Via Rasella e le Fosse Ardeatine sono argomenti per me particolarmente sensibili. Come ho già avuto modo di scrivere su queste pagine, ho avuto la fortuna di essere amico e di frequentare per molti anni Rosario “Sasà” Bentivegna, il principale protagonista dell’azione di via Rasella ed alle Fosse Ardeatine giace Eusebio Troiani, cugino di mio padre, barbaramente torturato dalla famigerata banda Koch e poi trucidato dai nazifascisti. Avendo avuto modo negli anni di approfondire le questioni relative ai due eventi, che comunque continuano a essere divisivi, di fronte al tentativo di riproporre interpretazioni palesemente false, chiedo di nuovo ospitalità al Commento politico per fare alcune riflessioni e precisazioni.
Particolarmente gravi sono le parole del presidente del Senato Ignazio La Russa, parzialmente ma insufficientemente ritrattate, mentre ancora una volta si coglie una profonda ambiguità nelle parole della premier Meloni a proposito delle dichiarazioni di La Russa. Se da un lato, infatti, definire l’uscita di La Russa come una “sgrammaticatura istituzionale” significa avallare il giudizio che le forze di opposizione danno dell’idoneità di La Russa a ricoprire la carica che attualmente detiene, dall’altra parlare di sgrammaticatura istituzionale significa condannare la forma ma non la sostanza delle affermazioni del presidente del Senato. Come ha osservato Giorgio La Malfa qualche giorno fa in un’intervista su Repubblica .
il linguaggio del’on. Meloni è attento a evitare una condanna esplicita del fascismo. Sono queste ambiguità che impongono di tornare ancora una vota sui fatti di via Rasella.
Il contesto di riferimento: sentenze e riconoscimenti
Anche se la storia non si fa nei tribunali, un qualche valore storico hanno gli atti, le sentenze e i loro dispostivi che in sede civile, penale e militare in tutti i gradi di giudizio hanno coinvolto i principali protagonisti di via Rasella e delle stesse Fosse Ardeatine.
Sentenze che hanno coinvolto i membri dei GAP (Gruppi di Azione Patriottica) aderenti al PCI, in primis Rosario “Sasà” Bentivegna (1922 – 2012) e la sua compagna Carla Capponi (1918 – 2000), per finire a Herbert Kappler (1907 – 1978), Erich Priebke (1913 – 2013) che organizzarono ed eseguirono la strage delle Fosse Ardeatine, senza dimenticare la catena di comando nazista operante in Italia con le sentenze dei processi ad Albert Kesserling (1885 – 1960), a Eberhard von Mackensen (1889 – 1969) e a Kurt Malzer (1894 – 1952).
Non vanno altresì dimenticati, in tale quadro, le azioni legali avviate negli anni da Sasà Bentivegna e Carla Capponi, con conseguenti risarcimenti a loro favore.
Nell’archivio del Senato esiste un "fondo Bentivegna" dove è possibile reperire tutte le informazioni sulla sua attività ed anche sulle azioni legali da lui promosse.
Sasà Bentivegna - tra le altre - ha avviato azioni legali nei confronti di celebri scrittori e giornalisti come Indro Montanelli e Mario Cervi che furono costretti a ritirare trentamila copie del volume L’Italia nella guerra civile, ma anche nei confronti di Vittorio Feltri, Francobaldo Chiocci ed altri de Il Giornale costretti nel 2003 a riconoscere un risarcimento di 45.000 euro, per non parlare della querela intentata da Carla Capponi contro Il Tempo costretto a riconoscere nel 2009 un indennizzo alla figlia Elena (Carla Capponi scomparve nel 2000).
“Last, but not least” – ci perdoni l’on. Fabio Rampelli – il giornalista Bruno Vespa fu costretto nel 2005 a ritrattare certe affermazioni senza alcun fondamento nella prima edizione del suo libro Da Mussolini a Berlusconi contro i GAP e Bentivegna in particolare che a tal proposito, stanco di procedere ad avviare querele anche data la sua età (all’epoca 84 anni) e soprattutto i tempi necessari alla Giustizia per pronunciarsi, pubblicò il carteggio intercorso con Bruno Vespa (che peraltro acconsentì alla pubblicazione) nel libro Via Rasella. La Storia mistificata da cui ho tratto il titolo per il presente articolo.
