All'indomani delle elezioni europee Il Commento Politico scrisse che il declino dell'on. Meloni era iniziato. Esso era segnalato dal fatto che era diminuito il numero dei voti raccolti rispetto alle elezioni politiche (anche se in percentuale, dato il calo dei votanti, avrebbe potuto non essere evidente), mentre il PD era cresciuto in voti e in percentuale. Ma - dicevamo - il problema per la destra stava nella sua litigiosità, che avrebbe messo in discussione la supremazia di cui l'on. Meloni aveva goduto all'indomani delle elezioni politiche, sottolineando, d’altra parte, l'evidente ripresa del centrosinistra.
Le elezioni di ieri in Emilia-Romagna, e soprattutto in Umbria, confermano quella diagnosi. Dicevamo anche, in quel commento all'esito delle elezioni europee, che la svolta a destra in Germania, in Francia, in Olanda e altrove era il segnale di uno scivolamento a destra di quei paesi, dove stava avvenendo quanto avvenuto in Italia con le elezioni del 2022 e che avrebbe potuto condurre le destre di quei paesi al governo. L’Italia, insomma, appariva anticipatrice di una tendenza molto negativa che ora si manifestava in tutta l’Europa. Concludevamo, però, che come eravamo stati i primi ad ammalarci, avremmo potuto essere i primi a superare la malattia.
All’indomani della tornata elettorale che ha coinvolto due importanti regioni italiane, ci sembra ora poter confermare che l'esperimento di destra in Italia è in evidente difficoltà. La strada che ha davanti l'on. Meloni è irta di problemi. Il primo si chiama autonomia regionale. Qualche giorno fa abbiamo fatto notare - unici o fra i pochi - che una legge di 12 articoli che riceve 7 rilievi di incostituzionalità dalla Corte Costituzionale costituisce quasi un record. Abbiamo visto che l’on. Calderoli - ha forse letto le nostre considerazioni - cerca di aggirare l'argomento sostenendo che i 7 rilievi accettati dalla Corte sono una percentuale molto bassa degli oltre 40 rilievi di incostituzionalità proposti dalle regioni ricorrenti e dunque - dice - la legge sarebbe costituzionalmente valida per la Consulta. Capiamo la maldestra autodifesa dell’on. Calderoli. Ma resta il fatto che Giorgia Meloni, la quale sa che il paese è contro la devoluzione dei poteri alle Regioni, deve decidere se afferrare l'occasione datale dalla Corte per fermare la legge o se invece subirà il diktat leghista di andare avanti, perdendo ulteriori consensi. Dopodiché dovrà decidere come procedere con il premierato, sapendo che in quel caso il rischio di essere sconfitta nel referendum è altissimo. Infine, c'è la riforma della giustizia, su cui il primo partito a dissentire dal ministro Nordio sono proprio i Fratelli d'Italia.
Questo è il quadro politico all'indomani delle elezioni di questo fine settimana. Resta per la sinistra il problema di costruire una proposta in positivo, che veda come protagonisti non solo in PD ma anche una componente che possa essere definita di centro. Calenda e Renzi sono usciti di scena, ma lo spazio politico che essi avevano cercato senza successo di occupare ha tuttora bisogno di una forte e significativa rappresentanza. Chi saprà farlo? Se il centrosinistra risolverà questo problema, la fine dell'esperimento di destra in Italia potrebbe farsi molto vicino.
19 novembre 2024
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