Il governo presieduto da Mario Draghi sembra marciare spedito sui binari per certi versi obbligati che la pandemia e l’attuazione del piano italiano per il Recovery impongono.
Nonostante le apparenze, questioni come la giustizia e il green pass, difficili da gestire per una maggioranza così composita come quella che sostiene l’esecutivo, si stanno rivelando scogli meno pericolosi di quanto questa o quella forza politica vorrebbero far credere. E così come i Cinquestelle hanno tirato un po’ la corda sul tema della prescrizione per assumersi la gloria di qualche piccola modifica all’intesa precedentemente raggiunta, ma stando bene attenti a non spezzarla, altrettanto è prevedibile farà Salvini sui certificati vaccinali, accontentandosi di aver fatto rinviare le decisioni in materia di una decina di giorni.
Un malessere di fondo continua tuttavia ad attraversare il quadro politico ed è determinato dal fatto che proprio i Cinquestelle a guida Conte e la Lega di Salvini sono lontani dall’aver trovato una convincente collocazione in questa stagione che caratterizza la fine della legislatura.
A Conte è stato dato il compito di frenare la perdita di consensi e di parlamentari del suo movimento e deve marcare in qualche modo la sua differenza da Draghi, pena il progressivo appannamento del ricordo dei governi da lui presieduti.
Salvini vive con preoccupazione la situazione ormai strutturale per cui il suo partito risulta appaiato nei sondaggi a Fratelli d’Italia, i quali però possono lucrare sul fatto di essere all’opposizione e cavalcare ogni forma di disagio e dissenso che emergono nella società.
Entrambi si dibattono nella scomoda posizione di dover alludere ad una possibile sostituzione di Draghi con una formula che li veda protagonisti, ma al tempo stesso sanno che proporre se stessi al posto dell’attuale presidente del Consiglio li porterebbe alla rovina politica, stante il larghissimo consenso che Draghi ha nell’opinione pubblica.
Le incertezze dei due leader si ripercuotono ovviamente sull’intero quadro politico: da una parte il Pd non comprende se l’alleanza con i Cinquestelle abbia o meno una prospettiva certa; dall’altra l’intero centrodestra fatica a trovare una nuova e convincente fisionomia.
Se quindi il governo va avanti senza eccessive difficoltà, troppo lento è quel consolidamento del quadro politico che è necessario per ridare all’Italia la prospettiva di una stabile governabilità.
È evidente che elezioni amministrative così importanti come quelle che arriveranno dopo l’estate contribuiscono a rendere più difficile l’accelerazione nell’assumere le scelte politiche che pure sarebbero indispensabili. Ma è altrettanto evidente che la road map nell’attuazione del Piano italiano per il Recovery non consente battute d’arresto perché l’Italia resta un sorvegliato speciale per i nostri interlocutori europei.
Se Conte e Salvini non saranno in grado di assicurare la responsabilità e lungimiranza necessarie, è possibile che possano subire forti contraccolpi all’interno delle forze di cui sono alla guida e che già oggi sono attraversate da significative perplessità sulla loro capacità di leadership.
Il nodo giustizia è stato sciolto nei Cinquestelle da Di Maio più che da Conte. E proprio ieri mentre Giorgetti faceva capire che la persistenza dell’attuale linea ondivaga della Lega potrebbe portare ad una sua non ricandidatura, il presidente del Veneto Zaia si è dissociato dalle posizioni assunte dal suo partito (comprese le manifestazioni di piazza) sui certificati vaccinali.
Passato il mese d’agosto l’Italia vorrà ripartire in sicurezza, nei posti di lavoro e nelle scuole.
Ritenere che procedere ad un progressivo logoramento dell’immagine e dell’azione di Draghi possa continuare ad essere la migliore politica da fare, potrebbe preparare un’amara sorpresa per i due “re tentenna”.
Potrebbero scoprire che i vasi di coccio sono proprio loro.
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