Lettera da Washington
Un adolescente, armato e blindato come un guerriero, entra in un supermercato e uccide dieci persone, compresa una guardia, per contrastare un supposto piano segreto della sinistra americana di sostituire la popolazione bianca con popolazione di colore, rovesciando l’attuale demografia. Nessuno sospettava delle farneticazioni di questo giovane di classe media; nemmeno il suo liceo, da dove da settimane si era assentato al punto di essere espulso, ma nessuno aveva avvisato i genitori. Disponeva di un vero arsenale, ma era perfettamente legale secondo le leggi dello Stato di New York. Una volta arrestato, portato davanti a un magistrato e accusato di omicidio, si è dichiarato innocente.
La Corte Suprema degli Stati Uniti è in subbuglio: è circolata sulla stampa la bozza della decisione di abrogare le precedenti decisioni che affermavano l’esistenza di un diritto costituzionale all’aborto; terreno minato, perché è anche la pietra di volta di una giurisprudenza costituzionale che consacra molti alti diritti personali cari a una maggioranza di americani. Lo scandalo infiamma la sinistra, che difende questi diritti come una conquista della nazione, e la destra, scandalizzata che qualcuno abbia osato rendere pubblica questa sentenza che la Corte avrebbe voluto tenere nel cassetto, si presume, fino alle elezioni - con buona pace della apoliticità della Corte stessa.
Il governo spende troppo. E anche non abbastanza. Probabilmente allora per le cose sbagliate? Le tasse sono troppo alte, dice la destra, sorvolando sul fatto che il quadriennio di Trump ha visto il debito americano schizzare alle stelle: se le casse sono vuote e a Biden mancano i soldi per fare cose nuove, non si può fare, e c’est la vie. Se lo fa lo stesso, è inflazione. Il governo è debole nei confronti della Russia, brontolano a destra, e Trump aveva credito a Mosca e Biden no; ma si spende troppo per sostenere l’Ucraina. La benzina si è impennata, trascinando con sé i prezzi di tutto, colpa del governo che non concede licenze per aprire altre aree di trivellazione (ma quelle che sono disponibili non vengono sfruttate).
I mercati sono sottosopra. Una resa dei conti, letteralmente, si sta verificando a Wall Street, con effetti imprevedibili: in parte si tratta di posizioni troppo squilibrate in alcuni settori, in altri casi problemi della catena di approvvigionamento dell’industria, e mille altre motivi o spiegazioni. Intanto il Dow Jones è negativo da due mesi in qua. Si sente più spesso la parola “recessione”.
L’immigrazione è incontrollata, si dice che orde di latinoamericani si ammassino al lungo confine del Texas col Messico; certamente avranno i loro buoni motivi per lasciare paesi oppressi da criminali. Sono attesi da chi cerca mano d’opera precaria a buon mercato e la politica invece protesta perché non sono respinti con sufficiente energia. L’opposizione dimentica che fu durante la precedente presidenza che si introdusse la procedura abbreviata per consentire l’espulsione immediata, senza regolari formalità giuridiche, con l’effetto imprevisto di permettere a chiunque di riprovarci impunemente una, due, dieci volte, fino a riuscire a penetrare oltre la frontiera e diluirsi nell’immenso paese, o ad essere ingoiato dall’implacabile deserto della frontiera.
Intanto non c’è più latte in polvere per i neonati nei negozi. Se c’è, non è quello che il pubblico richiede, o non si trova dove è richiesto. L’idea che fisicamente manchi qualcosa dagli scaffali contrasta con l’idea di America. Il governo faccia qualcosa! Ma non si immischi troppo, perché l’impresa deve essere libera. È una emergenza, e per poter agire si ricorre alle norme introdotte da Roosevelt per far fronte alla incombente guerra mondiale: è una emergenza nazionale.
E così via.
Non è una litania che ispira buon umore. I prossimi sei mesi saranno simili a un incubo e la campagna dei Democratici in vista delle mid-term sarà dura. È difficile che i Repubblicani possano mettere insieme una maggioranza nazionale con i voti di cui dispongono e la società non sembra disposta ad accettare le loro posizioni su questioni di fondo, come indica la reazione popolare alle indiscrezioni sulla prevista sentenza della Corte Suprema in materia di aborto. Però le elezioni primarie indicano che la parola di Trump è ancora capace di smuovere le folle, e i candidati da lui “approvati” hanno nella maggioranza vinto questa prima prova che li opponeva ai rimanenti “moderati”.
L’evolvere della situazione distanzia sempre di più i due campi opposti. I Democratici potrebbero cercare di recuperare qualche voto dai “moderati” disgustati da Trump; sarebbe necessaria una mobilitazione attiva - in gergo “militarizzazione” (“weaponizing”) - degli elettori contrariati dalla repressione dell’aborto. Non sarebbe una valanga di voti, ma ci si può aspettare che l’afflusso alle urne da parte dell’elettorato sostanzialmente femminile, sostanzialmente di colore, faccia registrare un buon balzo in avanti.
A favore dei Democratici gioca, inoltre, la figura di Biden, che non è un trascinatore di folle, ma combina una certa bonarietà con un carattere irlandese vernacolare che è ben radicato nell’anima americana. Parla più del dovuto e talvolta a sproposito, ma così sogliono fare tutti i nonni, ai quali si vuol bene quanto o più che ai genitori. A nessuno piace che i propri nonni siano maltrattati: forse la gente del MAGA – il “Make America Great Again” - sta sbagliando strategia quando lo prende in giro.
C’è tuttavia il rischio che nemmeno la bonomia possa salvare un Presidente quando l’economia si arena come grande una nave nel Canale di Suez e tutti corrono da tutte le parti alla ricerca di rimedi.
Ha un bel dire il governo che la disoccupazione è a livelli minimi da record. Chi lavora si lamenta che gli stipendi non coprono più le spese di vita: e non parliamo di salute, educazione e trasporti, dove il deficit è cronico, ma proprio di quanto occorre per il fabbisogno quotidiano. Si ritiene che sia anche per questo che esiste una forte offerta di posti di lavoro, dovuta in parte alla rinuncia dei lavoratori non sufficientemente retribuiti che hanno difficoltà a coprire le spese vive: alloggio, alimenti, trasporto. Questi escono addirittura dal mercato del lavoro (e quindi falsano le statistiche, che tengono conto solo di chi attivamente cerca impiego).
Su tutto ciò grava la nube del conflitto in Ucraina. Gli americani ne hanno sposato la causa e rinverdiscono la loro diffidenza nei riguardi della Russia. Una diffidenza mai superata nonostante lo scioglimento dell’URSS (quello che Putin sembra intento a invertire). La partita si vedrà alla fine, ma la condotta della politica americana in questo frangente ha nell’insieme l’approvazione popolare; il governo la coltiva anche grazie a (casuali?) indiscrezioni sul ruolo delle forze armate americane a supporto di quelle ucraine, cui a quanto pare fornisce - oltre a molte armi - anche molti degli obiettivi da colpire.
È comprensibile che ciò avvenga, ma è irresponsabile pavoneggiarsi - non dimentichiamo che siamo alleati e basta che uno di noi superi le barriere del buon senso per trovarci tutti nel bel mezzo di un conflitto tra potenze nucleari. Una volta i segreti militari restavano tali almeno per un po’, ed esistevano buone ragioni; magari anche per questo avevano più valore.
Franklin
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