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Basta rinvii

In diverse occasioni Il Commento Politico ha sottolineato la necessità che il governo, conclusasi la fase per così dire di emergenza, si attrezzi per poter impostare al meglio e gestire la fase della ripresa economica.

A tal fine la nostra proposta è che si individui in seno all’esecutivo un’apposita sede incaricata del piano di sviluppo del paese. Questa sede, questo “centro motore”, come l’abbiamo chiamato, deve sostanziarsi nell’affidamento di un incarico speciale ad una figura autorevole e di spiccata caratura anche internazionale, che possa definire i profili generali del piano, tenere con continuità un dialogo con le istituzioni europee per garantire una erogazione dei fondi legata ad obiettivi stabiliti con chiarezza e, last but not least, stabilire parametri certi e trasparenti per scegliere tra i progetti provenienti dalle parti sociali e da tutte le articolazioni pubbliche (nazionali, regionali e locali) quelli maggiormente in grado di contribuire alla ripresa economica e all’aumento dell’occupazione.

Tale compito può essere affidato ad un esponente del governo, al capo della task force già esistente o a una personalità di indiscusso prestigio. E qui, se noi dovessimo suggerire un nome, faremmo quello di Mario Draghi.

La ratio della proposta non risiede ovviamente nel favore verso una proliferazione di incarichi, ma nella consapevolezza che la prospettiva di una così massiccia erogazione di fondi europei è destinata a scatenare una tale competizione tra soggetti pubblici e privati da un lato e tra le forze politiche dall’altro, da mettere a rischio la stabilità di qualsiasi governo. A maggior ragione di un governo sostenuto da una maggioranza che fatica a trasformarsi da parlamentare in politica.

Il freddo riscontro che ha accolto la proposta dei cosiddetti “stati generali dell’economia” è la prova che le nostre preoccupazioni non sono infondate.

Non ci sfugge la considerazione che l’iniziativa del Presidente del Consiglio sia stata probabilmente il frutto di una preoccupazione legittima e cioè di non creare precoci tensioni nella maggioranza su temi delicati come il Mes, che sarebbero di assai più serena digeribilità ove inseriti nell’ambito del complessivo pacchetto degli strumenti europei. Ma, in attesa della definizione completa di tali strumenti e della loro effettiva portata finanziaria, definizione che non avverrà prima di luglio, appare azzardato scegliere la strada di un rinvio mascherato da prolungate consultazioni. Una strada che non sarebbe vista di buon grado in Europa e che, negli ambienti politici e finanziari interni ed internazionali, potrebbe essere interpretata come una manifestazione di insufficiente consapevolezza della crisi sociale che può aprirsi quando, dopo l’estate, il paracadute fin qui apprestato dal governo per medicare nell’immediato le gravi ferite inferte all’economia dal lungo lockdown avrà esaurito i propri effetti.

Il tempo a disposizione dell’esecutivo è limitato ed alcuni nodi devono essere sciolti ora. Dal governo per la parte che gli compete. Ma anche dalle forze politiche di maggioranza e, in particolare, dal M5S le cui incertezze pesano sull’azione di governo.

In un momento cruciale per la vita del Paese non è ammissibile che la vita interna di quella che è la forza politica di maggioranza relativa in Parlamento sia squassata da una sorta di interminabile e sotterraneo congresso interno. Accanto agli “stati generali dell’economia” o forse alla base di essi ci sono gli “stati generali dei Cinquestelle“, sempre annunciati e sempre rinviati. Il Paese deve sapere in fretta chi è il leader e qual è la linea politica del partito che ha vinto le ultime elezioni e che per questo deve farsi carico con chiarezza delle responsabilità che quella vittoria comporta.

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