Lentamente, ma inesorabilmente, la seconda ondata del Covid19 sta crescendo prefigurando un nuovo tsunami. L’ottimo risultato ottenuto alla fine della primavera grazie alla determinazione e alla diligenza dei cittadini nel seguire le regole imposte dal governo, al sacrificio di un personale sanitario in affanno per scarsità di numero e di strumenti e che ha pagato un prezzo elevatissimo in termini di mortalità e morbilità, è stato buttato al vento in seguito ad un ottimismo mal riposto, a una serie di messaggi e di aperture errate e che non hanno tenuto conto del fatto che, se pure in misura minore, il virus circolava ancora. Non è e non è stato un problema solo italiano, all’estero hanno fatto anche peggio e molti Stati europei sono stati investiti prima e più duramente dalla ripresa del contagio. Tra maggio e settembre si è assistito ad un deprimente balletto di opinioni spesso in assoluta contraddizione tra scienziati e medici mediaticamente esposti e opinionisti di tutti i colori. Si è dibattuto di tutto l’inutile possibile e si è concesso di derogare alle norme di protezione, soprattutto grazie alla totale assenza di controlli, finendo così per rimettere a proprio agio il virus. Ma soprattutto non si è fatto nulla di quello che si sarebbe dovuto fare, dimostrando di non avere capito la dura lezione impartita nei mesi precedenti. Non si è affrontata seriamente nessuna delle criticità messe in evidenza dalla pandemia, non si è provveduto a normalizzare, non dico rendere esuberante per la bisogna, il numero dei paramedici, non si è provveduto a normalizzare il numero dei medici soprattutto intensivisti, non si è provveduto a rafforzare e organizzare la medicina del territorio, non si è provveduto a creare strutture dedicate e isolate dal resto delle strutture di degenza ordinaria, con il risultato che ancora una volta si stanno distribuendo orizzontalmente i malati di Covid che già stanno intasando molti pronto soccorsi, non si è provveduto a correre nell’acquisizione di attrezzature dedicate per i più gravi con la conseguenza che ancora una volta bisognerà fare ricorso a terapie intensive previste per altro, come le grandi emergenze cardiovascolari, perché dotate delle attrezzature necessarie. Questo, inevitabilmente, provocherà nuovamente una gravissima carenza assistenziale per questi pazienti, non fosse bastato il pesante tributo in termini di mortalità della prima ondata durante la quale si assistette ad una impennata impressionante delle morti cardiache. Leggendo i titoli dei giornali non si può non rimanere indignati da quella che è diventata una “corsa contro il tempo” (costante di tutte le emergenze italiche, anche le più prevedibili), nonostante che la tregua primaverile, e in parte estiva, di tempo ne abbia concesso. Si è invece discusso dell’inutile, si è perso tempo prezioso, ci si è baloccati con i riti della politica, dalle nomine alle contrapposizioni ideologiche MES sì MES no, quando quei soldi sarebbero serviti come l’aria, aria che manca ai malati di Covid. Si sono viste inutili, dannose contrapposizioni tra governo e regioni, trascinate per settimane, come se la pandemia non fosse una emergenza sanitaria da affrontare uniti e coerenti ma una questione di potere da affermare a prescindere.
Adesso, con la consueta abitudine all’autoassoluzione, le autorità tornano a buttare la responsabilità sui singoli cittadini fino a paventare, salvo rendersi conto di avere sfondato il muro del ridicolo, controlli di polizia (negarli è un po’ come ammettere di averci pensato, excusatio non petita) sulle abitudini domestiche o invitare alla delazione condominiale, come se il virus si creasse all’interno delle mura domestiche, come i pesciolini della polvere, e non fosse al loro interno importato come conseguenza delle demenziali aggregazioni del sabato sera che si sono viste in tutte le piazze italiane senza che, questo si di estrema gravità perché doverosamente fattibile, nessuno si peritasse di controllare e soprattutto prevenire; poi è ovvio che l’infezione allegramente procurata trova in casa una facile via di trasmissione e, soprattutto, trova quei soggetti fragili su cui duramente colpire. Probabilmente è vero che masse di giovani scalmanati fanno molto più paura, anche a chi avrebbe il compito di vigilare e se necessario reprimere, di una innocua famigliola a cena.
Cosa ci aspetta? Il peggio ancora una volta. L’impennata di morti e ricoverati in terapia intensiva di questi giorni è la conseguenza di infezioni avvenute dieci, quindici giorni fa, quando i numeri non erano ancora paurosi, con l’aggravante che adesso il contagio è uniformemente sparso per tutto il territorio nazionale, soprattutto in quelle regioni meno attrezzate e con una sanità quantomeno approssimativa rispetto all’intensità di cura e che la fortuna aveva risparmiato nel corso della prima ondata. Ora che i numeri stanno tornando a livelli elevati, quelle morti e quelle gravi forme di malattia mostreranno una crescita che l’indolenza colpevole della politica e della burocrazia non sono state e non sono in grado di fronteggiare. Politica e burocrazia inadeguate a contrastare la meccanica “geometrica potenza” e l’efficienza della SARS-Covid 2.
Cesare Greco
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