Oltre ai citati processi Kappler, Kesserling, Mackesen e Maeltzer, oltre al successivo riguardante Priebke, sempre nel menzionato “fondo Bentivegna” dell’Archivio del Senato si citano le varie sentenze su via Rasella che fedelmente si riportano.
· Nel 1949 ha inizio la vicenda processuale per l'azione partigiana di Via Rasella compiuta a Roma il 23 marzo 1944. La causa viene intentata in via civile, per risarcimento danni, da cinque famigliari di caduti nella strage nazista delle Fosse Ardeatine contro i membri della Giunta militare del Cln Giorgio Amendola, Riccardo Bauer e Sandro Pertini, nonché i membri dei Gap centrali, autori dell'azione di Via Rasella: Carlo Salinari, Franco Calamandrei, Carla Capponi e Rosario Bentivegna.
· Il 9 giugno 1950 la I sezione del Tribunale civile di Roma rifiuta la richiesta di condanna definendo l'azione di Via Rasella azione di guerra legittima in quanto "atto di ostilità a danno delle forze militari occupanti" e non un "attentato compiuto per un interesse particolare di un partito politico".
· La sentenza è confermata dalla Corte di appello di Roma, il 5 maggio 1954 e dalla successiva pronuncia della Suprema Corte di Cassazione del 9 maggio 1957.
· La vicenda processuale di Via Rasella si riapre durante il processo con il colonnello delle SS Erich Priebke, processato dal Tribunale militare di Roma nell'estate del 1996 per la strage delle Fosse Ardeatine. Il 27 giugno 1997, alla vigilia della sentenza d'ergastolo del criminale nazista, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, Maurzio Pacioni, chiamava a rispondere del reato di strage Rosario Bentivegna, Carla Capponi e Pasquale Balsamo, ultimi membri dei Gap sopravvissuti all'azione partigiana del 23 marzo 1944. Con l'ordinanza emessa dal Gip si vuole accertare se l'azione partigiana sia stata predisposta per eliminare partigiani e altri membri della resistenza romana non comunisti. Il decreto esprime dubbi sulla finalità politica dell'azione di Via Rasella invitando ad altra istruttoria tesa ad appurare l'esistenza di manifesti che avrebbero invitato i partigiani a consegnarsi al Comando tedesco di Roma, pena la minaccia di una rappresaglia nel rapporto di 10 a 1.
· Il 16 aprile 1998 il giudice Pacioni archiviava il caso, dopo aver udito numerosi testimoni. Il 13 febbraio 1999 Bentivegna, Capponi e Balsamo impugnavano l'ordinanza di archiviazione davanti alla Suprema Corte di Cassazione ritenendo il provvedimento "abnorme" alla luce della giurisprudenza e della consolidata dottrina.
· La I sezione penale della Cassazione ha chiuso la vicenda con la sentenza n.1560/99 per non luogo a procedere vista l'inesistenza di reato.
· L'ultima parola su via Rasella è stata scritta il 23 maggio 2007 dalla III sezione civile della Cassazione di Roma che ha definito l'azione partigiana "legittimo atto di guerra rivolto contro un esercito straniero occupante e diretto a colpire unicamente dei militari". L'azione partigiana di Via Rasella è stata riconosciuta legittimo atto della guerra di liberazione anche nelle motivazioni delle qualifiche e onorificenze concesse a Bentivegna in qualità di “partigiano combattente”.
Paradossalmente, una causa venne persa da Bentivegna nella querela intentatagli da Priebke durante il processo che lo condannò all’ergastolo, poiché nonostante alcuni testimoni, i giudici non ritennero provata la presenza di Priebke in qualità di torturatore in Via Tasso a Roma, come affermato dallo stesso Bentivegna.
