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Vincitori e vinti

Prima del rischio di dissoluzione dell’euro nel 2011-2012 e della devastazione economica operata in questi mesi dalla pandemia del Covid, la tesi che gli europeisti hanno sempre attribuito a Jean Monnet, e cioè che le crisi avrebbero rafforzato l’unità europea, poteva apparire null’altro che un’illusione. Sembrava difficile pensare che, posti di fronte a delle difficoltà gravi, istituzioni e governi europei avrebbero compreso la necessità di una risposta solidale. I popoli europei, a loro volta, sembravano ipnotizzati da nuovi leader nazionalisti sostenuti da crescenti consensi.

Monnet aveva invece visto lontano. Il whatever it takes di Mario Draghi, che aveva segnato un nuovo orientamento della BCE, è stato confermato in questi mesi con i programmi di acquisto dei titoli pubblici degli Stati membri. Ieri è stata la volta della Commissione e soprattutto del Consiglio europeo dei Capi di Stato e di governo. Le conclusioni del Consiglio assegnano all’Unione Europea una nuova responsabilità di politica economica e le conferiscono i mezzi finanziari per condurla in porto. È una risposta all’emergenza. Come il whatever it takes, si tratta di una risposta all'emergenza destinata a entrare in via definitiva fra gli strumenti ordinari dell’Unione europea.

La Germania si è dimostrata all’altezza del ruolo che la sua dimensione economica le impone. La cancelliera Merkel si è ricollocata nel solco che aveva caratterizzato la politica tedesca fino al 1989. Ha saputo portare all’accordo la gran parte dei paesi dell’Europa centro-orientale. La melina dei cosiddetti “frugali” le ha fornito la possibilità di andare incontro alle difficoltà di Paesi come l’Italia e la Spagna senza rischiare di indebolirsi troppo tra l’elettorato tedesco. Macron ha saputo esercitare una efficace leadership dei Paesi dell’Europa meridionale salvaguardando l’asse franco-tedesco.

Dunque l’Europa esce più forte.

Quanto all’Italia, si tratta di un indubbio successo del governo ed in particolare del presidente del Consiglio e della parte dei 5 Stelle di cui oggi il professor Conte ha la guida sostanziale, e del Pd che attraverso Zingaretti, Gualtieri, Sassoli, Gentiloni e Amendola ha sostenuto poderosamente in Europa l’azione del governo. Il successo dell’esecutivo è accresciuto dalla frattura profonda intervenuta nell’opposizione, non solo per la posizione saggia tenuta da Forza Italia da molti mesi a questi parte, ma anche perché la leader dei Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, ha visto gli errori di quello che apparentemente è ancora – ma per quanto? – il leader della coalizione di centro-destra e non ha esitato a sottolineare vistosamente la propria autonomia.

Accanto ai vincitori, ci sono degli sconfitti sia nella maggioranza sia nell'opposizione, che probabilmente cercheranno una rivincita. Anche per questo, il governo dovrà dimostrare di sapere fare un uso positivo dei 200 miliardi che ci giungeranno nei prossimi mesi. Finora l’esecutivo non ha definito gli strumenti di impiego delle risorse che ci verranno dall'Europa. Serve – come Il Commento Politico ha scritto molte volte – una soluzione istituzionale nuova che assicuri all’Italia una spesa efficace dei fondi e sia in grado di interloquire stabilmente con l’Europa.

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