre all’invisibilità gli irregolari significa ottenere per loro e le loro famiglie quelle garanzie sanitarie e di sicurezza che diventano poi tutela della salute di tutti. Senza contare di quanti punti crescerebbe il pil nazionale con l’emersione di interi settori, oggi al nero, dell’economia italiana.

C’è da chiedersi quanto ancora vorrà aspettare il governo per affrontare questo disastro.

Non si tratta solo di un’urgenza umanitaria ma anche di una priorità politica, perché l’emergenza dei focolai nelle residenze degli immigrati sta riconsegnando nelle mani di Matteo Salvini il suo cavallo di battaglia, la paura dello straniero nelle sue diverse declinazioni, dalla diffidenza alla xenofobia, al razzismo. Solo un anno fa questi sentimenti hanno determinato il voto degli elettori fino al 34-35% di preferenze per la Lega e al 50% per il suo leader. Preferenze scese oggi, rispettivamente, al 25-26% e a meno del 40%, ma in prevedibile risalita se il centrosinistra non metterà questo problema al centro della sua campagna elettorale per le imminenti elezioni amministrative. Salvini se ne è già riappropriato, rilanciando il suo delirio sovranista, rimestando nelle ansie e nei pregiudizi degli italiani, sbraitando contro i presunti “untori che arrivano con i barconi”. Quando, invece, dall’inizio dell’epidemia solo l’1,5 per cento dei migranti è risultato positivo al test del coronavirus e, come ricorda l’Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI) in un suo recente documento, “tutte le persone che sbarcano in Italia sono sottoposte sistematicamente a tampone e messe in quarantena almeno fino al suo esito o, nel caso, fino a negativizzazione del tampone. Ciò non avviene per chi arriva in maniera regolare, che sia per via aerea, via nave, in treno o in automobile”. E, tuttavia, è facile prevedere che il tema dei focolai nei luoghi degli immigrati sarà presente nell’arringa dei difensori di Salvini nei processi, ormai alle porte, per l’accusa di sequestro di persona nei casi Open Arms e Gregoretti.

In questa nostra dannata era Covid, il criterio di una politica giusta del fenomeno migratorio sta nella ricerca del difficile equilibrio tra il dovere civile e morale dell’accoglienza e la tutela della salute. Di quella degli immigrati ancor prima di quella degli italiani, perché il sovraffollamento e il degrado di caserme, garage e cascine dove gli stranieri vivono ammassati è un grave pericolo per tutti.

La linea delle indecisioni o dei ritardi intenzionali su questi temi è colpa grave, come è chiaro mentre di nuovo la pandemia fa paura. Su questi temi il governo deve recuperare progettualità e azione e deve farlo adesso, come proposta indispensabile per la campagna elettorale ormai avviata.


Silvia Di Bartolomei

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