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Non dire quattro....

Si ha l’impressione, leggendo i giornali di oggi, che la politica italiana dia per scontato che nei prossimi mesi arriverà gran copia di fondi europei. Si legge che dovrebbero arrivare 170 miliardi di euro (più l’eventuale MES) e che il governo potrebbe accettare un piccolo taglio rispetto a questo ammontare. Al presidente Macron e soprattutto alla cancelliera Merkel spetterebbe tenere a bada i famosi Paesi frugali. E comunque, quando saranno arrivati tutti questi fondi, allora decideremo se ci serve o no il MES. Fino ad allora non ci sarebbe bisogno di fare altro.

Non vorremmo che l’Italia si stesse facendo soverchie illusioni. Un Paese che dice che userà il MES solo se gli altri fondi non saranno sufficienti rischia di incentivare una riduzione del fondo principale.

Sarebbe invece di grande aiuto per i nostri amici europei – e per fortuna ne abbiamo, almeno fino a che Salvini e Meloni sono all’opposizione – se l’Italia cominciasse a delineare ciò che intende fare con le risorse che arriveranno. Altrimenti avrebbe ragione Enrico Cisnetto a scrivere nel suo commento settimanale che gli Stati Generali sono stati un’occasione persa.

Il governo potrebbe ben tener conto del contributo agli Stati Generali del Governatore della Banca d’Italia che ha indicato tre precise priorità: le infrastrutture, con particolare riferimento a quelle con alto contenuto innovativo come la banda larga; la formazione dei giovani nella scuola e nell'Università, in cui investiamo molto meno della gran parte dei Paesi europei; la ricerca, in cui lo Stato italiano investe oggi la metà in rapporto al Pil degli altri paesi dell'Unione.

La cosa che il governo può ed anzi deve fare è definire al più presto la cifra complessiva che serve per il rilancio dell'economia italiana. Una parte di queste risorse sarà attinta dai fondi europei, ma un'altra parte dovrà provenire dal bilancio dello Stato e, poiché sarà in deficit, si appoggerà sugli interventi della BCE. In sostanza la questione riguarderà il burden sharing fra le istituzioni europee, soprattutto per quanto riguarda la parte finale dell'anno in corso, che è quella che presenta le maggiori criticità.

Il governo ritiene che non sia possibile muoversi prima delle definitive decisioni europee. Questo non può implicare che la fase che ci separa da quelle decisioni resti inutilizzata. Non c’è tempo di perdere tempo.

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