Smettiamo di piangerci addosso. È arrivata la Felicità, come nel film di Frank Capra del 1936 in cui in piena grande recessione Gary Cooper e Jean Arthur trovano la gioia, nonostante avversità e sedicenti «amici» molto rapaci. Lo sapeva bene Ernest Hemingway che, ricchissimo e premiato con il Nobel ma tristissimo in fondo al cuore, in uno dei suoi ultimi libri, - peraltro pubblicato postumo - A Mouveable Feast, ricorda la propria gioventù a Parigi «quando eravamo così poveri e così felici». Lo sapevano ancora meglio i Founding Fathers degli Stati Uniti che posero, nella Costituzione, tra gli obiettivi della politica quello di fare sì che «ciascuno potesse perseguire la propria felicità».
Solo pochi addetti ai lavori sanno che esattamente dieci anni fa, ad una riunione, a Thimphu, capitale del Buthan, il Primo Ministro del piccolo Paese himalayano Jigme Y. Thinley e l’economista Jeffrey Sachs, hanno proclamato, con la benedizione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 20 marzo «giornata mondiale della felicità» e proposto di misurare lo stato di salute dei Paesi aderenti all’Onu in termini di «felicità», non solo di Pil. Il compito non è molto più difficile di quello di computare il «Benessere Equo e Sostenibile» (BES), costruito con una serie di indicatori da CNEL e ISTAT una dozzina di anni fa ed oggetto ogni anno di un rapporto in Italia. Analogamente, ogni anno viene pubblicato un «World Happiness Report», preparato da autorevoli università, e finanziato da agenzie delle Nazioni Unite e da fondazioni private. Quest’anno il documento (210 pagine a stampa fitta) è stato diramato da Vancouver alle 11 ora locale del 20 Marzo ed in Europa si è potuto leggere domenica 21.
È un documento importante perché tratta della felicità nel 2020, anno in cui infuriava la pandemia e stava iniziando la ricerca di vaccini e della risposta della politica in termini di perseguimento della felicità. Non è questa la sede per riassumerne i contenuti; chi è interessato all’intero rapporto può agevolmente trovarlo on-line.
Quel che ci interessa notare è la posizione dell’Italia rispetto al resto del mondo. Sappiamo che gli indicatori statistici della felicità sono discutibili ma sotto la guida di Jeffrey Sachs ed economisti del suo calibro i medesimi indicatori (con qualche aggiustamento) vengono adottati a tutti i 149 Paesi censiti nelle nove edizioni del documento pubblicate dal 2012.
In primo luogo, l’Italia è nel gruppo dei Paesi più felici tra i 149 e lo è diventato ancora di più nel 2020, nonostante la pandemia. In termini di indice aggregato, l’Italia è passata dal trentesimo posto (media 2017-2019) al venticinquesimo. Analizzando i vari capitoli e gli indicatori specifici emerge che il nostro sistema di tutela sociale è stato elemento essenziale per difendere la popolazione di fronte ad una delle conseguenze più gravi della pandemia: la perdita del lavoro e del reddito. Tuttavia, c’è ancora molta strada da fare in quanto numerosi Paesi europei (e pure la Croazia e la Slovacchia) sono in posizioni migliori della nostra. Inoltre, in Italia l’aumento dell’indice composito di felicità si è verificato nonostante una leggera contrazione di quello di benessere (calcolato nel medesimo rapporto, secondo i criteri ed i parametri delle Nazioni Unite, che differiscono leggermente da quelli del BES del CNEL-ISTAT).
In secondo luogo, l’aspetto più interessante, riguardo quella che potrebbe essere chiamata «la politica per il perseguimento della felicità», è l’analisi per fasce di età. In Italia, e non solo, a tirare in su le classifiche sono gli anziani, ovviamente non quelli deceduti per Covid (in quanto questi ultimi non hanno potuto rispondere ai questionari). Per vari motivi: la gioia di non essere stati infettati oppure in caso di contagio di avercela fatta, la maggiore attenzione da parte di parenti ed amici e, nei Paesi avanzati a reddito alto, l’essere stati addestrati da figli e nipoti all’uso del PC ed ai frequenti contatti, se non in presenza, tramite piattaforme come Zoom o Goggle Meet e, quindi, ad avere trovato una nuova socialità.
La fascia più colpita sono, invece, gli adolescenti ed i giovani. Tirano in basso le classifiche a ragione soprattutto della chiusura delle scuole, elemento essenziale di socializzazione in un'età in cui la socializzazione è essenziale. Temi su cui ha posto l’accento più volte il Presidente del Consiglio Mario Draghi sin dal suo discorso alle Camere in occasione del voto di fiducia. Più dei banchi a rotelle sono necessarie misure di messa sicurezza della scuola ed adeguati trasporti.
Bagehot
Commentaires