Sempre il citato “fondo Bentivegna” dell’Archivio del Senato riporta i riconoscimenti da questi conseguiti.
· Nel 1950 il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri Alcide De Gasperi, gli ha conferito una medaglia d'argento al V.M. per la sua attività di guerriglia all'interno della città di Roma, con esplicito riferimento all'attacco partigiano di Via Rasella del 23 marzo '44.
· Bentivegna ha ottenuto anche una medaglia di bronzo al V.M. per aver svolto attività partigiana sui Monti Prenestini, dietro le linee tedesche del fronte di Cassino. Per la sua qualifica di partigiano combattente nella Resistenza, in Italia e all'estero, è stato proposto per la medaglia d'oro al V.M.
· Nel 1952 il Comando Generale delle Brigate Garibaldi ha conferito a Bentivegna e a Giorgio Amendola la "Stella d'oro garibaldina", onorificenza concessa a pochissimi combattenti della Resistenza.
· In occasione del 20° e del 40° anniversario della sconfitta della Germania nazista, ha ricevuto due onorificenze dall'Urss per essersi messo al comando di alcuni partigiani sovietici evasi dai campi di concentramento fascisti dopo l'8 settembre del '43, durante la guerra partigiana sui monti Prenestini.
· La Repubblica Federativa di Jugoslavia gli ha concesso la "Stella d'argento di Cavaliere".
· Nel 1977 il Ministero della Difesa gli ha assegnato la Croce al merito di guerra per attività partigiana.
· Nel biennio 1968-69 Rosario Bentivegna viene incaricato dal Pci di organizzare il trasporto clandestino via mare dei dirigenti clandestini del Partito comunista greco, perseguitati dal regime fascista del "colonnelli" e condannati a morte. Bentivegna si mette così a capo di una missione segreta, di cui fa parte anche la figlia Elena, e con un motoscafo d'altura riesce a trasportare in Italia i dirigenti comunisti greci muniti di documenti falsi. Scoperto e denunciato, si vede costretto a interrompere la sua attività clandestina, che continua dall'Italia. Dopo la fine della dittatura in Grecia riceve un riconoscimento ufficiale dal Governo democratico di Papandreu.
In uno dei suoi libri (Via Rasella. La storia mistificata) lo stesso Bentivegna elenca i riconoscimenti conseguiti agli altri componenti dei GAP Centrali che operarono direttamente e indirettamente anche in via Rasella:
ANTONELLO TROMBADORI, dopo aver conseguito la medaglia d’argento al V.M. durante la campagna di Grecia arruolato come bersagliere, ottenne da De Gasperi una medaglia d’argento al V.M.; CARLO SALINARI, due medaglie d’argento al V.M. da De Gasperi; FRANCO CALAMANDREI, una medaglia d’argento e una di bronzo al vm da De Gasperi; PASQUALE BALSAMO, una medaglia di bronzo al V.M. da De Gasperi ed un’altra di bronzo sempre al V.M. dal Luogotenente del Regno; ERNESTO BORGHESI, medaglia d’argento al V.M. da De Gasperi; MARIO FIORENTINI, tre medaglie d’argento al V.M. da De Gasperi, una medaglia Donovan (USA), una medaglia Special Force (GB) come agente segreto a favore di USA e Gran Bretagna; CARLA CAPPONI, medaglia d’oro al V.M. da De Gasperi; FRANCESCO CURRELI, medaglia d’argento al V.M. da De Gasperi; FRANCO DI LERNIA, medaglia d’argento al V.M.; DUILIO GRIGIONI, medaglia d’argento al V.M. da De Gasperi; GIORGIO LABO’, medaglia d’oro al V.M.; MARISA MUSU, medaglia d’argento al V.M. da De Gasperi; LUCIA OTTOBRINI, medaglia d’argento al V.M. da De Gasperi; SILVIO SERRA, medaglia d’oro al V.M. da De Gasperi; FERNANDO VITALIANO, medaglia d’argento al V.M. da De Gasperi.
