All’atto della formazione del governo Draghi, Il Commento Politico aveva scritto che la diversa collocazione parlamentare di Forza Italia e della Lega da un lato e di Fratelli d’Italia dall’altro segnava una divergenza strategica che era destinata ad ampliarsi con il passare del tempo, fino a quando sarebbe divenuta una frattura insanabile. Lega e Forza Italia avrebbero dovuto difendere l’azione del governo, mentre Fratelli d’Italia, per capitalizzare la raccolta dei consensi, avrebbe dovuto accentuare nei toni e nella sostanza la propria opposizione.
Il seme della discordia era stato piantato e non poteva che svilupparsi. Forse l’alleanza di destra sarebbe riuscita a sopravvivere nelle elezioni locali, ma nelle elezioni politiche ben difficilmente Lega e Forza Italia avrebbero accettato di accompagnare all’altare del governo Giorgia Meloni.
Quello che è avvenuto in questi mesi, e l’accelerazione delle polemiche a destra che si registra in questi giorni, conferma in pieno quella previsione. I primi dissidi sono sorti sulle nomine: il Copasir strappato dopo molte polemiche da Fratelli d’Italia alla Lega, il seggio nel Consiglio di Amministrazione della Rai passato da Fratelli d’Italia a Forza Italia. Poi ci sono state le ripicche e gli sgarbi. Ora, infine, i transfughi alla ricerca di seggi sicuri che un partito di cui si prevede la crescita come Fratelli d’Italia può ancora promettere. Siamo vicini alla deflagrazione finale. È chiaro che se Meloni alzerà ulteriormente i toni accusando il governo e quindi i suoi alleati di adottare provvedimenti liberticidi (da che pulpito!), Salvini e Berlusconi non potranno non reagire difendendo la propria immagine.
Tutto questo è ormai in pieno svolgimento. Resta aperta soltanto una questione che non riguarda Fratelli d’Italia, perfettamente collocata nelle destre europee. Riguarda Salvini. La domanda è: che senso ha per un partito che si dichiara orgoglioso di sostenere il governo Draghi, non trarre le conseguenze per quanto riguarda la propria collocazione europea? Si può essere alleati di Draghi e Von der Leyen a Roma e di Orban, Le Pen e altre forze consimili in Europa? Deve essere chiaro a Salvini che più a lungo egli rimane nell’ambiguità, più agevola il deflusso dei propri voti verso Fratelli d’Italia.
Ma non è tutto. Se Fratelli d’Italia vola verso il 25 per cento - come avvenne negli anni ‘60 del Novecento al PCI - di fatto rende impossibile individuare una maggioranza parlamentare che escluda la Lega. Tanto più se si contano anche i voti ed i seggi di Forza Italia e se si tiene conto della flessione dei 5 Stelle che la leadership di Giuseppe Conte può contenere, ma non invertire. Di fatto, Giorgia Meloni rampante all’opposizione è una garanzia per la Lega e per Forza Italia di essere forze necessarie per formare una maggioranza ed un governo.
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