Per un’esegesi completa dei risultati delle elezioni tenutesi nel fine settimana bisognerà attendere l’esito dei ballottaggi fra quindici giorni. Ci sembra tuttavia che due conclusioni emergano con assoluta chiarezza dai risultati finora acquisiti. 1. Chi è stato percepito critico, tiepido o schizofrenico nei confronti dell’esecutivo non è stato premiato dai propri elettori che si sono diversamente orientati o si sono astenuti. Vale per alcune delle componenti della maggioranza, ma vale anche per Giorgia Meloni che può avere strappato dei voti a Salvini, ma non ha registrato una crescita significativa di consensi. Lei stessa si rende conto che il suo trend non è positivo se torna al vecchio ritornello di Almirante di chiedere le elezioni subito.
2. Il processo di assestamento delle forze politiche, dopo un inizio di legislatura di vero e proprio caos, è lungi dall’essere completato. Tranne forse il PD, che sembra avere trovato un assetto di un certo equilibrio che si è riflettuto nei buoni risultati elettorali, il resto del sistema politico ha ancora bisogno di tempo. L’alleanza delle tre forze del centrodestra è in una crisi totale: non solo per i rapporti Salvini-Meloni, ma anche e soprattutto per il giudizio radicale di Berlusconi sull’inadeguatezza di ambedue queste figure a guidare il governo del Paese.
Dovranno esservi evoluzioni e chiarimenti. I 5 Stelle debbono decidere qual è la loro prossima fisionomia e questo non sarà un processo semplice, né sembra finora avviato su basi chiare e definite. Anche il centro dovrà riflettere. Calenda non ha dimostrato le potenzialità dell’area liberaldemocratica, tanto è vero che si è presentato come un candidato “civico” deciso a raccogliere consensi a destra come a sinistra in base a un programma per la città di Roma. Mentre ha avuto un risultato molto significativo a Roma la Lista civica Gualtieri Sindaco che raccoglieva esponenti dell’area liberaldemocratica che indicavano tuttavia con chiarezza un percorso e uno schieramento politico. Tradurre tutto questo in una linea politica sembra un compito non dei più semplici, che richiede riflessione più che vis polemica.
In queste condizioni risulta rafforzata la tesi di fondo che Il Commento Politico ha sostenuto ripetutamente in questi mesi: è indispensabile che Sergio Mattarella e Mario Draghi rimangano al loro posto per tutto il periodo in cui dovrà essere realizzato il Piano italiano di utilizzo dei fondi del Next Generation EU. Questo perché va rafforzato e completato il cammino di ripresa iniziato in questi mesi; vanno resi stabili i miglioramenti economici che si avvertono; va consolidata la fiducia, che si percepisce all’interno e all’estero, intorno alle prospettive del nostro Paese; va infine esercitata una funzione in sede europea nel momento in cui la Germania da un lato e la Francia dall’altro hanno un ruolo meno marcato in relazione alle proprie scadenze elettorali. E va dato tempo al sistema politico di assestarsi – il che richiederà anche la definizione di una nuova legge elettorale, il cui contenuto eserciterà a sua volta un’influenza sull’evoluzione del quadro politico.
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