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Le strade della Costituzione

Mercoledì il Presidente della Repubblica, parlando ai bambini di una scuola romana, ha dichiarato che restano solo otto mesi alla conclusione del suo mandato e che poi egli intende riposarsi. Il giorno dopo, il Presidente del Consiglio, illustrando quello che confida essere l’ultimo decreto “Sostegni”, ha risposto ad una domanda sulla successione a Mattarella, affermando che è improprio affrontare un simile argomento quando il Capo dello Stato è ancora in carica.

Se già non vi fossero molti buoni motivi per cui la gran parte degli italiani sente che la soluzione migliore per il Paese sarebbe che Sergio Mattarella e Mario Draghi continuassero a esercitare per un tempo più lungo possibile, fino alla fine naturale della legislatura ed oltre, i ruoli che attualmente ricoprono, queste due risposte date in sequenza sarebbero sufficienti a confermare che questa è la sola strada da percorrere.

Non è la prima volta che il Presidente della Repubblica ragiona sul dettato costituzionale. In passato ha ricordato che i padri costituenti non guardavano con favore alla possibilità della rielezione del Capo dello Stato cui veniva affidato un compito molto delicato per sette anni - un tempo molto lungo superiore a quello previsto per la normale durata delle Camere - in modo da sganciare potenzialmente l’iniziale maggioranza presidenziale dalle maggioranze politiche che si fossero nel tempo succedute. Proprio per evitare tentazioni nel Presidente uscente, la Costituzione ha previsto il cosiddetto semestre bianco, un periodo cioè in cui il Presidente viene privato di uno dei suoi poteri più significativi, quello di scioglimento del Parlamento, per impedirgli di esercitare una forma di pressione sull’organo deputato a scegliere il successore. Mattarella ha più volte ricordato di essere d’accordo con le preoccupazioni dei costituenti, auspicando una modifica costituzionale che esplicitamente vieti il doppio mandato presidenziale, ma ha anche aggiunto, forte dell’esperienza degli ultimi anni che hanno visto il progressivo sfarinarsi del quadro politico, che una tale modifica dovrebbe andare di pari passo con l’eliminazione del semestre bianco, in modo da consentire al Capo dello Stato di essere fino all’ultimo giorno nella pienezza di tutte le sue prerogative per poter intervenire in situazioni politiche che tendono ad essere sempre più ingarbugliate.

Mario Draghi, dal canto suo, ha dimostrato di avere una sensibilità politica ed istituzionale di gran lunga maggiore di quella di molti leader politici e di molti appassionati di manovre e retroscena. Considerare “improprio” l’argomento delle elezioni presidenziali significa dire che nella scelta del Presidente della Repubblica non possono esserci candidature. Questo non significa che la scelta debba essere il frutto di accordi necessariamente ecumenici. Significa che, anche in caso di formazione di maggioranze più ristrette e di confronto tra più ipotesi deve esserci un idem sentire relativamente alla figura del Capo dello Stato, che il nostro ordinamento configura come istituzione super partes e garante di una Costituzione che è patrimonio di tutti.

Per molti decenni questa consapevolezza è stata condivisa da tutte le forze politiche ed è stata foriera di un grande e generale rispetto verso l’istituzione presidenziale, sia quando le scelte sono state operate con larghe maggioranze (Pertini, Cossiga) sia quando sono emerse da convergenze più ristrette. Il solo caso in cui la scelta è intervenuta in condizioni di estrema politicizzazione (Leone) rappresenta, nella sua dolorosa conclusione, l’eccezione che conferma la regola.

Mattarella e Draghi hanno quindi ricordato, pur sembrando di voler parlare d’altro, che la figura del Presidente della Repubblica va sottratta alla politique politicienne fin dal momento della elezione. Ovviamente ciò implica la presenza di un quadro politico sorretto da un equilibrio e verrebbe da dire da una serenità di fondo. Malauguratamente, da tempo il Paese non può giovarsi di una simile condizione, né si vedono all’orizzonte schiarite decisive.

È questa considerazione sulla frammentazione del quadro politico a farci ritenere che, in un momento cruciale come quello che stiamo vivendo, cioè ad un bivio tra la possibilità di ripresa e la definitiva retrocessione economica e finanziaria, sia indispensabile che le forze politiche, prima di rendere l’Italia caotica all’interno ed illeggibile all’estero, abbiano l’umiltà di capire che il tempo per rimettersi, come è giusto che sia, al servizio del Paese, è decisamente più lungo di quello che alcuni tra i loro più impazienti leader vorrebbero che fosse.

Del resto, la nostra Costituzione, nell’indicare la via maestra, non impedisce di imboccare la via migliore quando le circostanze lo richiedono. Oggi la via migliore è la continuità ai vertici della Repubblica.

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