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“Troppo dolce comincia la scena…”

Sembra che la citazione di John Maynard Keynes nella relazione della Banca d’Italia abbia messo d’accordo tutti. Oggi non possiamo non dirci keynesiani, si direbbe parafrasando il filosofo. Questo fa particolarmente piacere al Commento Politico che all’atto della sua presentazione ha indicato proprio l’economista di Cambridge fra i suoi punti di riferimento principali.

Noi, tuttavia, nel nostro commento di ieri avevamo citato anche un secondo passo delle Considerazioni Finali che ci era sembrato altrettanto importante: un passo nel quale il Governatore aveva, per così dire, precisato e circoscritto il suo riferimento a Keynes, distinguendo chiaramente fra la spesa pubblica purchessia e la spesa pubblica produttiva. Scrive infatti Ignazio Visco: “I ritardi rispetto alle economie più avanzate non possono essere colmati con un aumento della spesa pubblica se non se ne accresce l’efficacia e se non si interviene sulla struttura dell’economia. L’azione della politica monetaria, che pure resterà a lungo straordinariamente accomodante, non potrà sostituirsi agli interventi necessari per innalzare il potenziale di crescita. Le risorse vanno indirizzate dove si possono ottenere i rendimenti sociali più elevati.”

Il Keynes del Governatore, che è anche il nostro, è quello di cui ha parlato tante volte Pierluigi Ciocca, che proponeva una norma per obbligare il bilancio dello Stato al pareggio della parte corrente e ammetteva fra le spese finanziabili in deficit solo quelle di cui fosse accertata la redditività economica e sociale. È il Keynes che nel 1944 scriveva a Hayek, che prospettava i pericoli dell’intervento dello Stato nell’economia, di essere totalmente d’accordo con lui sui pericoli insiti negli eccessi della spesa pubblica. Per Keynes però vi sono circostanze in cui l’intervento dello Stato, è indispensabile, ma in questi casi è altrettanto indispensabile che chi si occupa di questa attività sia ispirato dalla consapevolezza dei pericoli della spesa pubblica improduttiva.

Dunque la strada delineata dalla Banca d’Italia non è quella della spesa pubblica purchessia e dell’assistenza generalizzata a chiunque si faccia avanti. È una politica severa che guarda al domani, capace di dire no agli interessi di parte in nome dell’interesse collettivo. Se la si vuole percorrere bisogna individuare strutture e procedure che garantiscano di separare il grano dal loglio. Per questo il Commento Politico ha proposto che venga individuata una sede autorevole in seno al Governo che abbia la responsabilità da un lato di interloquire con l’Europa - che sarà molto attenta alle destinazioni dei fondi e alla qualità della spesa – e dall’altro di predisporre il piano delle destinazioni delle risorse e di definire i criteri obiettivi per la scelta dei progetti migliori.

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