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Heri dicebamus

Il Commento Politico riprende le sue pubblicazioni dopo la pausa estiva con la medesima convinzione espressa negli ultimi mesi: l’Italia ha un’assoluta necessità che il tandem Mattarella-Draghi continui a guidare il paese il più a lungo possibile. Fino alla fine della legislatura ed auspicabilmente anche nella prossima.

Questa convinzione è stata ulteriormente rafforzata dalla vicenda afghana che apre nuovi ed inquietanti interrogativi sulla tenuta dell’ordine geopolitico scaturito a partire dalla fine della seconda guerra mondiale.

Su questo aspetto abbiamo chiesto ai nostri corrispondenti dalle principali capitali occidentali di analizzare in profondità l’atmosfera che regna a Washington e nei paesi alleati dopo i fatti di Kabul.

Oggi ci limitiamo ad osservare che il disimpegno americano era stato ampiamente annunciato ed è il frutto di scelte operate da diverse precedenti amministrazioni. Aggiungiamo che sono molti anni che gli Stati Uniti chiedono invano all’Europa un maggior coinvolgimento in termini militari, di sicurezza e di intelligence. La politica estera americana è profondamente cambiata negli ultimi due decenni e non ci sono motivi per credere che gli Stati Uniti tornino ad esercitare quel ruolo di unica superpotenza che fin qui hanno sempre avuto ed ancor di più dopo il crollo dell’Unione Sovietica.

La domanda che ora si pone con maggiore urgenza discende da questo orientamento consolidato della politica americana: cosa dovrà e potrà fare l’Europa di fronte all’irreversibile necessità americana di guardare soprattutto al Pacifico ed alla concorrenza cinese?

C’è un nuovo percorso da inventare, ovviamente e necessariamente non in alternativa alla Nato. Si tratta di un percorso arduo, pieno di insidie e che pretende classi dirigenti europee all’altezza di una sfida mai presentatasi così cogente negli ultimi ottanta anni.

La responsabilità di delineare questo nuovo percorso non può che ricadere sui paesi europei più forti e cioè, dopo la Brexit, Germania, Francia ed Italia.

Ebbene, proprio in questi tre paesi si terranno nei prossimi mesi elezioni molto importanti: a giorni le prime elezioni tedesche del dopo Merkel; a marzo le elezioni presidenziali italiane che molto possono incidere sulla prosecuzione del governo Draghi; ad aprile le elezioni presidenziali francesi.

Sono appuntamenti cruciali, perché il ruolo ed il futuro dell’Europa nel nuovo ordine geopolitico mondiale dipendono in larga misura dal mantenimento di una stabilità politica di fondo che passa per la sconfitta delle le tentazioni sovraniste, populiste ed in ultima analisi avventuriste che covano in tutto il nostro continente sotto la brace della lotta al Covid. Sono fiamme attutite dal varo del Recovery Plan, ma pronte a riprendere ossigeno e ritrasformarsi in un incendio.

Il nostro paese, come le altre nazioni leader in Europa, deve poter contare su guide autorevoli all’interno e presso le cancellerie alleate. L'Italia ha trovato questa autorevole guida all'interno e all'estero, non solo nella Presidenza della Repubblica, ma ora anche nella Presidenza del Consiglio. Avendo questa guida autorevole, dobbiamo sostenerla e darle continuità.

Il governo Draghi sta svolgendo con efficacia e competenza il proprio compito. Ma mentre l'azione di governo appare convincente, il quadro politico continua ad evidenziare elementi di fragilità.

I tanti distinguo di Salvini da un lato, nel guado tra cultura di governo e la concorrenza sempre più agguerrita della Meloni, e dall’altro lato l’opacità dei primi passi di Conte come nuovo leader dei Cinquestelle, sono la prova che il sistema politico è lungi da quel chiarimento di prospettive cui è chiamato dopo la catastrofe della prima parte della legislatura.

Mario Draghi per poter portare a termine il suo lavoro ha bisogno di un tempo non breve. A maggior ragione oggi che accanto al già pesante fardello dei ritardi italiani si sta presentando l’ancor più complicato compito di delineare nuove soluzioni per un’Europa che voglia mantenere i propri standard di sicurezza e prosperità.

La maggioranza che sostiene il governo non è destinata a sfaldarsi perché nessuno dei leader, anche i più scalpitanti, può permettersi di presentare se stesso come sostituto di Draghi. Ciò però non significa che il governo possa sperare di trarre dalle forze politiche la lucidità e la forza che sono necessarie.

Per questo è indispensabile che Mario Draghi possa continuare il proprio lavoro con il sostegno di un presidente della Repubblica come Sergio Mattarella, saldo negli ideali ed universalmente stimato in Europa, in America e nel mondo.

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