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La sfida dell’ambiente e la risposta italiana


Greta Thunberg ha ormai compiuto 18 anni e la sua maggiore età appare oggi come il simbolo della maturità raggiunta da un’intera generazione di giovani che abbiamo visto sfilare nei Friday for future scandendo lo slogan “Save the Earth”. Sono i giovani che, in una vasta rappresentanza composta da 400 ragazzi provenienti dai 197 Paesi membri della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, hanno chiuso ieri a Milano il Youth4Climate, passando al Pre-Cop26 il testimone della maratona in corso sui temi ambientali. Una lunga sessione di negoziati ai più alti vertici che, iniziata nel capoluogo lombardo, proseguirà con la conclusione del G20 a Roma il 30 e il 31 ottobre e, infine, con il Cop26 dal 6 al 13 novembre a Glasgow.

Riuniti in gruppi e sottogruppi, i giovani hanno lavorato per consegnare ai leader del mondo il loro documento, "Zero Draft", che contiene target quali la loro inclusione nelle decisioni relative alla crisi climatica; la ripresa sostenibile dopo la pandemia; obiettivi di zero emissioni per le aziende private e chiusura dell'industria dei combustibili fossili entro il 2030; un sistema educativo finalizzato alla difesa del pianeta.

Sono seri e maturi questi giovani che suggeriscono le loro mosse ai governanti, fiduciosi che un accordo globale, seppure tardivo, possa ancora frenare i disastri ambientali che ormai colpiscono ogni angolo del pianeta. Il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani, aprendo il forum, ha chiesto loro “proteste utili”. E davvero non ci sono state parole inutili negli interventi dei ragazzi. Non il dileggio di Greta – il già famoso “bla bla bla” – nella sua lunga requisitoria dei proclami caduti nel vuoto degli innumerevoli vertici programmatici. Né l’appello, commosso fino alle lacrime, di Vanessa Nakate, l’attivista ugandese che ha parlato del suo continente che produce la percentuale più bassa di emissioni, “eppure paga pesantemente la crisi climatica”. “E pensiamo ai Caraibi – ha incalzato la ragazza - a chi lascia le isole per scappare, alle persone del Bangladesh. Si creeranno milioni di rifugiati climatici”. Una scudisciata per chi sentenzia di voler chiudere le porte a disperati in cerca scampo dai drammi provocati da siccità, carestie, alluvioni, dovute all’innalzamento della temperatura.

Mario Draghi – a Milano per l’apertura del Pre-Cop26 insieme al Presidente della Repubblica Mattarella – ai giovani ha detto: “Avete ragione”, aggiungendo poi: “Vi stiamo ascoltando." I cambiamenti climatici, ha ricordato, insieme alla pandemia, “hanno contribuito a spingere quasi 100 milioni persone in povertà estrema, portando il totale a 730 milioni. La crisi climatica, la crisi sanitaria e quella alimentare sono strettamente correlate”. Perciò, ha ribadito il premier, “bisogna agire più velocemente - molto più velocemente - e con più efficacia."

Di recente, in occasione delle commemorazioni del Manifesto di Ventotene, è stato il nostro Presidente della Repubblica a sottolineare il legame fra i valori dell’Europa unita e il dovere di preservare il pianeta che oggi stiamo consegnando ai più giovani: “I due obiettivi, quello del 2030 con la riduzione del 55 per cento delle emissioni e quello del 2050 con la neutralità climatica, non vanno disattesi - ha detto Mattarella -. So bene che le difficoltà sono tante, i problemi sono molti. Però è tra poter sopravvivere, ad alcune condizioni, e non sopravvivere affatto: non c’è scelta”.

La posta sui tavoli dei prossimi negoziati è certo fra le più ardue: ci sono obiettivi di lungo termine come, per elencarne solo alcuni, la decarbonizzazione su cui frena soprattutto la Cina, nonostante il proposito annunciato al recente summit dell’Onu di non costruire più centrali a carbone all'estero; la riduzione del metano del 30% voluto dagli Usa; la necessità di convincere l’India e gli altri Paesi ad alto tasso di emissioni, non disposti a sacrificare in nome dell’ambiente il loro precario percorso verso la crescita; la pressione da esercitare per ottenere maggiori concessioni da parte della Turchia, membro del G20, che solo qualche giorno fa ha finalmente annunciato la sua adesione agli accordi di Parigi sul clima. E c’è la grande questione finanziaria da affrontare. In particolare l’obiettivo dei 100 miliardi l’anno da impiegare per l’abbassamento delle emissioni inquinanti nei Paesi poveri: Biden ha annunciato che innalzerà da 5,7 miliardi di dollari a 11,4 il contributo americano. Draghi ha promesso “un nuovo impegno economico per il clima nelle prossime settimane”.

Gli ostacoli sulla strada degli accordi nazionali e internazionali non possono sorprendere. La transizione ecologica comporta trasformazioni radicali di tutti i settori produttivi e il rischio della perdita di competitività delle economie nazionali preoccupa e frena inevitabilmente le decisioni dei governi.

Organizzatore degli importanti eventi in corso a Milano, il nostro Paese sarà il padrone di casa nella chiusura del G20 alla Farnesina e poi co-organizzatore del Cop26 a novembre. I nostri alleati europei contano su di noi: l’Italia potrà far valere le sue competenze diplomatiche e potrà ora mettere in campo l’anelito alla “Giustizia climatica” risuonato nella confortante assise dei giovani del Youth4Climate.

Per la prima volta le parole del governo italiano non appaiono di circostanza. Draghi sembra avere preso molto sul serio questo problema e sembra voler esercitare una leadership effettiva in Europa e in seno al G20. Ogni giorno abbiamo la conferma di una svolta avvenuta quasi inaspettatamente nella storia italiana, quasi al termine di una legislatura che si era aperta come l'inizio di uno sbandamento drammatico dell'Italia rispetto a tutta la sua storia del dopoguerra. La legislatura che vedeva come "fari intellettuali", si parva licet, la coppia Bagnai-Borghi e come protagonisti Salvini, Di Battista e hoc genus omne, termina con un governo serio e preso sul serio dai suoi interlocutori. E possiamo pensare di buttare via tutto questo?

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