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Il vero nodo dell’elezione del Presidente

Giunti ormai a pochi giorni dall’inizio delle votazioni per l’elezione del Presidente della Repubblica appare evidente che né la destra né il centro-sinistra dispongono con certezza dei voti necessari per eleggere autonomamente, dopo il terzo scrutinio, il Capo dello Stato. In sé questa condizione non è negativa perché costringerà a cercare un nome su cui sia possibile un’ampia convergenza del Parlamento. E questo farà sì che, fin dall’inizio, il Presidente eletto avrà la possibilità di una interlocuzione più agevole con tutte le forze politiche. Mattarella, che nella fase finale del suo mandato ha goduto di un consenso sostanzialmente unanime delle forze politiche, ha scontato per un certo tempo il fatto di essere stato eletto solo da una parte del Parlamento.


Dunque, serve una larga maggioranza. Sulla carta, il fatto che esista oggi un governo sorretto da una maggioranza di unità nazionale dovrebbe rendere più facile le conversazioni fra i leader politici necessarie a individuare un nome condiviso. Si capisce l’affannarsi dell’on. Meloni che cerca di inserirsi nel gioco della Presidenza per non vedere confermata nell’elezione presidenziale quella maggioranza politica dalla quale si è autoesclusa da sola lo scorso febbraio, condannandosi alla marginalità.


Perché questo schema in apparenza ragionevole stenta a palesarsi? La ragione è che, seduti al tavolo per discutere del Capo dello Stato, i partiti dell’attuale maggioranza dovrebbero anche dare risposte chiare su due problemi che comunque dovranno essere affrontati tempestivamente. Il primo è la durata della legislatura. Una cosa è dichiarare ciascuno per proprio conto che la legislatura deve continuare; una cosa diversa è fare emergere questa decisione da un’intesa di maggioranza. Anche perché questo porrebbe delle limitazioni sull’eventuale nome del Presidente da eleggere.


Il secondo problema, che è il vero nodo che emergerebbe sul tavolo della discussione, è la questione della legge elettorale. Ad essa si deve porre mano a seguito della riforma costituzionale che ha ridotto il numero dei parlamentari. Quindi è inevitabile prendere una decisione. La questione riguarda la scelta fra un impianto proporzionale e un impianto maggioritario. La destra ha opinioni diverse nel suo seno. Il PD è anch’esso diviso al suo interno. Ma se si trovasse un’intesa sulla legge elettorale e sulla durata della legislatura, allora diverrebbe assai più semplice individuare il nome del Presidente.


Si sceglie una legge maggioritaria come l’attuale? In questo caso è chiaro che si va alle elezioni con uno schema bipolare in cui non c’è spazio per posizioni intermedie e tutti sono costretti a scegliere da che parte stare. Oppure si sceglie una legge proporzionale con un forte sbarramento? In questo caso si consente alle forze collocate al centro di pesare nelle elezioni e nella successiva formazione del governo. È una scelta difficile, ma dovrà essere fatta nei prossimi mesi. Se si cerca una maggioranza ampia, questo è un tema ineludibile fin da subito.


Si sblocchino questi due punti e si sbloccherà anche il problema dell’elezione presidenziale. Si lascino nell’incertezza questi punti e si renderà del tutto precaria la situazione delle prossime settimane.


Questo, secondo Il Commento Politico, è il vero nodo della questione dell’elezione del Presidente della Repubblica.

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