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Tertium non datur

Il presidente del Consiglio ha dichiarato stamani a Repubblica che la preparazione del Piano italiano del Recovery è molto avanti e che lunedì prossimo, 7 dicembre, vi sarà una riunione “dei ministri per approvare il budget … e per approfondire la sessantina di progetti che hanno superato il vaglio preliminare”. Ha anche dichiarato che i progetti vengono scelti dal potere politico fra quelli presentati dalle varie amministrazioni centrali o territoriali. La realizzazione viene affidata ai proponenti, ma verranno nominati dal governo 6 managers – coadiuvati da una struttura di un centinaio di tecnici - con il compito di seguire o, se del caso, sostituirsi alle “stazioni appaltanti”. L’attività dei managers sarà sotto il controllo di una cabina politica di regia costituita dal presidente del Consiglio, dal ministro dell’Economia e da quello dello Sviluppo economico, “con la responsabilità di riferire periodicamente al CIAE e al Parlamento”.

Si tratta di un approccio alla questione la cui fattibilità ed efficacia solleva molti dubbi.

Il primo è di ordine politico. In un’intervista di oggi alla Stampa, il senatore Renzi, che è componente essenziale della maggioranza, si è dichiarato contrario all’istituzione di ogni tipo di task force, sia politica che tecnica. Egli ritiene che il Piano italiano debba essere gestito a livello politico dal Consiglio dei Ministri e a livello tecnico dalle amministrazioni ordinarie.

Secondo dubbio: se, come dice il presidente del Consiglio, il Piano italiano non è in ritardo, perché istituire le strutture e le procedure ad esso preposte con un emendamento ad una legge di bilancio tutta destinata al cosiddetto “ristoro”? E per di più in una legge di bilancio su cui sarà posta la fiducia, su cui cioè non sarà possibile alcun approfondimento circa i motivi e circa la validità della proposta del governo? Non sarebbe meglio attendere un paio di settimane e, a legge di bilancio approvata, andare in Parlamento a illustrare compiutamente il Piano per poi procedere sentite le Camere?

C’è, infine, un terzo dubbio che riguarda il merito della proposta illustrata a Repubblica dal presidente del Consiglio. È un dubbio che sollevano due illustri professori, la cui autorevolezza non è solo accademica ma deriva anche dal loro cursus honorum.

Il professor Sabino Cassese, intervistato dal Domani, pone la questione in termini assolutamente netti. Dice che nell’impostazione del Piano italiano si possono seguire due diverse strade fra loro alternative e aggiunge che va fatta una scelta chiara fra queste due e che non ne esiste una terza. Insomma – dice Cassese - un chiarimento sul modello che si intende seguire è condizione preliminare essenziale per poi passare alla individuazione dei contenuti e ai problemi di buona esecuzione dei progetti. Cassese spiega anche quali sono i due modelli. Uno è la creazione di un istituto al quale affidare la definizione, nell’ambito degli indirizzi politici del governo, dei progetti di cui si compone il Piano italiano e la loro esecuzione. È il modello della Cassa per il Mezzogiorno (e aggiunge Cassese: di De Gasperi). L’altro modello prevede di utilizzare, nella progettazione e nella esecuzione del Piano, le amministrazioni centrali o territoriali ordinarie. Non c’è una terza strada, o meglio non è una terza strada quella delineata confusamente dal governo. Non c’è cioè una terza strada in cui i progetti vengono scelti dal potere politico fra quelli presentati dalle varie amministrazioni centrali o territoriali; la realizzazione viene affidata ai proponenti, ma viene nominata dal governo una task force di alta amministrazione.

Sul Sole 24 ore di oggi il professor Mario Baldassarri pone un’altra serie di questioni che non possono essere sottovalutate. Baldassarri chiede cosa si intenda fare del CIPE, che comprende tutti i ministri di spesa ed è integrato secondo occorrenza dai rappresentanti di altri enti pubblici e a cui per legge spetta il coordinamento fra le amministrazioni. Baldassarri è giustamente preoccupato del fatto che la creazione di nuove cabine di regia politiche e amministrative realizzi una giustapposizione di competenze e una confusione di ruoli destinata a rallentare e a rendere meno efficace il Piano italiano.

Effettivamente, il Piano illustrato dal presidente del Consiglio appare ancora non adeguatamente meditato.

Abbiamo il dovere di chiedere che esso non sia trattato alla stregua di quei pasticci che passano in Parlamento approfittando della fiducia e delle imminenti vacanze invernali.

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