L'amaro Natale dell'on. Meloni
- Il Commento Politico
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Secondo Repubblica, l’on. Meloni si sarebbe congedata dai ministri riuniti in Consiglio dicendo: “Mi rode soltanto che dovrò rivedervi il 29”. Se fosse vera – e non ci sembra che finora essa sia stata smentita – la frase sarebbe rivelatrice di un malessere che va ben oltre i protagonisti delle vicende della finanziaria con l’incredibile serie di pasticci degli ultimi giorni. In realtà, il fastidio rivelato dalla presidente del Consiglio sembra rivolto al governo nel suo complesso.
D’altra parte una conferma indiretta viene dalle parole di questi giorni di un intellettuale che appartiene alla destra che ha testualmente scritto che “nulla di significativo è cambiato nella vita di ogni giorno, negli assetti del Paese, nella politica estera”. Salvo il punto della politica estera su cui si può discutere, ma in cui il cambiamento sembra essere più il riflesso di una sudditanza verso Trump che altro, è un giudizio che si può tranquillamente sottoscrivere e di cui probabilmente la prima ad essere consapevole è l’on. Meloni.
La cosa più grave dal suo punto di vista è che questo fallimento è una pessima premessa per una campagna elettorale che si avvicina. Come spiegherà al Paese (anzi alla Nazione) questo evidente insuccesso del suo governo? Esso non può essere imputato al “sistema" e non può quindi essere posto a base di una proposta di riforma costituzionale, che non a caso langue. Non sarà agevole, per un governo che si è dimostrato stabile per quattro anni, sostenere che gli scarsi risultati non sono colpa della sua inefficienza o mancanza di idee, ma di un sistema che non funziona.
In secondo luogo, l'on. Meloni non potrà imputare alle divisioni della maggioranza gli scarsi risultati, perché questo renderebbe più difficile chiedere agli italiani un voto per confermare un’alleanza, senza la quale la sconfitta sarebbe certa. Ma non sarà neppure facile scaricare le responsabilità sull’opposizione. Soprattutto perché, per un governo che ha stabilmente e agevolmente mantenuto il potere per quattro anni, sarebbe autolesionismo dire di avere combinato poco per colpa dell’opposizione. In questo senso, anzi, la debolezza evidente delle opposizioni in questi primi anni e le divisioni in seno ad esse, finiranno per essere un elemento di debolezza per la presidente del Consiglio nella prossima campagna elettorale. Non potrà dire: “mi hanno impedito di governare”.
Non potrà neppure prendersela con "I poteri forti", sia perché tutto quello che si usa come giustificazione di un fallimento è un'ammissione di fallimento che non aiuta una campagna elettorale, sia perché i "poteri forti", cui normalmente si pensa, dalla Confindustria alle banche, sembrano fare a gara per mostrare che non intendono sfidare il governo.
Ecco perché appare molto probabile che la frase con la quale la presidente del Consiglio ha congedato i suoi ministri ieri, indicativa di una amarezza che a sua volta è figlia di una consapevolezza, sia stata effettivamente pronunciata nei termini in cui è stata riportata.



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