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La difficile riapertura delle scuole

A poco più di venti giorni dalla riapertura delle scuole, di sicuro c’è solo la ribadita volontà del governo di procedere senza ritardi. Con che modalità e con quali misure di sicurezza è un argomento ancora alquanto confuso. L’impressione è che si sia perso moltissimo tempo a discutere di aspetti francamente astratti e quasi surreali, dal metro statico al metro dinamico, dalle rotelle sì alle rotelle no, ai nuovi banchi (quale sarebbe poi la funzione di queste rotelle rimane uno dei grandi misteri di quest’anno), investendo enormi risorse per una generale sostituzione dei banchi e non facendo letteralmente nulla per rafforzare, in modo efficace e su tutto il territorio nazionale, la possibilità di avere a disposizione spazi adeguati e, nella peggiore delle ipotesi, garantire a tutti la possibilità di usufruire realmente di didattica a distanza efficace. A ciò si aggiunga la polemica innescata nei confronti dei sindacati, accusati di remare contro dalla ministra Azzolina e, stando a quanto scriveva pochi giorni fa su Repubblica Concita De Gregorio, anche dal Presidente del Consiglio Conte, che durante una riunione di esperti e intellettuali avrebbe lamentato pressioni tese ad ottenere una sanatoria ope legis per tutti i precari, evitando i concorsi e, di fatto, minacciando azioni di autentico boicottaggio del regolare svolgimento dell’attività scolastica.

Le premesse, dunque, a pochi giorni dalla data del 14 settembre appaiono piuttosto allarmanti per gli studenti e le loro famiglie.

A complicare il tutto, la nuova ondata di infezioni da Covid, che riguarda soprattutto le fasce più giovani e meno propense a seguire pedissequamente le regole di protezione individuali e distanziamento interpersonale, rappresenta una variabile che pesa non poco sulla possibilità di un corretto svolgersi dell’attività didattica. Fra l’altro, il numero di questi contagi da “vacanza promiscua” sono destinati ad aumentare, con un probabile picco proprio nelle prime fasi della riapertura delle scuole, ovvero dopo la fine dei rientri dei vacanzieri e il successivo periodo di incubazione. Già i nostri ragazzi hanno perso un intero trimestre scolastico, una nuova ripresa a singhiozzo o, peggio, una nuova chiusura, avrebbero un effetto molto grave sull’efficacia dello svolgimento dei programmi di apprendimento, facendo pagare loro un ulteriore altissimo prezzo della crisi. Questa ipotesi appare tutt’altro che peregrina, visto ciò che sta accadendo in Germania dove molte scuole, appena riaperte, sono state chiuse nuovamente a causa della comparsa di focolai, tornando alla didattica a distanza. È stata presa in considerazione questa possibilità anche da noi? Non come mera chiusura di classi o interi istituti, ma anche prevedendo un potenziamento e un investimento per favorire una didattica a distanza più efficace e davvero diffusa a tutti gli studenti, contrariamente a quanto avvenuto durante la prima fase in cui, almeno, si pagava lo scotto di un evento improvviso e esplosivo. Nulla di ciò si è sentito nel dibattito di questi mesi e nessuna iniziativa reale, in termini di investimenti e aiuti per favorire da parte delle famiglie l’acquisizione di strumenti informatici idonei a consentire il prosieguo delle lezioni da casa. Il rischio è di riproporre la differenziazione tra alunni più fortunati e alunni meno attrezzati anche per ragioni puramente economiche. Certo non un buon biglietto da visita per un governo di sinistra e solidale, a chiacchiere, con le fasce più deboli della popolazione.

Si nota, inoltre, una tendenza da parte del ministero a demandare alle famiglie una serie di responsabilità come l’accertamento della possibile infezione con la misurazione della temperatura al mattino. Certamente le famiglie vanno responsabilizzate per la loro parte, ma quale sicurezza un atteggiamento simile può dare? Si dice per non creare assembramenti in entrata negli istituti. Da mesi all’ingresso degli ospedali e di molte strutture pubbliche e private la temperatura viene rilevata in entrata, senza che si crei alcun ritardo, vista la rapidità con cui in pochissimi secondi i nuovi sistemi di rilevazione elettronica sono in grado di dare una risposta. Una rilevazione all’ingresso rappresenta un dato più sicuro, quantomeno della sua reale effettuazione, e può essere eseguita contemporaneamente alla prescritta disinfettazione delle mani. Inoltre appare risibile l’osservazione che la rilevazione domestica sarebbe comunque eseguita a monte di spostamenti a rischio, ad esempio con i mezzi pubblici. E durante le altre ore della giornata? La sera? E quanti poi per fretta, distrazione o negazionismo eviteranno di farlo?

A venti giorni dall’inizio delle lezioni, inoltre, ancora sui giornali si legge che non c’è conformità di pensiero sull’uso delle mascherine in classe. Questa incertezza e questo genere di discussioni certamente non danno l’impressione di una linea di governo della scuola univoca e precisa. Si è pensato a sottoporre tutti gli studenti, non prima di una settimana dall’inizio delle lezioni, allo screening sierologico e eventuale tampone? Non su base volontaria, ma obbligatoriamente?

Infine le diverse fasce d’età. Gli adolescenti e i ragazzi dei licei sono sicuramente una popolazione più a rischio per abitudini e condotte di vita più difficilmente verificabili. Su di loro deve focalizzarsi l’attenzione del governo e delle amministrazioni. Sono loro che rappresentano oggi la maggioranza dei vettori e se non si assiste all’ecatombe di inizio anno è perché anziani e soggetti fragili hanno imparato a proteggersi di più, ma sarà alla lunga ancora così?

Già il 16 di luglio da queste pagine avevamo riportato i risultati di uno studio che mostrava come il virus fosse mutato dotandosi di una maggiore capacità infettante a fronte, per fortuna, di una minore aggressività sull’organismo. Notizie come questa avrebbero dovuto rappresentare un campanello d’allarme per cercare di contenere con strumenti idonei la sua diffusione nei mesi estivi. Ma, evidentemente, nessuno degli esperti ragiona sugli aggiornamenti quotidiani che la letteratura scientifica da mesi fornisce e gli effetti di una estate sconsiderata, anche grazie alle riaperture indiscriminate, si stanno evidenziando in modo brutale. E inoltre, in un momento in cui a parole si afferma che la priorità numero uno è la riapertura delle scuole, era poi tanto difficile immaginare che proprio la popolazione studentesca era quella messa più a rischio?


Cesare Greco

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