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Giorgia Meloni e Marine Le Pen

Un articolo su La Stampa di oggi riporta questa riflessione del Senatore Gaetano Quagliariello: “La Meloni – avrebbe detto - deve decidere se vuole essere gollista o lepenista. Nel primo caso può essere una nostra alleata, nel secondo no.” Con buona pace del professor Quagliariello, questa scelta Giorgia Meloni l’ha fatta il giorno della fiducia al governo Draghi, separandosi dalla Lega e da Forza Italia e collocandosi all’opposizione. Quello che avviene oggi è una conseguenza di quella scelta.

Il Commento politico scrisse allora che fra Salvini e Meloni “uno dei due aveva commesso un tragico errore” e che la rottura strategica fra i due partiti era analoga a quella che si determinò fra il PSI e il PCI quando si formò il centrosinistra. Il PCI ebbe dinanzi a sé le praterie del consenso che si può ottenere stando all’opposizione, ma si collocò fuori dall’area di governo in cui non è mai entrato fino a molti anni dopo il 1989, cioè per oltre un quarto di secolo.

Doveva essere chiaro che il governo Draghi non era la riedizione del governo Dini o del governo Monti. Era qualcosa di diverso che avrebbe segnato profondamente le vicende politiche italiane. Era chiaro che al momento della formazione di quel governo, o Salvini o Meloni avevano sbagliato posizione. Oggi si vede che, contrariamente a quello che molti hanno scritto in questi mesi, è Giorgia Meloni ad avere commesso l’errore di scegliere di essere la Le Pen. Nello stesso articolo che riporta le parole di Quagliariello, si leggono quelle di un esponente di Fratelli d’Italia che osserva (anonimamente) che “una Lega centrista ci isolerebbe e Giorgia non vuole essere Le Pen.” Già, ma come spesso capita le persone pensano che le cose debbano ancora succedere quando sono ormai successe. È chiaro che, Salvini o non Salvini, la Lega non lascerà Draghi né domani, né dopodomani e la rottura con FdI è irrimediabile.

Si comincia a capire anche dalla parte di Fratelli d’Italia che la Meloni ha commesso un errore fatale per le prospettive politiche del suo partito

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