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Il punto, dopo due giorni di Consiglio europeo

Stati Uniti, Europa, Mediterraneo, Italia: come le pedine di un puzzle manovrate da una mano esperta, lo scacchiere transatlantico sembra aver ritrovato la giusta combinazione nei due giorni di Consiglio europeo conclusi l’altro ieri. Il segretario generale della Nato, Jan Stoltenberg ha partecipato al vertice Ue sulla sicurezza, avanzando così ufficialmente l’invito a rafforzare la collaborazione sul fronte della difesa militare del blocco occidentale. Ha trovato la risposta decisa del presidente del Consiglio Ue, Charles Michel: “Una Ue più forte rende la Nato più forte”; e la determinazione del premier italiano Mario Draghi che, parlando di “autonomia strategica”, ha riaperto il capitolo dello “Strategic Compass", il progetto europeo di difesa comune. All’Europa, ha sottolineato Draghi, spetta adesso il dovere di agire in un quadro di complementarietà con la Nato e di coordinamento con gli Usa in un contesto divenuto possibile grazie alle aperture di Joe Biden. L’Unione europea dovrà convincere la nuova amministrazione americana che l’Europa è pronta a rinsaldare la collaborazione anche sul piano della sicurezza. E che una difesa comune europea non è in contrapposizione con l’Alleanza atlantica, ma anzi potrà rafforzarla operando in particolare sul fronte del Mediterraneo. Draghi infatti ha insistito sul proposito dell’Unione di rilanciare una partnership con gli altri Paesi del cosiddetto “Vicinato Meridionale”. “È arrivato il momento - ha detto - di mettere in pratica questo impegno, attraverso il dialogo politico e il sostegno economico", puntando soprattutto su ambiente, clima, energia, turismo e commercio, immigrazione.

Le resistenze degli Stati europei alla costruzione della difesa comune non sono mai state del tutto superate, a partire dal fallimento della Comunità europea di Difesa del 1954 per il veto della Francia che, in seguito, ha puntato alla costruzione di un nucleo di difesa europeo come progetto alternativo, non complementare, a quello americano, generando non poca diffidenza da parte degli Stati Uniti. E poi la forte opposizione dell’Est europeo e della Polonia, rassicurati dal legame con la Nato in difesa dell’ingerenza della Russia, e il remare contro dell’Inghilterra, poco interessata a qualunque passo in avanti verso l’integrazione europea. Negli ultimi anni anche le impuntature dell’Italia sono state di intralcio: il primo governo Conte fece cadere la proposta di Emmanuel Macron di “un’iniziativa per l’Europa” finalizzata ad una forza di intervento militare e ad un bilancio per la difesa comuni, poi firmata nel 2018 a Lussemburgo solo da nove Stati europei.

Il progetto appare, quindi, in tutta la sua complessità: si tratta di un disegno ambizioso che richiede ulteriori traguardi sul percorso di una compiuta unione europea e di un deciso rinsaldamento del legame transatlantico. Adesso, però, Biden parla agli europei come agli interlocutori finalmente ritrovati e il suo richiamo non può rimanere inascoltato.

Nella due giorni del Consiglio europeo, Draghi ha consegnato all’Europa il messaggio che questo è il momento di avere coraggio. Pretendendo una scossa degli Stati e della Commissione europea sul fronte dell’emergenza vaccinale - gli accordi siglati da Bruxelles con le case farmaceutiche, ha ammonito, hanno mostrato la forte debolezza dell’Ue - così come pretendendo che il posizionamento e l’azione dell’Unione europea si definiscano, pur nell’apertura al dialogo e alla collaborazione globale, all’interno dei confini imprescindibili del rapporto transatlantico. Questo è il percorso e il premier italiano lo ha delineato con chiarezza nei suoi interventi. Ne va del futuro dell’Unione europea che, dopo il successo del Recovery Fund, se vuole puntare a ulteriori traguardi di integrazione deve dimostrare di saper portare a segno il piano di immunizzazione della sua popolazione. Ne va senz’altro del futuro dell’Italia, che adesso può contare su una guida sicura.


Silvia Di Bartolomei

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