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Un’occasione per l’Europa

Nell’editoriale di ieri abbiamo ricordato la profezia di Jean Monnet secondo la quale la costruzione dell’unità europea sarebbe avvenuta attraverso le crisi. E abbiamo aggiunto che forse quanto sta avvenendo in questi mesi ne è la conferma.

Di fronte alla più grave crisi economica dal dopoguerra, l’Europa ha finalmente abbandonato le sterili politiche restrittive seguite per anni con risultati deludenti: quell’approccio, rivelatosi inutile sul piano del risanamento finanziario, ma dannosissimo su quello dello sviluppo, ha provocato prima una progressiva perdita di autorevolezza e di credibilità delle istituzioni europee e poi la conseguente crescita di consensi dei movimenti sovranisti in tutti gli Stati dell’Unione. Il Covid ha preteso una forte e risoluta risposta di segno opposto e, pur tra qualche difficoltà, i governanti europei hanno deciso di mettere nuovamente a fattor comune le loro prospettive, di concerto con la Bce che ha proseguito l’azione di sostegno ai debiti sovrani iniziata con Mario Draghi, eliminando la condizionalità del Mes e varando strumenti nuovi come il Sure e l’imponente Next Generation Eu. La fiducia nella costruzione europea ha preso nuovo slancio e le voci separatiste hanno cominciato a perdere vigore in tutti gli Stati membri.

Da questa nuova atmosfera stanno nascendo altre idee di convergenza assolutamente inattese fino ad un anno fa. È di ieri la proposta della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, di un piano europeo per il vaccino anticovid che potrebbe ben costituire il primo passo per la realizzazione di una politica sanitaria europea.

La stessa forte dialettica in corso tra Parlamento europeo, Consiglio e Commissione circa la compatibilità tra gli interventi straordinari deliberati ed il bilancio settennale dell’Unione, provoca sì un qualche ritardo per la definitiva messa a punto del quadro finanziario europeo e per l’avvio del Next Generation EU, ma nello stesso tempo rivela la consapevolezza dei partiti europeisti di dover proseguire, se non incrementare, gli sforzi comuni in molti settori strategici per il futuro benessere dei cittadini dell’Unione. Il mutamento delle condizioni internazionali intervenuto negli ultimi anni nei mercati e più in generale nella geopolitica, pretende una convergente voce europea che travalichi le tradizionali aree d’intervento e si estenda ai settori dove effettivamente ha luogo la competizione internazionale: dall’alta tecnologia, al clima, alla protezione della privacy, al confronto con le posizioni di monopolio e di eccessivi privilegi fiscali detenuti dalle grandi multinazionali dei big data.

Ci chiediamo oggi se i recenti efferati episodi di terrorismo avvenuti in Francia non costituiscano un’ulteriore conferma della profezia di Monnet. L’Europa sta assistendo inorridita ad azioni che rappresentano un violento e diretto attacco ai suoi valori fondanti di libertà e tolleranza. La solidarietà espressa alla Francia da tutti Paesi del mondo sembra insufficiente a realizzare la risposta effettivamente necessaria a questa escalation. Ma forse l’Europa comprenderà che la sfida la investe direttamente nel suo insieme. Oggi l’Europa è più sola che in passato. Non solo perché accerchiata dal neoespansionismo politico russo o da quello economico cinese. Ma perché i legami transatlantici si sono allentati da quando il baricentro della politica estera americana si è spostato verso il Pacifico. Si tratta di un processo difficilmente reversibile a breve anche in caso di sconfitta di Trump, che di questa posizione di Washington è stato l’interprete più rozzo. È ad una nuova generazione di leaders americani che, probabilmente, dovranno rivolgersi i governanti europei nei prossimi anni al fine di ricostituire su solide basi un’alleanza che resta indispensabile per entrambe le sponde dell’Atlantico.

Ma è opportuno che lo facciano in ordine sparso, come fin qui è avvenuto? È opportuno che, smorzatisi gli echi della solidarietà intraeuropea, resti sul campo solo il confronto tra la Francia e la Turchia? O che prevalgano, per converso, mai sopite pulsioni per un nuovo scontro tra religioni? Sarebbero entrambe opzioni inutilmente estreme ed insieme funzionali ai progetti di chi punta ad un indebolimento dell’Europa.

Le vittime di Parigi non devono essere la Danzica francese o la Danzica di un Europa disponibile ad uno scontro tra civiltà. Potrebbero essere, invece, la dimostrazione che è giunto il momento di realizzare l’antico sogno dei padri fondatori di una comune politica estera e di difesa.

L’Italia, nel proprio e in un più generale interesse, potrebbe e dovrebbe saper svolgere un ruolo importante in una situazione che si è rimessa in movimento.

Il Commento Politico ritiene che l’Europa, o meglio la nuova Europa che tra mille difficoltà comincia ad intravedersi sul piano economico, sociale e politico, dovrebbe essere la piattaforma su cui stabilizzare il quadro politico del nostro Paese.

Torneremo su questo punto. Sarebbe auspicabile che, negli ormai prossimi Stati Generali, i Cinquestelle, cioè il partito che conserva la maggioranza relativa in Parlamento, dessero una risposta chiara e definitiva sulla propria collocazione e sensibilità europeista. Questo risultato non solo stabilizzerebbe l’attuale quadro politico e di governo, ma realizzerebbe condizioni che potrebbero risultare necessarie se i consensi di cui ha fin qui goduto l’esecutivo dovessero rapidamente scemare.

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