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L’italica versione della damnatio memoriae

La Treccani definisce la “damnatio memoriae” come: “la condanna, che si decretava in Roma antica in casi gravissimi, per effetto della quale veniva cancellato ogni ricordo (ritratti, iscrizioni) dei personaggi colpiti da un tale decreto.” Una definizione che oggi, leggendo i commenti sugli esiti del Consiglio Europeo da parte di molti esponenti politici, sembra essere completamente ribaltata, visto che taluni tentano – spesso riuscendoci – a far dimenticare le proprie responsabilità passate.

Colpiscono in tal senso i commenti di Matteo Salvini espressi in una conferenza stampa alla Camera dei Deputati insieme ad Alberto Bagnai. Il Segretario della Lega ha infatti affermato testualmente: “Non c'è nessun regalo. È resa senza condizioni alle scelte della Commissione. Si parla di soldi prestati, da restituire fino all'ultimo centesimo, che arriveranno se va bene tra un anno, solo se l'Italia farà le riforme su pensioni, lavoro, sanità. Se i prestiti, governati da Bruxelles, comportassero Legge Fornero e patrimoniale su casa e risparmi sarebbe un costo sociale ed economico altissimo per gli italiani. Noi come Lega vigileremo perché così non sia”.

Salvini sa bene che l’Italia ha ottenuto al posto dei 173 miliardi di euro previsti alla vigilia, 209 miliardi con un incremento di 36 miliardi e che circa 82 miliardi sono contributi a fondo perduto. Peraltro la quota dei prestiti dovrà essere rimborsata a partire dal 2028 nel trentennio successivo a costi molto più bassi dei bond italiani ma anche di quelli ipotizzati dallo stesso Salvini da destinare esclusivamente ai risparmiatori italiani: sorta di novella autarchia in salsa finanziaria. Non sappiamo poi dove Salvini abbia letto di patrimoniale sulla casa e sui risparmi né tanto meno delle riforme su pensioni, lavoro e sanità.

Discorso a parte la Legge Fornero sulla quale evidentemente opera la “italica versione della damnatio memoriae”, l’auto-cancellazione di oggettivi ed inoppugnabili fatti storici. Come noto, il Governo Monti si trovò ad affrontare la grande emergenza finanziaria ereditata nel 2011 dal Governo Berlusconi e per evitare l’arrivo della Troika ed un commissariamento in stile greco intervenne drasticamente anche sulle pensioni attraverso la Legge Fornero, visto che la liquidità ereditata garantiva di pagare stipendi pubblici e pensioni solo per qualche mese.

Di quel Governo Berlusconi incapace di gestire le conseguenze della crisi 2008/2009, quello che lasciò dietro di sé un disastro economico enorme, faceva parte a pieno titolo la Lega con Matteo Salvini autorevole parlamentare.

Inveire su quanti hanno tentato di rimediare ai propri danni è una costante del populismo più becero e più veicolato dai social dove i titoli fanno premio sui contenuti.

In più “quota 100”, quel provvedimento che avrebbe dovuto aprire le porte a nuove assunzioni e che in presenza di un positivo allungamento dell’aspettativa di vita riduce l’età per andare in pensione aggravando pericolosamente il debito pubblico, non è certo la tanto conclamata riforma della Legge Fornero, tanto che fortunatamente ha una durata limitata a tre anni.

Ma nella pratica dell’italica versione della damnatio memoriae, il buon Matteo Salvini non può certo soffrire di solitudine.

Credo che nessuno si sogni di contestare all’azione del duo Merkel-Macron l’istituzione prima e la difesa poi del Recovery Fund come anche della mutualizzazione del debito conseguente attraverso la garanzia del bilancio della Commissione UE. Non sono certo gli Eurobonds ma un ulteriore passo avanti dopo il famoso “whatever it takes” del 2012 di Mario Draghi che aprì la strada al QE con tutti i positivi benefici sullo spread, come già illustrato da Il Commento Politico.

Le cronache riportano gli scontri fra Macron e Rutte con il primo in piena difesa degli interessi dei Paesi mediterranei e quindi dell’indebitata Italia.

E la mente torna all’incontro del febbraio 2019 dell’allora Vice Premier e bis-ministro Di Maio, insieme a Di Battista e a tre europarlamentari M5S, uno dei quali troneggia in questi giorni in TV a magnificare l’opera del Governo Conte, con Monsieur Chalencon che guidava l’ala più oltranzista dei gilet gialli contro il Presidente Macron.

E certamente il Premier olandese Rutte non ha dimenticato i gesti di esultanza del gruppo dirigente M5S sul balcone di Palazzo Chigi quando dichiarava l’abolizione della povertà con il Reddito di Cittadinanza. A distanza di due anni, qualcuno del M5S ha mai fatto un bilancio di quel provvedimento?

Adesso, oltre a cancellare nella memoria collettiva queste loro performances, evidentemente hanno altro da fare perché impegnati a richiedere di usare il Recovery Fund per abbassare le tasse, come se non sapessero che quei fondi hanno una destinazione chiara e precisa e di tutto ha bisogno il nostro Paese meno di aumentare la spesa corrente.

E così il connubio fra propaganda, alterazione della realtà ed italica versione della damnatio memoriae continua ad inquinare il dibattito politico.


Maurizio Troiani

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