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Ai confini orientali dell'Unione

Al confine tra Bielorussia e Polonia il gelo stronca vite. È lì che si trova il varco dove da settimane migliaia di migranti cercano di entrare nel territorio dell’Unione europea. Appena passato il confine bielorusso c’è “il bosco antico”, la fiabesca Bialowieza, luogo di culto per i popoli slavi. Chi riesce a superare il filo spinato eretto dalle forze di polizia polacche si nasconde dove la selva è più profonda, nella speranza di non essere trovato. Ma è impossibile avanzare, il dispiegamento di uomini e mezzi dalla parte polacca è massiccio, mentre è impossibile ripercorrere il passaggio a ritroso, impedito dalle forze armate bielorusse. Per questo il bosco sacro rischia di diventare un luogo di sterminio.


I disperati che premono ai confini dell’Ue sono soprattutto perseguitati politici, fuggono dal nuovo regime dei talebani in Afghanistan, dalla Siria e dall’Iraq martoriati dalla guerra allo Stato islamico, dalla stessa Bielorussia, dove la repressione di Lukashenko punisce con ferocia i dissidenti.


Il dittatore di Minsk sta convogliando i migranti al confine con l’Ue con l’intenzione di destabilizzare l’Europa, è la tattica della “guerra ibrida” denunciata dalla Nato. I fuggiaschi giurano di essere stati scortati dai poliziotti bielorussi fino al varco fra la cittadina di Bruzgi e quella polacca di Kuznica, e le riprese satellitari lo confermano.


Dietro a tutto, osservano gli analisti, c’è la regia di Vladimir Putin, pronto a sfruttare l’ondata dei migranti provenienti dal Medioriente per incendiare l’area e sferrare l’attacco decisivo all’Ucraina e poi agli Stati dell’ex blocco sovietico: "Di base – ha detto giorni fa al Corriere della Sera l’ex presidente polacco Lech Walesa - la Russia è ostile all'Unione Europea, perché è il principale ostacolo al suo desiderio di riconquistare le repubbliche perdute”. I dispiegamenti delle truppe russe ai confini ucraini, gli scontri armati mai cessati lungo centinaia di chilometri sottoposti alla pressione russa, sono il proseguimento di una guerra di conquista di fatto mai cessata dal 2014. Finora la minaccia non è stata mitigata né dal ribadito sostegno di Nato e Unione europea alla sovranità e all'integrità territoriale delle ex-repubbliche russe, né dalle sanzioni più volte minacciate, o inflitte e poi ritirate.


Questa è la situazione sulla linea infuocata alle porte orientali dell’Europa dove le masse dei migranti sono bombe nelle mani del dittatore Lukashenko e del suo sostenitore senza scrupoli Putin.


Ma dall’altra parte c’è la Polonia, membro della Nato e dell’Unione europea, che ha alzato metri di filo spinato e si appresta a costruire un muro, l’ennesimo muro. Per fermare i migranti, la guardia di frontiera polacca usa lacrimogeni, gas, cannoni ad acqua; dispiega armi e convogli militari. Operazioni avallate dalla legge firmata dal governo sovranista che autorizza respingimenti violenti e per di più indiscriminati, senza preventivo esame delle domande di asilo. In eclatante violazione degli accordi internazionali secondo i quali chi entra, anche illegalmente, in un Paese può presentare una richiesta di asilo che deve essere esaminata e solo dopo, eventualmente, rifiutata. Questo è ciò che l’Europa non deve ammettere. L’Unione europea non può accettare che un Paese membro applichi nel suo territorio leggi che, oltre a spazzare via valori umani e civili, scardinano il diritto internazionale che costituisce la trama della convivenza pacifica fra i popoli.

Il vicepresidente della Commissione, il greco Margaritis Schinas, in una conferenza stampa a Strasburgo ha affermato giorni fa che l’Unione non può aprire le porte ai profughi. “La situazione che vediamo – ha detto – è il risultato della collusione del regime bielorusso con le reti di trafficanti, che vendono l’illusione di poter arrivare da Baghdad in Europa”. Per questo la Commissione starebbe elaborando “una blacklist degli operatori coinvolti nel traffico di esseri umani”, per impedire che queste reti agiscano sul territorio europeo. Ha poi sottolineato che l’Ue ha già mobilitato aiuti per 700mila euro e che i fondi extra - oltre 200 milioni di euro - sono destinati ad “un robusto sistema di gestione dei confini”.


Certo, come ha sottolineato Margaritis Schinas queste persone dovrebbero fare richiesta di asilo dove si trovano, cioè in Bielorussia e certo anche Minsk è vincolata alla Convenzione di Ginevra sui rifugiati. Ma si può chiedere al dittatore di Minsk che ha intenzionalmente scatenato la crisi umanitaria cui stiamo assistendo di soccorrere le sue vittime e concedere loro asilo?


Intanto il governo polacco, opponendo il proclamato Stato d’emergenza, continua a vietare a media e ONG di avvicinarsi alla zona di frontiera controllata. Intanto, decine di famiglie polacche continuano ad accendere la sera lanterne verdi alle finestre, il segnale per i migranti che lì possono bussare per ricevere cibo e coperte.


Ma la solidarietà fra i popoli, anche dove c’è, non basta. L’Ue ha il dovere di far rispettare le regole europee e internazionali del diritto d’asilo. Imponendo al governo polacco nazionalclericale-sovranista del partito Diritto e Giustizia l’accoglienza e l’esame accurato delle ragioni degli esuli.

L’ultimo rapporto annuale Global Trends dell’UNHCR, all’inizio della scorsa estate, ha rilevato che i rifugiati nel mondo negli ultimi due anni sono aumentati del 4 per cento: sono ormai 82,4 milioni e saranno di più negli anni a venire. Fuggono da guerre, persecuzioni, violenze e sempre più dai cataclismi ambientali. Un movimento inarrestabile che l’Europa deve saper affrontare con un sistema di regole comuni, senza cedimenti a leggi eccezionali che, a livello nazionale, permettano ai governi di blindare i confini e derogare dall’obbligo di salvare vite umane.


Silvia Di Bartolomei

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