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Draghi e l'"Economist"

Il giudizio sull'Italia dell'Economist è tanto più importante in quanto proviene da un osservatorio certamente non incline a un pregiudizio favorevole nei nostri confronti. Anzi, semmai è più vero il contrario. Dunque godiamoci questo risultato che premia un Paese che ha molto sofferto dalla pandemia, pima di diventare quasi un modello per il resto dell’Europa.


Qualcuno potrebbe accostare il giudizio dell'Economist a quello che diede, più di sessanta anni fa, il Financial Times nell’assegnare all’Italia l'Oscar per la lira. In realtà non è così. C'è una differenza cruciale fra i due riconoscimenti. Nel 1959 l'Oscar del Financial Times accompagnò e certificò il miracolo economico che era allora in pieno corso e la solidità della lira che ne era la tangibile dimostrazione. Invece, il giudizio dell'Economist è più circoscritto: esprime apprezzamento per la disciplina del Paese nella campagna vaccinale, per i primi passi del Recovery Plan, per la sorprendente coesione politica da cui è nato e su cui tuttora si mantiene il governo Draghi. Non si riferisce alla situazione economica complessiva del Paese. Coglie il segnale positivo della ripresa, ma non dice in alcun modo che il Paese ha ormai lasciato alle spalle i decenni di crisi e di stagnazione che abbiamo attraversato.


Questa prudenza, questa sospensione di giudizio sul tema economico più generale è comprensibile. È troppo presto, infatti, per sapere se la crescita che si sta manifestando quest'anno sia una fiammata destinata a spegnersi entro poco tempo, oppure l'inizio di un processo sostenuto in grado di far recuperare all'Italia il terreno perso negli ultimi venti anni.


Abbiamo segnalato nei giorni scorsi sul Commento Politico due interventi recenti di Giorgio La Malfa sulle prospettive economiche del Paese nei quali si sostiene che l'attuale ripresa è dovuta all’effetto congiunto del deficit pubblico del biennio 2020-21, al buon andamento dell’edilizia a seguito delle misure di sostegno delle ristrutturazioni e alla ripresa delle esportazioni delle imprese manifatturiere. A questi elementi nei prossimi anni si dovrebbero aggiungere gli effetti positivi della spesa dei fondi del PNRR, pur nel progressivo venir meno degli effetti del deficit pubblico che dovrebbe cominciare a scendere. Tutto questo porta, nelle previsioni del governo, a stimare una crescita dell’ordine del 2 per cento l’anno a partire dal 2023. Questo non sarebbe un risultato economico eccezionale. Il miracolo economico sarebbe riuscire a prolungare la crescita del biennio 2021-22 con tassi annuali a partire dal 2023 del 3-4 per cento annuale.


Questo dovrebbe essere l’obiettivo della politica economica italiana. Perché ciò avvenga bisogna che alla ripresa dei consumi e alla buona spesa delle risorse del PNRR si affianchino grandi investimenti sostenuti da capitali privati italiani e stranieri.

Furono gli investimenti industriali privati negli anni Cinquanta che, unendosi all’effetto del Piano Marshall, alla spesa della Cassa per il Mezzogiorno e alla ripresa dei consumi, fecero fare all’Italia quel balzo in avanti che fu e meritò il nome di miracolo economico.


Dunque la chiave del nostro futuro sono gli investimenti privati italiani e stranieri, oltre alla buona spesa del PNRR. A richiamarli e a incoraggiarli, può essere solo un governo stabile, autorevole e apprezzato che non rappresenti un breve interludio nella continuità della tradizionale inconcludenza della politica italiana. Questo ci sembra il significato della parte conclusiva dell'articolo dell'Economist.


Quello che è certo è che il settimanale inglese considera i primi successi dell'Italia come strettamente legati alla soluzione Draghi ideata e attuata da Mattarella, e manifesta dei dubbi che essi si prolungherebbero sotto un diverso Presidente del Consiglio. Il Commento Politico non può che convenire con questa analisi.


Pensare che un governo più debole – quale inevitabilmente sarebbe quello scaturito da una crisi, anche senza ricorso al voto anticipato, in seguito all’eventuale elezione di Draghi al Quirinale – possa attuare il piano PNRR e insieme favorire l’attrazione degli investimenti privati indispensabile per trasformare l’attuale ripresa in un vero e proprio boom, è una pia illusione.


Il governo Draghi sta facendo bene anche se ha davanti a sé un compito non facile. Prosegua nel cammino intrapreso.

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