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Lodevoli intenzioni

Anche oggi i giornali dedicano molto spazio al problema delle lungaggini burocratiche. Segnaliamo in particolare un’attenta analisi sul Messaggero di Osvaldo De Paolini che elenca le risorse, invero molto consistenti, cui l’Italia potrebbe accedere mediante i diversi fondi europei – dal Mes al Recovery Fund – ma esprime la preoccupazione che gli ostacoli della burocrazia rendano difficile la spesa di queste risorse. Anche il professor Cassese, interrogato dal Foglio, analizza gli ostacoli che si annidano nel percorso burocratico della spesa pubblica. Altri giornali riferiscono del lavoro che sta facendo la Presidenza del Consiglio su questo stesso tema.

Il Commento Politico condivide lo spirito che anima questi interventi augurandosi che questi sforzi consentano di individuare e poi eliminare gli intralci che impediscono alle intenzioni di spesa di realizzarsi con successo. Tanta attenzione riservata alle procedure di spesa sembrerebbe implicare che vi siano sugli scaffali dei ministeri, delle Regioni e dei Comuni, dei progetti già definiti in tutti i dettagli e fermi a causa degli impacci della burocrazia.

Noi ci augureremmo che le cose stessero così. E’ possibile che vi siano molti progetti negli scaffali ed è probabile che essi, nel loro insieme, ammontino addirittura al multiplo dei fondi che, nella migliore delle ipotesi, potremmo ricevere dall’Europa. Ma se è così, bisognerà pur procedere a scegliere quali e quanti di essi siano meritevoli di essere finanziati.

Accanto alle semplificazioni delle procedure non bisognerebbe stabilire i criteri per decidere quali siano i progetti dello Stato, delle Regioni, dei Comuni che realmente favoriscono una ripresa duratura dell’economia italiana? Forse tutti i progetti sono buoni, ma è inevitabile che alcuni, come nella Fattoria degli animali, siano più buoni degli altri. Chi fa la scelta fra questi progetti? Si stabiliscono dei criteri di selezione o si aspetta che i ministri, i presidenti delle Regioni e i Comuni si accapiglino intorno al tavolo del CIPE?

E infine. L’Europa non porrà le condizioni alle quali in passato ci ha abituato, ma forse qualcosa vorrà sapere. Vorrà sapere se c’è un interlocutore unico per questi fondi, cioè se c’è un centro di coordinamento in seno al Governo italiano responsabile della pianificazione della spesa, e vorrà sapere intorno a quali idee di fondo è ispirato il programma italiano. Prepariamoci, dunque, a ricevere qualche domanda. Ed anche se queste domande non dovessero venire, sarebbe comunque necessario dare un certo ordine a una spesa così ingente da cui può dipendere la ripresa del Paese. L’occasione del Recovery Fund è forse l’ultima occasione di agganciare l’Italia al treno europeo. Cerchiamo di non sprecarla.

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