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A Mondragone un focolaio di crisi sanitaria e sociale

La riaccensione di robusti focolai in giro per l’Italia deve imporre a ciascuno di usare più consapevolezza nei propri comportamenti. Questo abbiamo più volte sottolineato. Ma aldilà del problema strettamente sanitario, ciò che il virus sta facendo emergere, soprattutto nella crisi di Mondragone, è un grave, da sempre conosciuto e sempre sottaciuto, problema sociale. Quello degli immigrati, e non solo, costretti a lavorare in nero e in condizioni inaccettabili per chiunque, al prezzo di tre euro l’ora per gli uomini e un solo euro l’ora per le donne, è una delle grandi ipocrisie di un Paese pronto a riempirsi la bocca di slogan buonisti, attento al chiacchiericcio politicamente corretto, accogliente e inclusivo fino alla battigia, ma ipocritamente distratto sul vero e proprio schiavismo che si perpetra e perpetua ai danni di chi serve a garantire manodopera a bassissimo costo e su cui si arricchisce la mafia del caporalato. Oggi, di fronte al rischio riesplosione del contagio, ci si meraviglia che i bulgari di Mondragone non abbiano mai smesso di svolgere il loro lavoro e di assembrarsi nei fatiscenti locali occupati della ex Cirio, dove vivono in condizioni di precariato e pagando (in un complesso occupato e quindi illegale) anche la pigione. Ma come si poteva pensare che, guadagnando tre euro l’ora per un lavoro durissimo, in nero e senza garanzie, questi disperati potessero aderire alle raccomandazioni di protezione individuale e distanziamento interpersonale, di fatto smettendo di lavorare e di sopravvivere? C’è stato e c’è un grande fenomeno di ipocrita rimozione e occultamento del problema, e chi sa in quanti altri luoghi quante altre bombe simili, innescate e pronte a esplodere, ci sono. Sia chiaro, il problema è soprattutto italiano, ma non solo. La ricca Europa sembra gradire lo sfruttamento dell’immigrazione lasciata priva di tutele anche in tempi come questi, e il gravissimo problema del focolaio esploso in Germania nel macello Tonnies, con centinaia di contagiati romeni e bulgari, ne è la riprova. Ma il Covid non conosce queste logiche, non condivide l’ipocrisia di chi, per dirla con De André, si costerna, si indigna, si impegna, poi getta la spugna con gran dignità. Il Covid è democratico nella sua diffusione, è realmente politicamente corretto, perché finisce per mettere in evidenza tutto ciò che si era tentato di nascondere sotto il tappeto e lo mette in evidenza con brutale rapidità, sommando crisi a crisi e costringendo il Paese a guardarsi sotto la maschera, e per farlo ritorce contro i cittadini la loro stessa indifferenza, in Italia come in Germania e altrove, infettandoli attraverso i disperati trascurati. Soprattutto il Covid non sembra lasciarsi convincere dalle mutevoli, e contraddittorie, opinioni degli illustri scienziati, ipnotizzati da una sorta di vis mediatica, segue la sua strada e, se messo nelle condizioni, torna a fare il suo lavoro con meticolosa monotonia.

Oggi a Mondragone il rischio di uno scontro anche fisico tra popolazione locale e “ospiti” stranieri colpiti dal contagio è tale che si è dovuto mandare l’esercito in supporto alle già notevoli forze di polizia. Questo nell’immediato, ma al governo e al parlamento è chiesto anche di prendere atto dell’esistenza di un problema che, per come si presenta e per come è gestito, non è assolutamente in grado di far fronte a qualsiasi crisi. E non può valere quanto lamentato dal prof. Bassetti a Radio 24 sulla mancata osservanza della legge della privacy. La privacy tutela il singolo, ma come si fa a applicarla quando un problema infettivo riguarda una comunità, fra l’altro poco incline per i motivi già detti a seguire le regole di confinamento, e va messo in quarantena un intero complesso di palazzine occupate? È evidente che devono intervenire le forze dell’ordine, come si è peraltro fatto perfino per le residenze per anziani, e questo finisce per attirare quanto meno la curiosità dei passanti, con buona pace di tutte le cautele di riservatezza.

In sostanza, il problema è politico e riguarda ampie zone del Paese in cui domina indisturbata la criminalità mafiosa che organizza e gestisce il mercato del lavoro, mentre lo Stato latita e non può, o fa finta di non potere, intervenire con quelle garanzie a cui, in momenti come questo, tutti i cittadini e tutti i lavoratori avrebbero diritto.

Il Covid ha portato prepotentemente sotto le luci della ribalta tutto questo e ha mostrato come vi siano problemi non più rinviabili, se non si vuole mettere a rischio la pace sociale. Chi governa l’Italia si dia una svegliata e affronti i tanti focolai di potenziale crisi che si reggono su un equilibrio molto precario, pronti ad esplodere ad ogni minimo scossone.


Cesare Greco

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