Bruno Vespa nel contestato e in parte corretto libro Da Mussolini a Berlusconi afferma che secondo quanto a lui detto da Giulio Andreotti, Alcide De Gasperi non sapeva nulla dell’azione di via Rasella e immediatamente dopo l’aveva disapprovata.
A distanza di pochi anni Alcide De Gasperi ci avrà ripensato perché come presidente del Consiglio ha insignito i gappisti partecipanti all’azione di via Rasella delle citate medaglie al V.M.
Non bisogna pretendere certo che il sen. La Russa legga i libri con i quali Sasà Bentivegna ha cercato di rispondere alle mistificazioni storiche già all’indomani di via Rasella e delle Fosse Ardeatine (Achtung banditen, 1983 con nuova edizione integrata nel 2004; Operazione via Rasella. Verità e menzogna: i protagonisti raccontano in collaborazione con Cesare De Simone, 1996; Via Rasella. La storia mistificata. Carteggio con Bruno Vespa, 2006; Senza fare di necessità virtù. Memorie di un antifascista, 2011) né la copiosa letteratura storica in materia a cominciare dall’opera di Portelli.
Basterebbe al presidente del Senato consultare il “fondo Bentivegna” dell’Archivio dell’Istituzione che presiede per avere tutti i riferimenti storici e documentali sulle questioni così banalmente trattate.
Le principali questioni mistificate
Lo stesso Bentivegna e Cesare De Simone (giornalista e storico della Resistenza) nel libro Operazione via Rasella. Verità e menzogne (1996) rispondono con dovizia di particolari, riferimenti e approfondite riflessioni sulle varie questioni oggetto di reiterate mistificazioni.
Su tale base ed altri libri e documenti, oltre alle varie sentenze citate, riassumo i principali punti mistificati.
· È acclarato che non siano mai esistiti manifesti né avvisi con altoparlanti e/o via radio che invitavano i responsabili dell’azione di via Rasella a consegnarsi, pena la rappresaglia.
· La rappresaglia delle Fosse Ardeatine è stato un atto legittimo ai sensi della legge di guerra tedesca. Il processo di Norimberga ha definito tale legge tedesca “un crimine contro l’umanità” e che ai sensi dell’armistizio firmato dai nazisti il 10 settembre 1943, Roma veniva formalmente dichiarata “città aperta”. Le convenzioni de L’Aja del 1907 e di Ginevra del 1929 pongono stringenti condizioni per l’attuazione delle rappresaglie in tempo di guerra che non ricorrono assolutamente nella strage delle Fosse Ardeatine, a cominciare dal fatto che prima devono essere ricercati gli autori del fatto che provoca la rappresaglia la quale deve essere proporzionata ai danni ricevuti. Per tali motivi, anche da un punto di vista giudiziario, la strage delle Fosse Ardeatine è sempre stata considerata un atto illegittimo dalla magistratura italiana di ogni ordine e grado nei processi intentati nei confronti dei loro autori e/o responsabili diretti.
· I GAP e la Resistenza romana in generale sapevano che i nazifascisti avrebbero fatto rappresaglie ad ogni azione che avesse comportato la morte di qualcuno di questi. Durante l’occupazione nazifascista di Roma (10.9.1943 – 4.6.1944) furono compiute varie azioni dai partigiani che hanno causato la morte di una cinquantina (salvo via Rasella) di nazifascisti per le quali morti non si hanno notizie né documenti di relative rappresaglie, come ad esempio in occasione dell’attacco del 18.12.1943 a Piazza Barberini e del 10.3.1944 a via Tomacelli operati dai GAP. Mentre a Forte Bravetta continuavano periodicamente le fucilazioni di antifascisti senza alcun nesso di connessione con le azioni partigiane, a via Tasso continuavano le torture in servizio permanente effettivo e gli stessi rastrellamenti degli ebrei – a cominciare dai 1259 al Ghetto del 16.10.1943 – e gli altri periodici tra la popolazione civile.
