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Dov'รจ finito Fukuyama

  • L'intervento
  • 11 mar 2022
  • Tempo di lettura: 5 min

Lettera da Washington


Forse la cosa che colpisce di piรน sotto vari aspetti qui in America, in questi giorni di tensione e di sgomento, รจ la reazione di fronte ad eventi che in molti avevamo rimosso dal nostro orizzonte, relegandoli con sollievo alla soffitta dei ricordi, tra memorie polverose di tempi lontani di rivalitร  tra Est e Ovest, tra democrazia e autoritarismo, tra libertร  dโ€™impresa e dogma comunista, tra libertร  di pensiero e dottrina. Chissร  dovโ€™รจ finito Fukuyama, quello della โ€œfine della Storiaโ€.


Abbiamo presto realizzato che mentre la nostra saggezza ha voluto che fondassimo una alleanza militare e politica per proteggerci da simili eventi, abbiamo al tempo stesso tracciato un limite che esclude con certezza dalla protezione chi non ne fa parte: mentre il nostro rischio diminuisce, il loro aumenta e talvolta conduce a guerra aperta. Sorge cosรฌ lโ€™alternativa tra distogliere lo sguardo, o โ€œfare qualcosaโ€, il momento oltre il quale interviene la responsabilitร  di rischiare una catastrofe maggiore di quella che si sta giร  svolgendo sotto i nostri occhi. Superare la barriera apre lโ€™incognita se sarร  pace che fluirร  verso i combattenti, o guerra che fluirร  verso i pacieri; accettare il rischio puรฒ condurre a scalare il conflitto a un livello in cui non ci sono piรน dighe contro il dilagare della violenza estrema. E con ciรฒ si intende, a quel livello, il gradino nucleare, raggiunto il quale il pericolo diventa globale.


Per un soggetto con capacitร  nucleare, difendere dallโ€™attacco di un altro paese nucleare un paese che non lo รจ, comporta muoversi molto vicino alla sottile separazione tra conflitto tradizionale e uno in cui lโ€™arma atomica viene adoperata. Tutti sappiamo che dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale questa soglia รจ stata talvolta sfiorata; la nostra sopravvivenza testimonia che non รจ mai stata superata, anche se talvolta solo fortunosamente. Dunque una sicurezza tuttโ€™altro che assoluta. Con la caduta del muro di Berlino, avevamo finalmente tirato un sospiro di sollievo: quando le testate atomiche ricavate dallโ€™arsenale sovietico sono davvero partite verso gli Stati Uniti, lo hanno fatto sotto forma di uranio da impiegare nelle centrali elettriche; ancor oggi, metร  dellโ€™uranio impiegato negli USA per la generazione viene dallโ€™ex-URSS.


Ma in Russia restano ancora migliaia di testate pronte allโ€™impiego, un numero probabilmente equivalente alla disponibilitร  americana. La rassicurante immagine dellโ€™uranio trasformato in energia domestica รจ ingannevole, e ancora ci troviamo alle prese col rischio catastrofico di un conflitto nucleare. Stavolta il rischio non deriva solo dallโ€™incidente imprevedibile; oggi dobbiamo invece considerare il pericolo che lโ€™arsenale con tanta cura costruito arrivi a essere adoperato, non per il suo vero scopo, che era di prevenire una guerra, ma per quello alternativo, quello di farla. Restiamo perciรฒ nel dilemma di come - senza scatenare un nuovo olocausto - porgere la mano a un paese che lโ€™invasione russa ha forse tardivamente rivelato ai nostri occhi come uno di noi, la prima delle conseguenze non preventivate da Mosca.


Unโ€™altra conseguenza appare sotto forma di un senso di coesione inaspettato tra europei. Si ripropone lโ€™idea che lโ€™Europa non possa restare nellโ€™equivoco che rifiutando il militarismo si sia votata allโ€™impotenza. Al contrario, la scelta democratica ci ha dato una ragione per definire le circostanze in cui noi europei che lavoriamo, studiamo, viaggiamo come cittadini di unโ€™unica realtร , ci risolviamo anche a combattere a nostra difesa, se a questo si deve arrivare.


Ciรฒ che accade in Ucraina dovrebbe farci accelerare questa decisione, e farci compiere i passi necessari per renderla effettiva: se ci affidiamo a un deterrente, occorre che esso sia massiccio. Lโ€˜Europa deve preservare la sua democrazia, responsabilitร  che non puรฒ assolvere se รจ, essa stessa, frammentaria. Il tema รจ dunque ancora quello della necessitร  di unirci per essere pronti a difenderla, come la lezione di queste settimane mostra che potrebbe essere necessario. Se lโ€™Europa ha bisogno dellโ€™unitร  per alimentare unโ€™economia gigantesca come quella che ha creato in questi decenni, ha anche bisogno dellโ€™unitร  per difenderla, e non solo contro lโ€™ostilitร  altrui, ma anche per raggiungere gli obiettivi comuni a noi e a tutti gli abitanti del pianeta. A nulla servirebbe agire alla spicciolata contro un pericolo comune, nรฉ salvare lโ€™Europa se il mondo si avvia a perire.


