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Ancora sulle riforme costituzionali

  • Il Commento Politico
  • 24 lug
  • Tempo di lettura: 3 min

 

Un attento lettore del Commento Politico ci ha scritto a proposito dell’articolo di ieri sulla riforma della giustizia che la nostra critica  alla disinvoltura con la quale vengono proposti in Parlamento  cambiamenti della Costituzione non può essere indirizzata solo alle forze di destra, ma deve essere rivolta anche ai  partiti di sinistra. A questo proposito   ha menzionato due episodi specifici:  la vicenda della pessima  riforma delle autonomie varata in tutta fretta dalla maggioranza di centrosinistra nel 2001 e la proposta (poi votata a larga maggioranza)  di introdurre alcune modifiche al testo della Parte I della Costituzione - che in genere viene dalla sinistra dichiarata intoccabile – avanzata alla fine della scorsa legislatura da un parlamentare del PD.

Noi siamo d’accordo con il nostro lettore. Il rilievo circa la disinvoltura nel proporre modifiche costituzionali contenuto nell’articolo di ieri era rivolto a tutti. Nell’articolo manifestavamo “la nostra contrarietà all’intenzione – spesso alla vera e propria frenesia - che permea la maggior parte dei gruppi politici di mettere le mani nella Costituzione.” Nello scrivere quelle parole avevamo in mente la sciagurata riforma del Titolo V, introdotta – come ci spiegò l’allora Presidente DS della Camera dei deputati – “per tagliare l’erba sotto i piedi della Lega e così vincere le imminenti elezioni” (che ovviamente, a dimostrazione che il diavolo fa le pentole ma non anche i coperchi, il centrosinistra perse rovinosamente). Ieri, però, oltre all’episodio del 2001, avevamo particolarmente in mente la disinvolta proposta avanzata dal segretario di uno dei partiti della galassia del centro di eleggere un’Assemblea Costituente con il compito di riscrivere la seconda parte della Costituzione.

L’impressione è che il proponente non abbia seriamente riflettuto sulla sua  proposta. Egli, infatti, non sembra essersi chiesto che cosa avverrebbe se, dopo avere eletto l’Assemblea Costituente e averla insediata, essa non riesca nel suo compito. È possibile infatti che l’Assemblea riesca a produrre un testo condiviso (da quanti? Da una maggioranza semplice? Da una maggioranza qualificata?) Ma può anche avvenire che l’Assemblea non riesca a giungere ad alcuna conclusione. Questo esito non può essere escluso e non si potrebbero minacciare punizioni per i suoi componenti ove non riuscissero a convenire su una comune proposta. Se, insomma, al termine del periodo di tempo assegnato alla Assemblea Costituente, essa non fosse riuscita a produrre un testo condiviso, quali sarebbero le conseguenze? Bisognerebbe prendere atto che il tentativo è fallito. Ma non si potrebbe fare come se nulla fosse e tornare all’attuale Parte II. Perché la base dell’elezione dell’Assemblea Costituente non potrebbe che essere la constatazione che la Parte II ha necessità improcrastinabile di essere cambiata. In sostanza, si sarebbe dichiarata la necessità di mutare la Costituzione nella parte più delicata che riguarda il funzionamento dello Stato, ma non si saprebbe come farlo. Avremmo in sostanza creato un vuoto al centro delle istituzioni democratiche: sarebbe l’invito all’avventura.

Come abbiamo scritto ieri, una Costituzione è il telaio entro il quale si svolge la vita politica, quello che ne regola il funzionamento e che mette i limiti alla voglia sovvertitrice che vi può essere in qualcuno o in molti. È il quadro dei diritti e delle libertà nella prima parte; il meccanismo che fa funzionare lo Stato, nelle parti successive. Bisogna stare attenti a non lacerarla.

 

PS: Un articolo di Francesco Verderami sul Corriere della Sera di oggi conferma che la destra ha aperto il cantiere della modifica delle legge elettorale perché l’on. Meloni sa che con l’attuale legge ella si avvia a perdere le prossime elezioni. Come aveva scritto Giorgio La Malfa su l'Altravoce nei giorni scorsi.

Verderami spiega che a fare resistenza è la Lega. Siamo in disaccordo con l’on. Salvini su molte cose, ma su questo punto egli  ha assolutamente ragione. E merita un pieno sostegno: le leggi elettorali non possono essere piegate alla comodità dei potenti di turno. Se i costituenti commisero un errore, fu quello di non mettere in Costituzione la legge elettorale proporzionale che è il fondamento essenziale della democrazia parlamentare.


24 luglio 2025

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