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La partita per la democrazia

Lettera da Washington


Il Governatore Gavin Newsom della California, uno Stato Democratico, ha lanciato nei giorni scorsi un appello agli abitanti della Florida, uno Stato governato da Ron DeSantis, della destra Repubblicana e presunto concorrente alla Presidenza nelle elezioni politiche del 2024. Newsom li ha incitati a “lottare per la democrazia, oppure migrare in California”.

Nello stesso giorno, un esaltato ha sparato da un tetto sulla tradizionale parata della festa nazionale nella cittadina di Highland Park, Illinois, un sobborgo di Chicago, uccidendo sei persone e ferendone dozzine.

Siamo abituati, purtroppo, alle conseguenze della illimitata disponibilità di armi letali nel paese; è la prima volta, invece, che il Governatore di uno Stato importante come la California invita implicitamente ad avviare una spartizione del paese secondo linee politiche. La combinazione dei due episodi, separati da duemila miglia ma uniti dal clima di questa torrida estate, la terza del COVID e la sesta dall’eruzione di Trump nella politica americana, indica il raggiungimento di un livello di guardia che gli Stati Uniti non avevano toccato dagli anni ’60 dell’Ottocento, quelli della Secessione, “la guerra tra gli Stati”, come è anche chiamata nei libri di storia americana.


A distanza di pochi mesi dalle mid-term, la retorica sulle prossime elezioni e insieme il dibattito sull’inchiesta contro Trump si accendono e si caricano di tensione, perché è chiaro a molti che in gioco c’è la democrazia.

Se l'appello di Newsom avesse seguito nel paese, l’incubo degli americani di un conflitto aperto e dilaniante per la nazione sarebbe più vicino di un passo; se anche non sfociasse in ulteriore diffusa violenza, l’unione degli Stati sarebbe di fatto finita, e con essa l’idea di democrazia come principio-guida unificante.


A Washington prosegue il cammino dell’inchiesta sui fatti del 6 gennaio 2021: è il segno che la democrazia si difende. Ed è significativo che siano proprio quei Repubblicani che facevano parte della Casa Bianca di Trump e del suo circolo di potere a tenerne alta la bandiera: per forza di cose, sono loro che sanno e possono testimoniare, come fanno, sugli ultimi giorni del suo regime. Colpisce che alcuni di loro dichiarino che tornerebbero a votare per Trump, se fosse candidato, e al tempo stesso offrano agli inquirenti un quadro chiaro e coraggioso delle distorsioni e delle offese alla Costituzione messe in atto in occasione delle elezioni del 2020, testimonianze che non lasciano dubbi sulle responsabilità all’interno della squadra di governo e dello stesso Presidente. Alla fine spetterà al governo in carica decidere se lanciare una formale inchiesta penale, come sarebbe logico, o accontentarsi di una condanna morale e politica per evitare lo spettro della violenza di massa. Il paese è sempre più diviso tra coloro che non vogliono sapere per non essere costretti a cessare di credere, e coloro che ritengono che la democrazia americana non potrebbe sopravvivere in assenza di un pubblico processo, usando le istituzioni create dalla Costituzione. Questo dovrebbe portare a conclusioni sulle responsabilità individuali, sarebbe un segnale, un faro sulla rotta che permetterebbe alla nazione di riprendere velocità e proseguire il suo cammino, come è stato per il celebre precedente del Watergate.


Come sappiamo, Nixon non finì in carcere, ma la sua carriera politica si interruppe bruscamente, senza intaccare il bipartitismo americano -pochi anni dopo i Repubblicani erano nuovamente alla Casa Bianca, con un Presidente come Ronald Reagan. Il Presidente, nel 1974, non fu processato (si ricorderà che Ford gli concesse l’immunità, sgradita al pubblico, e mise fine così all’episodio). Una lezione del Watergate è, dunque, che occorre un atto terzo, perché non può essere tollerata l’ambiguità su quanto è accaduto e ancor più su cosa si ordiva intorno a Trump in quell’inverno del 2020-21. La democrazia in America ha già dimostrato come sia possibile fare chiarezza su quello che accade dietro le quinte del potere, e indicare quando e come siano stati violati la legge e i principi ideali della nazione; i partiti potranno farne ciò che vorranno, ma i cittadini avranno un punto fermo su cui contare per non cadere nell’indifferenza o nella rassegnazione.