· L’azione di via Rasella non aveva motivazioni valide dal punto di vista militare. A parte i vari riconoscimenti e medaglie al valor militare conferiti proprio per l’azione di via Rasella da Istituzioni politiche e militari in tempi in cui vigevano rigide logiche da “guerra fredda”; non considerando le plurime sentenze in cui è stato acclarato via Rasella come legittimo atto di guerra contro forze militari di Paesi invasori; senza dimenticare le cause vinte da Bentivegna ed altri gappisti nei confronti di vari giornalisti, vi sono documenti storici e una vasta, autorevole letteratura in materia che dimostra il contrario, a cominciare da quanto riferito dagli ufficiali di collegamento alleati (ad esempio l’agente Peter Tompkins dell’OSS). Dopo lo sbarco il 22.1.1944 le truppe alleate riscontrano una forte resistenza tedesca che le obbliga ad un imponente sforzo bellico durato quasi sei mesi prima di arrivare a Roma. Gli alleati chiedono alla Resistenza romana di non dare tregua ai nazifascisti a Roma per impedire che questi usino la città come snodo importante per rifornimenti alla prima linea. D’altro canto bisognava impedire che Roma facesse la fine di Stalingrado, con i nazifascisti asserragliati in città ad aspettare e combattere gli Alleati per difendere la seconda capitale dell’Asse e quindi di grande valore simbolico oltre che politico e militare. In tale quadro, Via Rasella si colloca all’indomani del terzo tentativo fallito alleato di superare Cassino ed avviarsi verso Roma e dalle stesse testimonianze di Kappler e Kesserling nei rispettivi processi si desume chiaramente il valore militare della Resistenza romana e dell’azione di via Rasella in particolare.
Sulla Compagnia Bozen, oggetto dell’azione di via Rasella, non inquadrata e comandata da SS e creata per esibizioni bandistiche ed orchestrali, non vale la pena soffermarsi, data la grottesca definizione ad onta di ogni riferimento storico.
Vale da ultimo la pena soffermarsi su certe allusioni – peraltro non espressamente chiarite – del presidente del Senato sulle critiche mosse da esponenti di sinistra sull’azione di via Rasella.
Se il riferimento era a quanto affermarono Pannella e Bobbio circa le analogie fra i GAP di via Rasella e la Resistenza in particolare romana e le Brigate Rosse e i terroristi di sinistra fra gli anni settanta e ottanta, val solo la pena rammentare – al di là di altre pur non secondarie differenze – che i GAP e la Resistenza romana combatterono spietati nemici di eserciti invasori e zelanti collaborazionisti, rappresentanti di crudeli dittature che con le loro guerre avevano provocato milioni di morti e la stessa Shoah.
Le Brigate Rosse e le altre formazioni terroristiche combattevano uno Stato democratico, pregiudicando con il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro una irreparabile svolta politico-istituzionale che ha impedito dopo trenta anni una vera democrazia dell’alternanza.
Conclusioni
Le vicende legate al 79° anniversario di via Rasella e delle Fosse Ardeatine hanno provocato in me, oltre allo sdegno, la necessità di riprendere in mano i vari libri che hanno trattato le due questioni, leggere i vari documenti ed articoli pubblicati, e questo è stato un gran bene per non consegnare ad una memoria confusa certi ricordi.
Non solo: ritornerò a breve alle Fosse Ardeatine ed in via Foscolo dove abitava Eusebio Troiani per leggere da vicino la targa a lui dedicata ed incontrare, come promesso, una signora che abita nell’appartamento accanto dove lui abitava. Il pensiero correrà infine a Sasà Bentivegna e alle splendide ore passate insieme. Piccoli, doverosi gesti, per me di grande importanza.
Sul tema dell’attentato di via Rasella e in occasione della recente pubblicazione del libro di Carlo M. Fiorentino L’armata delle ombre, la Fondazione Ugo La Malfa organizza un dibattito che si terrà il 18 maggio alle ore 21 in via di Sant’Anna 13, con la partecipazione di Luciano Canfora, Luciano Mecacci, Giorgio La Malfa e Carlo M. Fiorentino.
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