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Etica dell’impresa e interventi dello Stato

Come effetto della crisi economica provocata in tutto il mondo dalla pandemia si è determinata la necessità di una profonda riconsiderazione del problema dell'intervento pubblico in economia in tutte le sue forme. La tipologia degli interventi è molto varia. Vi è stato il massiccio ricorso alle compensazioni per i redditi delle categorie colpite dall'emergenza sanitaria. Vi sono state misure di sostegno della domanda da parte dei consumatori per evitare le conseguenze sulle attività produttive. Vi sono stati i piani di investimenti pubblici - tipo il Next Generation EU - per sostenere la domanda aggregata e l'occupazione. Vi sono stati, infine, gli interventi che si possono genericamente ricomprendere sotto la voce delle politiche industriali: interventi di salvataggio delle aziende o interventi per aiutarne le trasformazioni.

Fra tutte queste categorie, quella che presenta problemi più complessi è proprio l'ultima, perché - come è stato sottolineato da più parti e, in particolare, nel recente documento del Gruppo dei 30 fra i cui autori c’è Mario Draghi - alcune delle imprese colpite dalla crisi economica sono recuperabili con appositi interventi di sostegno, mentre altre sono e saranno rese del tutto obsolete dalle trasformazioni dettate dalla crisi. Le prime richiedono interventi pubblici, le seconde richiederebbero solo misure sociali di sostegno dei lavoratori colpiti e un aiuto alla loro ricollocazione in attività produttive di maggiori prospettive.

Per usare una formula semplificativa, la politica industriale deve prevedere interventi come l'IRI originario di Beneduce e Menichella e non la Gepi della tarda fase degli anni Settanta e Ottanta del Novecento. Ma come si può stabilire il criterio di intervento per rispettare questa distinzione? E come valuta il pensiero liberale un intervento pubblico nel sistema delle imprese? Si tratta di questioni alle quali è necessario fin d'ora, e sarà necessario in futuro, dedicare molta attenzione. Il problema è collegato anche alla funzione dell'impresa in quanto tale.

Può aiutare la discussione su questi temi un libro recente di Franco Debenedetti, Fare profitti. Etica dell'impresa (Marsilio), un volume interessante che ripropone la tesi dei liberali-liberisti più ortodossi che le imprese non abbiano altro fine che quello di puntare al massimo dei profitti e che così facendo esse servono l'interesse generale. Se ne parlerà il prossimo 1 marzo alle 15,30, in un dibattito promosso dalla Fondazione Ugo La Malfa, con Alessandro Penati, Stefano Fassina, Giorgio La Malfa e lo stesso autore. C'è ampia materia su cui riflettere, specialmente in un momento in cui la crisi economica impone un'espansione dell'intervento dello Stato non solo nell'economia, ma anche nell'industria in quanto tale. La nuova "impresa pubblica" che inevitabilmente si presenta sulla scena, ha anch'essa l'obiettivo unico del profitto? O ne ha altri? E quali?


L’incontro si potrà seguire in diretta sul sito e sui social di Key4biz.it

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