Lettera da Londra
“La sopravvivenza del più forte” è una citazione darwiniana che non solo descrive l’esito della finale di Wembley (di cui meglio tacere per non infierire su chi non sa perdere), ma forse coglie anche l’essenza della presente politica sanitaria del Regno Unito, della “strategia” di Boris Johnson nei confronti del virus, della sua dura coerenza in queste prime settimane di luglio, mentre la variante Delta avanza e si espande in tutto il Paese, oltre che nel mondo. Ma prima un passo indietro.
Il comportamento del governo inglese durante le prime fasi della pandemia, nei primi mesi del 2020, poteva giustamente sembrare improvvisato, inadeguato, contraddittorio. Del resto tutti i Paesi sono stati colti impreparati all’emergenza sanitaria. Inoltre, le morti “in eccesso” del Regno Unito rispetto a Paesi più virtuosi sono state spiegate, da molti osservatori inglesi, in parte con le lotte interne al governo in quel periodo cruciale ed in parte con la colpevole disattenzione di Boris Johnson, in tutt’altre faccende affaccendato (tra cui, ma non solo, il rifacimento del suo appartamento a Downing Street e due settimane di sci all’apice della crisi sanitaria).
Ora però, con un’escalation in corso della variante Delta (si sta velocemente arrivando a 100mila contagi al giorno) e a pochi giorni dal 19 luglio – data del programmato “liberi tutti” – numerose dichiarazioni di BoJo e dei suoi ministri sono motivo di preoccupazione crescente da parte di molti inglesi, o di allarme da parte di chi teme di assistere ad una consapevole, cinica strategia per eliminare ogni impedimento, perfino di tutela della salute della popolazione, per affrontare il vasto mondo post-Brexit.
Johnson non sottostima le sfide epocali che il Regno Unito dovrà affrontare nell’arco dei prossimi 10-20 anni: calo della produttività, aumento della popolazione inattiva, infrastrutture fatiscenti, de-industrializzazione delle Midlands, congestione della Grande Londra, sistema sanitario inefficace anche prima della pandemia, deficit di competitività internazionale, con l’eccezione del settore servizi finanziari, fiscali, assicurativi, legali. Tuttavia, come rileva la Integrated Review pubblicata alcune settimane, senza l’obbligo di coordinamento con l’Unione europea non mancano grosse opportunità di sfruttare gli interstizi dell’economia e del sistema mondiale tra i grandi blocchi (principalmente Nord America, l’Asia a trazione cinese, la Russia e i suoi satelliti). Di fronte a tutto questo, continua a dire Johnson, “il Paese non può fermarsi per paura dei contagi e deve andare avanti con coraggio e determinazione …”, pur sapendo che così facendo “saranno sfortunatamente perse molte vite”. Così si spiega l’allarme di chi ipotizza nella politica sanitaria del governo di Boris Johnson una “strategia” finalizzata a eliminare vincoli che impediscono ai più giovani, ai più forti e produttivi, a “the fittest”, di dare finalmente nuovo impulso ad un paese troppo a lungo imbrigliato dall’ideologia “welfaristica” dell’UE.
È follia, suggerisce qualche commentatore; oppure è il piano di un abile seppur cinico leader: in ogni caso, vi si legge il ritorno di una prepotente e prevaricatrice ideologia iper-liberista. Un richiamo a cui molti inglesi sono sensibili. E non solo quelli con minor cultura e contatti sociali. E neanche solo i più giovani.
Ma ciò riflette in Johnson anche un’analisi realistica della situazione geopolitica attuale: un mondo nel quale, con l’avvento aggressivo della Cina sul proscenio mondiale, con una Russia che sfrutta ogni interstizio che le si offre per una politica di potenza, con molti Stati dotati di armi nucleari e capacità di lancio spaziale, il “rules-based system” degli ultimi settanta anni mostra forti segni di cedimento. Tanto più se alle elezioni di mid term, tra soli 15 mesi, Biden dovesse perdere il controllo del Congresso, come Johnson forse prevede, e molti di noi temono.
Johnson presume quindi il progressivo indebolimento di un sistema che lascia spazio per “incursioni di media-potenza” come quelle ipotizzate dai Tories in questi mesi. Riprendendo una politica di espansione economico-finanziaria. Andando avanti senza pensare che in mare aperto esistono squali più grandi, più voraci, più aggressivi.
Samuel Pepys Jr.
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