Risulta estremamente difficile, se non impossibile, rinvenire un precedente analogo alla parabola del M5S.
Alle elezioni politiche del 2013 il M5S – fondato solo 4 anni prima - debuttò con il 25,5% dei voti alla Camera e 109 deputati, il primo partito con 19.000 voti più del PD, e al Senato con il 23,8% dei voti e 54 senatori, nessuno dei quali con precedente esperienza politica anche perché uno dei requisiti per partecipare nel 2012 alle cd “parlamentarie” per decidere le candidature era di non essere mai stato in Parlamento.
Alle elezioni politiche del 2018 il M5S raccolse alla Camera il 32,7% dei voti eleggendo 227 deputati mentre al Senato raccolse il 32,2% dei voti eleggendo 111 senatori, risultando di gran lunga il primo partito italiano.
Nel 2012 alle elezioni comunali di Parma fu eletto a sorpresa il “grillino” Pizzarotti, poi costretto ad uscire dal Movimento, così come a sorpresa venne eletto Sindaco alle elezioni comunali di Livorno del 2014 il “grillino” Nogarin espugnando una roccaforte rossa e sull’onda del grande successo il M5S conquistò nel 2016 anche il Comune di Roma con la Raggi e di Torino con la Appendino.
Venendo meno ad uno dei “sacri principi” degli esordi (mai al Governo con altri partiti) nel 2018 il M5S partecipò ad un Governo di coalizione con la Lega di Salvini e 18 mesi dopo con il PD, giustificando il tutto con la peculiarità “post-ideologica” del Movimento, portando a casa comunque due risultati “identitari”: il Reddito di Cittadinanza prima e il taglio dei Parlamentari poi, i cui benefici sono alquanti dubbi.
Tanti altri “sacri principi” furono dimenticati man mano che la “politica” apriva come una scatoletta di tonno il M5S, al contrario della previsione di Beppe Grillo nella campagna elettorale 2013 (“Apriremo il Parlamento come una scatoletta di tonno”).
Da subito venne meno la promessa di trasmettere in streaming; qualche tempo dopo venne meno il divieto di andare in TV che costò nel 2013 l’espulsione al sen. Mastrangeli da poco eletto, così come vennero meno anche le dimissioni dagli incarichi nel caso di avvisi di garanzia ed anzi oggi possono candidarsi anche coloro che li hanno ricevuti.
Qualche problema l’ha posto anche il “mantra” dell’onestà, con esponenti M5S incorsi in “incidenti” giudiziari anche rilevanti.
Vengono nel frattempo alla luce fantasiosi espedienti per ovviare all’obbligo di versamenti mensili che ogni parlamentare deve effettuare a sostegno di iniziative di pubblica utilità, mentre davvero singolare ed in qualche modo contradditoria con il dettato costituzionale sull’assenza di vincolo di mandato, la penale di 100.000 euro a carico di quanti eletti con il M5S decidono di abbandonare, a vario titolo, il Movimento.
Sta peraltro venendo meno anche la regola dei “due mandati”, con grande scorno di coloro che su questa regola aveva fondato le proprie mire di gestire il M5S, mentre sempre più evidente è la spinta a evitare di finanziare la “mitica” piattaforma Rousseau con la quale sino a poco tempo fa si volevano introdurre forme di democrazia diretta, tanto che un esponente M5S era stato nominato “Ministro dei rapporti con il Parlamento e della democrazia diretta” senza curarsi troppo della evidente contraddizione.
Una parabola, quella del M5S, passata dai fasti delle elezioni politiche del marzo 2018, alle cocenti sconfitte nelle varie elezioni succedutesi, sia amministrative che europee, così che dall’oltre 32% e primo partito, a metà Legislatura il M5S è quotato dagli ultimi sondaggi fra il 13-15%, con una riduzione di oltre il 50% dei consensi, occupando il quarto posto dopo Lega, PD ed anche Fratelli d’Italia.
Resipiscenza da parte degli elettori? Insufficiente se non fallimentare prova negli alti incarichi istituzionali da parte degli esponenti M5S? Spaccature sempre più profonde in un Movimento che si intendeva gestire con metodi leninisti?
Sarà compito, fra non molto, degli storici e dei sociologici spiegare cause e motivi che hanno portato un italiano su tre a dare fiducia al M5S.
Comunque nel frattempo oltre 40 parlamentari eletti nelle fila del M5S sono usciti a metà Legislatura dal Movimento perché espulsi o passati ad altri gruppi e in questi ultimi giorni 4 Europarlamentari eletti lo scorso anno con il M5S abbandonano il gruppo a Bruxelles.
Non sorprende quindi la vera e propria implosione interna che nemmeno le correnti democristiane dei tempi d’oro hanno mai conosciuto.
Un’implosione che i recenti “Stati Generali del Movimento” – guai a parlare di Congresso! - non sono riusciti a gestire e come riportano le cronache alla recente assemblea dei gruppi parlamentari sono volati insulti ed urla fra i “governisti” e i “dissidenti” di vario colore e confessione, tanto da mettere in discussione la votazione mercoledì 9 dicembre in Parlamento sulla comunicazione del Presidente del Consiglio sulle modifiche al MES.
E così, un Movimento tanto orgoglioso da sbandierare ad ogni piè sospinto la sua natura post-ideologica, sul MES sta conducendo una battaglia esclusivamente ideologica ed identitaria, senza alcuna cura dei veri interessi dei cittadini.
L’unico collante che unisce le varie anime del Movimento e che probabilmente salverà con qualche escamotage il Governo mercoledì prossimo sul MES appare sempre più essere il mantenimento del seggio e/o dell’incarico ministeriale.
Un paradosso rispetto al titolo di “portavoce dei cittadini” con il quale all’inizio dell’avventura pregiavano fregiarsi, ma che l’evidente natura personale dei dissidi interni e lo scontro di potere fra la maggioranza del M5S e la Casaleggio Associati hanno derubricato al capitolo del “come eravamo” o meglio del “come pensavamo di essere”.
Si rimane quindi basiti e sconcertati di fronte alla sempre più precipitosa parabola del M5S, così come in generale alla fluidità dei consensi per i vari soggetti politici, con scarti assolutamente inimmaginabili qualche anno fa quando uno 0,5% decretava il successo o l’insuccesso di un Partito.
Ma questa considerazione appartiene ad altre riflessioni che attengono alle profonde trasformazioni intervenute nella società italiana, trasformazioni sicuramente poco positive.
Maurizio Troiani
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