Non è dell’ultim’ora l’impegno del presidente del Consiglio sul tema delle semplificazioni burocratiche. Su di esso il premier si è soffermato più volte nel corso della sua esperienza di governo, a prescindere dalla maggioranza che sosteneva l’esecutivo da lui guidato. La semplificazione delle procedure amministrative è effettivamente un obiettivo sacrosanto, perciò è auspicabile che questo lavorio giunga rapidamente a buon fine e il governo possa condurre in porto una legislazione volta a migliorare il funzionamento generale della Pubblica amministrazione.
Lo diciamo anche perché l'esecutivo ha bisogno di tempo per occuparsi del Recovery Fund e non vorremmo che qualcuno cadesse nell’equivoco di ritenere che il decreto legge sulla semplificazione abbia a che fare con le risorse che l’Europa sta per mettere a nostra disposizione. Il problema delle procedure volte ad assicurare la trasparenza e la rapidità della spesa si porrà non oggi, ma solo quando il governo avrà detto con chiarezza come intende utilizzare il Recovery Fund. Anzi, ancor prima, il governo dovrà dire come progetterà la spesa del Fondo e come sceglierà fra i tanti progetti che aspireranno ai finanziamenti europei.
La questione delle procedure si porrà solo quando si saprà quali e quante saranno le sedi nelle quali saranno determinate le spese, quante, cioè, saranno le stazioni appaltanti. Solo dopo avere risposto a questa domanda, si potranno esaminare le procedure di spesa e di conseguenza si potrà valutare quali semplificazioni burocratiche introdurre.
Si potrebbe, ad esempio, costituire una ed una sola sede per progettare, selezionare i progetti e procedere all'impiego dei fondi. In questo caso sarebbe semplice immaginare procedure chiare, veloci e trasparenti. Una volta fatto questo, tutto si svolgerebbe rapidamente.
Se gli enti chiamati a spendere fossero due, il problema sarebbe lievemente più complicato. Se tre, ancora più complicato. Se fossero tante, terribilmente complicato. Entrerebbero in gioco tutti i ministeri di spesa: le Infrastrutture, le Attività produttive, l’Agricoltura, il Mezzogiorno, le Telecomunicazioni, gli Esteri (per il commercio estero), la Difesa, l’Istruzione pubblica e i Beni culturali. Se poi si decidesse che anche le Regioni sono soggetti titolari del diritto a ricevere e a spendere le risorse europee, allora le stazioni appaltanti diventerebbero quindici, venti, trenta, ciascuna con i propri problemi e impacci operativi.
Nell’augurare buona navigazione al disegno di legge sulle semplificazioni, auspichiamo tuttavia che il governo si liberi al più presto di questo gravoso impegno, per poter dedicare tutte le proprie energie al Recovery Fund, una questione che è sempre più urgente e per la quale non è ancora stata neppure abbozzata una road map.
Giorgio La Malfa
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