Il partito Repubblicano sta ancora decidendo se cavalcare l’ubriacatura offerta da Trump, oppure riprendere il suo antico ma onorevole ruolo di casa dei conservatori in un paese democratico. Prima di Trump, era legittimo chiedersi cosa sarebbe diventato GOP nel trionfo della filosofia liberale che escludeva sia la sinistra di tipo europeo, qui largamente considerata inseparabile dal marxismo comunista, sia l’ipotesi estrema della destra proattiva e reazionaria. La riposta è venuta dalla demografia che mostrava una crescita degli immigrati nel tradizionale mix americano. Trattandosi di un ceto meno abbiente, era previsto un rafforzamento del partito Democratico, anche in alcuni Stati sino allora di preferenza Repubblicana, con il rischio - si pensava - di generare un sistema stabilmente sbilanciato a loro favore. Si erano fatti i conti senza l’oste, o forse senza il prete. I nuovi americani, infatti, erano su posizioni rigidamente conservatrici, per esempio sui temi della famiglia, e mentre potevano essere teoricamente attratti dalla sinistra, spesso provenivano da paesi che offrivano modelli inappetibili di governi di sinistra, quali Venezuela, Cuba, e altri.


Per questo, la componente latina della popolazione continua a crescere nei censimenti, ma non si risolve in un automatico aumento dei Democratici, le cui vedute, soprattutto in materia di aborto, parità dei sessi e uguaglianza di genere, sono agli antipodi. Questo nuovo popolo, una volta naturalizzato, è quindi tutt’altro che acquisito dalla sinistra americana e, anzi, una percentuale rilevante tende a destra. In Florida, destinazione preferita di cubani e venezuelani, probabilmente si sfiora il 40%.

Non è un fenomeno marginale. Il 52% degli immigrati sono naturalizzati e più di 23 milioni hanno l’età per votare, costituendo già il maggior gruppo minoritario in America. Ormai lo spagnolo è diventato di fatto la seconda lingua nazionale, tanto che c’è chi chiede che sia sancito per legge l’uso dell’inglese come lingua ufficiale, cosa di cui nessuno aveva sentito il bisogno prima d’ora. Senza questa spartizione del voto latino, i Repubblicani avrebbero difficoltà a vincere; e la stessa spartizione è stata in buona parte effetto di Trump, che impersona così bene l’idea di “macho” cara alla cultura del subcontinente. Non è un caso che un possibile successore, dietro le quinte, sarebbe proprio il Governatore della Florida.

Il GOP deve assolutamente garantirsi questo bacino di suffragi, con o senza Trump. Per riuscirvi, deve essere presente tra i sostenitori della legittimità e non sul banco degli imputati: è logico che i Repubblicani difendano Trump, loro Presidente in disgrazia, ma non al prezzo di affondare con la nave, anzi avendo pronta una comoda, capiente scialuppa capace di traghettarli alle elezioni di quest’anno e a quelle del 2024. Per ora, stanno seguendo il copione. L’alternativa sarebbe di giocare la stessa carta del 2020 (che ha generato la sconfitta e in più l’umiliazione del Presidente), contando solo sulla base della performance incolore di Biden, che si sa dovuta in massima parte all’intransigente ostruzionismo parlamentare dell’opposizione Repubblicana.


Non c’è dubbio che sarà difficile ricucire un paese in cui metà della popolazione finge di credere in una favola mitologica impersonata da Trump. Non esiste più un dibattito razionale tra opzioni programmatiche o principi del buon governo: quando si arriva, come Newsom, a fare appello alla separazione fisica dei cittadini tra “Stati rossi” (in America, i conservatori) e azzurri, si segnala un pericoloso passo indietro.


I prossimi mesi ci diranno su quale strada ci troviamo: anche noi europei e italiani, perché poco di quanto succede in America resta in America. Per esempio, perché mai Putin dovrebbe far pace in Ucraina quando il prossimo futuro americano potrebbe portare a un regime sostanzialmente più tollerante nei suoi confronti?


Franklin

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