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L’ imprudenza della maggioranza

Oggi tutti i principali osservatori politici notano che il presidente del Consiglio giunge al decisivo vertice di Bruxelles, che dovrebbe definire quantità e modalità di erogazione delle risorse europee da investire per rilanciare l’economia, in condizioni assai peggiori di quelle auspicabili e di quelle che una più accorta maggioranza avrebbe dovuto realizzare.

In realtà si deve constatare un progressivo deterioramento dei rapporti fra il governo e le forze che lo sostengono. Quando l’epidemia è scoppiata nel nostro continente, con effetti devastanti per l’economia di tutti i Paesi, il sistema politico italiano era infatti riuscito a dare una risposta tutto sommato soddisfacente.

Da un lato la maggioranza aveva imboccato con determinazione una via decisamente europeista, consentendo al governo di contribuire con efficacia al ribaltamento delle tradizionali politiche di austerità dell’Unione: in aggiunta al robusto intervento della Bce sul mercato dei titoli, la richiesta franco - Italo -spagnola di un approccio espansivo alla crisi era riuscita a trovare il necessario appoggio della Germania. Da ciò era nata la proposta Merkel - Macron del Recovery Fund, che è la base delle attuali deliberazioni del Consiglio europeo.

Dall’altro lato, sul piano interno, l’impostazione della maggioranza aveva fatto emergere l’inconsistenza programmatica della destra e ne aveva determinato una vistosa frattura, con l’adesione di Forza Italia al piano europeo di rilancio con particolare riferimento allo strumento del Mes.

Ci si sarebbe quindi aspettati che a questa forte unità di intenti fossero seguiti atteggiamenti coerenti e conseguenti tali da mettere il governo in condizioni di difendere al meglio gli interessi italiani. Da un mese a questa parte sembra, invece, che componenti non secondarie della maggioranza abbiano scelto di rimpinguare i carnieri di quei Paesi – i cosiddetti Stati frugali - favorevoli ad erogare risorse solo se strettamente condizionate.

Alcuni hanno avanzato l’ipotesi che i fondi europei possano essere utilizzati per diminuire le tasse agli italiani, piuttosto che essere indirizzati agli investimenti. Altri hanno preteso di risolvere con interventi a carico della finanza pubblica crisi aziendali che pongono delicate questioni di rapporti tra intervento pubblico e mercato – vedi Alitalia, Ilva e da ultimo Autostrade – come se lo Stato, da un lato potesse coprire a piè di lista ogni situazione di crisi e dall’altro potesse impunemente generare confusione tra tutti i potenziali investitori privati, nazionali ed internazionali.

Altri ancora, a più riprese, hanno avanzato la possibilità di cambiamenti di maggioranza con candidature, anche autorevolissime, di premier diversi da quello in carica. Quanto alla nuova legge elettorale, che faceva parte del complessivo accordo di governo, essa registra un iter parlamentare molto faticoso per il dissenso di parti decisive della maggioranza.

Da ultimo si notano movimenti ed iniziative che sembrano rivolte a rendere più agevole l’affermazione delle forze di opposizione in importanti consultazioni elettorali, come saranno le prossime elezioni regionali, il cui risultato potrebbe, secondo tutti gli osservatori, ripercuotersi negativamente sulla prosecuzione dell’esperienza di questo governo. Del governo, cioè, che da oggi si troverà ad affrontare il più difficile negoziato della storia della Repubblica.

Tutte queste tensioni e tribolazioni non sono solo sotto gli occhi degli osservatori di casa nostra, che non hanno difficoltà dare un nome ed un cognome a ciascuna di queste iniziative. Ne sono a conoscenza sia i nostri antagonisti nel negoziato europeo (che ne traggono conforto), sia i nostri alleati che ne restano sconcertati, come emerge dall’intervista di Tonia Mastrobuoni a Lars Feld, economista e consigliere di Angela Merkel, pubblicata questa mattina sulla Repubblica.

Vedremo come si concluderà il vertice europeo e se questa scomposta agitazione ci sarà costata. Certo è che concluso il negoziato, comunque esso finirà, spetterà al governo dimostrare di saper imporre alla maggioranza un’agenda utile al Paese.

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