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È solo responsabilità della Politica e dei politici?

La scorsa primavera Il Commento Politico ha pubblicato un mio articolo sul cosiddetto “voto liquido", le forti variazioni dei consensi che intervengono da qualche anno agli appuntamenti elettorali, fenomeno che si riscontra anche nelle periodiche rilevazioni che fanno gli Istituti di ricerca sul “sentiment” politico.

Non ho molto approfondito le cause della mutazione intervenuta – come affermato da Ilvo Diamanti in un suo saggio – dal “voto devoto” al “voto liquido”.

Ho solo accennato alla grande partecipazione che nel passato vedeva molti cittadini frequentare assiduamente le sezioni di tutti i partiti, anche quelli di più ridotte dimensioni, sul territorio e/o nei cosiddetti “corpi intermedi” come i sindacati, le associazioni professionali e del Terzo Settore.

Una partecipazione che serviva ad informare e a formare e quindi selezionare gruppi dirigenti e candidati per gli organismi e/o per le varie rappresentanze istituzionali, sia territoriali che nazionali.

Il tutto era ovviamente favorito dalla forte connotazione politico-ideologica e dal rapporto spesso diretto (la famosa “cinghia di trasmissione”) fra partiti e corpi intermedi al cui interno coabitavano vere e proprie “componenti politiche” che negli specifici campi davano vita a un partecipato confronto sulle varie tematiche.

Non di rado, la stessa società civile consentiva ai vari partiti di cooptare al proprio interno o candidare alle varie elezioni autorevoli rappresentanti che mettevano a disposizione della Politica le proprie competenze specifiche ed il proprio bagaglio culturale.

Ai vertici dei vari partiti erano riconosciuti e rispettati leaders di grande caratura politica, se non carismatici, ma certamente non si poteva parlare di “partiti personali”.

Non era peraltro concepibile candidare persone sprovviste totalmente sia di esperienza politica, sia amministrativa che professionale.

Tale sistema nato nel dopoguerra è durato poco meno di cinquanta anni sino alla caduta del Muro di Berlino e poco più tardi alla dissoluzione della cosiddetta Prima Repubblica ad opera di “mani pulite”.

L’avvento di Berlusconi ha sostituito la partecipazione attiva nei comizi in piazza, nelle sezioni sul territorio, nei corpi intermedi, con la partecipazione passiva davanti al televisore con – fatto ancor più importante – l’affermazione di modelli culturali che in politica criminalizzavano gli avversari e nell’immaginario collettivo premiavano l’individualismo esaltandone i successi anche a scapito degli interessi generali.

La raccolta del consenso avveniva così con le stesse tecniche della pubblicità, martellando le persone considerate alla stregua di ipotetici clienti di prodotti cui vendere promesse, sogni, obiettivi irraggiungibili, anestetizzando qualsivoglia spirito critico e fornendo l’immagine di un modello di Paese e società al di fuori della realtà.

Le vicende giudiziarie di Berlusconi – tuttora non esaurite a distanza di quasi trenta anni – hanno ancor più polarizzato e radicalizzato le posizioni, con buona pace di un normale e costruttivo confronto politico.

Il tutto favorito ampiamente dalla crisi dei partiti tradizionali - di quei partiti cui si deve l’avvento della democrazia dopo il fascismo ed il boom economico dopo il disastro bellico - che in un rapporto di causa-effetto, ha ovviamente portato la crisi dei valori e degli ideali di cui erano portatori ed interpreti.

L’avvento prima di Internet e poi soprattutto dei social invece di favorire una partecipazione consapevole al perseguimento degli interessi generali accrescendo, con un maggiore ed istantaneo accesso alle informazioni, il bagaglio di conoscenze e quindi il bagaglio culturale, ha paradossalmente indotto verso il basso il livello culturale, favorito l’isolamento individuale e la distanza realmente partecipativa, incrementando con le fake news la criminalizzazione degli avversari ed inducendo i sempre più sprovvisti di spirito critico a credere alle volontà cospirative di non meglio precisati poteri forti.

In tale contesto, la stessa memoria storica delle basi fondanti la nostra democrazia, i principi e i valori della nostra Carta Costituzionale vengono offuscati se non disattesi impunemente, mentre assistiamo all’affermazione di forze politiche di stampo sovranista se non discendenti più o meno direttamente da infauste esperienze del passato che la Storia sembrava aver sepolto per sempre.

Ma la liquidità del voto che spesso indica il ricorso alla “pancia” e non al “cervello” da un lato e la crescente area dell’astensione e comunque della scelta all’ultimo momento dall’altro, sono imputabili esclusivamente alla scarsa attrattiva dell’offerta politica, all’oggettiva insufficienza della classe politica ed a sistemi elettorali che di fatto riducono la libertà di scelta degli elettori?

Ed ancora: è applicabile anche in politica il principio secondo il quale in commercio “il cliente ha sempre ragione”?

O forse non bisognerebbe iniziare a riflettere oltre che sulle responsabilità della Politica anche sulle responsabilità degli elettori, visto che sono quest’ultimi che di fatto eleggono i politici?

La democrazia non è infatti solo delega, è anche conoscenza ed impegno nonché assunzione piena di responsabilità anche nel solo esercizio del voto.

Ascrivere alla Politica ed ai politici tutte le responsabilità assume ogni giorno di più la caratteristica di una pericolosa china verso il qualunquismo e quindi verso pericolose derive.

D’altronde un Paese come l’Italia che conosce nel Terzo Settore e nel volontariato esperienze difficilmente paragonabili per dimensioni e qualità alle omologhe esperienze estere, deve assolutamente ritenere tramontata l’esperienza della partecipazione attiva alla Politica a favore di modelli culturali effimeri che confondono l’apparire con l’essere e l’ignoranza con l’aristocratico distacco?

Soprattutto, quali iniziative promuovere per sostanziare il concetto di una cittadinanza attiva alla Politica?

Su tali temi mi piacerebbe che si aprisse attraverso Il Commento Politico una riflessione approfondita e circostanziata.


Maurizio Troiani


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