Se lโ€™Europa รจ capace di riunirsi attorno allโ€™idea di democrazia per metterla al riparo della minaccia esterna, deve anche poterlo fare per risalire la corrente della rovina ecologica cui andiamo quotidianamente incontro. Nel 1945, abbiamo avuto le Nazioni Unite, e ci รจ sembrato di aver posto fine a secoli di violenza: cinque anni dopo giร  si combatteva in Corea. Le Nazioni giร  non erano piรน Unite; stavolta occorre che lo siano davvero, e non รจ nรฉ possibile, nรฉ sufficiente cercare di salvaguardare un nostro angolino privato.


Negli States, non si sa se rallegrarsi della reticenza a proclamare una nuova crociata, o preoccuparsi della strumentalizzazione di questa angosciosa catena di violenza ai fini del piccolo cabotaggio politico. Restiamo stupefatti dalla celeritร  con cui Putin รจ stato inizialmente quasi santificato dalla destra populista americana, quella stessa che segue ancora, ipnotizzata, il tortuoso percorso dellโ€™ex-presidente Trump. Nulla sarebbe successo se Trump fosse stato ancora alla Casa Bianca, perchรฉ i russi avrebbero avuto paura di lui, hanno subito affermato i suoi mezzibusti televisivi dalla destra, mentre i loro dirimpettai, senza pietร , mostravano le immagini di Trump che proclama la sua ammirazione per il genio del suo collega di Mosca.


Lโ€™inattesa resistenza degli Ucraini ha cambiato le cose. La reazione patriottica di quel popolo รจ esplosa e il temuto (e ancora possibile) massacro dei difensori si รจ tramutato nella tenace resistenza cui assistiamo. Il personaggio televisivo che diventa un leader per la nazione, รจ evidente, puรฒ risultare un Trump o un Zelensky, e agli americani non รจ sfuggita la differenza. Vedremo presto se avrร  conseguenze politiche.


I think-tanks americani si chiedono ora se non sia lโ€™occasione per cercare di raffreddare il flirt tra Cina e Russia, trovandosi i due paesi in differenti situazioni. Pechino nel voto dellโ€™Assemblea Generale dellโ€™ONU si รจ astenuta sia dalla condanna che dal sostegno; lโ€™intesa tra i due leader formulata al momento delle Olimpiadi (non sfugga lโ€™ironia) sembra tiepida e distante. Chi veramente ha guadagnato libertร  dโ€™azione รจ la Cina: con il patto concluso con Xi Jinping, Putin si รจ messo nelle sue mani, e la umiliante performance delle sue forze armate gli ha negato la possibilitร  di atteggiarsi a condottiero vincitore e restauratore della pace. Pechino ora ha muscoli da flettere, รจ centrale nei commerci mondiali e ha da poco anche una capacitร  di proiezione militare che le mancava nei decenni passati. Una โ€œPax Sinicaโ€ non sarebbe impossibile, nรฉ sarebbe necessariamente limitata allโ€™Ucraina.


E lโ€™Europa? Oggi qui tra le verdi colline della Virginia, dove questa nazione รจ stata modellata da una generazione di gentiluomini letterati, formati sui classici europei e capaci di mescolare grandi ideali umanistici col pratico ingegno pionieristico, ci si puรฒ chiedere se queste vicende siano viste nella stessa luce in cui le vediamo noi del Vecchio Continente, e la risposta รจ incerta.


Lโ€™Europa appare piccola, frammentata e lontana, tra memoria storica e oblio presente. Questo episodio di eroismo collettivo รจ indubbiamente impressionante e non poteva mancare di scuotere lโ€™opinione pubblica americana. Si aggiunga lโ€™istintiva simpatia per lโ€™ โ€œunderdogโ€ che combatte nonostante i pronostici, piรน il ricordo di cinquantโ€™anni di inimicizia con la Russia sovietica, ed รจ facile vedere come il paese abbia preso partito immediatamente a favore dellโ€™Ucraina (intorno al 75% fin dal primo sondaggio), rovesciando i dati della vigilia. Intorno al 60% hanno dichiarato che lโ€™America doveva apertamente schierarsi con lโ€™Ucraina, soprattutto tra i Democratici ma anche quasi metร  dei Repubblicani, una novitร .

Sarebbe interessante se alla fine si trovassero gli USA piรน uniti dal risorgere dellโ€™avversario abituale; la NATO rinvigorita dal ricorso ai suoi servizi e alla sua competenza; infine, lโ€™Europa compattata dal prezzo che sta pagando, perรฒ chissร , forse trovando cosรฌ al suo interno una inaspettata nuova generazione di grandi europeisti.


Franklin

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