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Governo Draghi e nuovi equilibri politici. 2) i liberal - democratici

L’assemblea nazionale del Pd eleggerà domani Enrico Letta a nuovo segretario. Dopo la decisione dei Cinquestelle di affidare a Giuseppe Conte la guida del Movimento, è il secondo grande sommovimento intervenuto nel quadro politico come conseguenza della nascita del governo Draghi.

Dispiace che il confronto interno al Pd che ha portato alla designazione di Letta, i ritardi nell’arrivo dei vaccini e la recrudescenza della pandemia cui sono seguite le ulteriori restrizioni che ci accompagneranno fino a dopo Pasqua, abbiano messo un po’ nell’ombra una terza nuova iniziativa e cioè quella assunta da diverse formazioni di ispirazione liberal - democratica per cominciare a convergere su una piattaforma unitaria.

Azione di Carlo Calenda, Più Europa di Emma Bonino, il Partito Repubblicano, insieme ad atri movimenti di ispirazione liberale hanno deciso di costituire il Comitato “Un Programma per l’Italia”. Carlo Cottarelli, che è stato prescelto come presidente del Comitato, ha illustrato in un’intervista a Repubblica il senso dell’iniziativa. Cottarelli guiderà un gruppo di esperti per giungere ad una sorta di programma comune: una serie di idee e proposte non solo finalizzate alla ricerca di soluzioni concrete agli annosi problemi del Paese, ma soprattutto innervate da una solida “visione” del futuro italiano che si fondi sulla democrazia rappresentativa, su un inequivocabile ancoraggio euroatlantico e sull’affidare allo Stato il compito di assicurare ai cittadini e agli operatori economici eguali posizioni di partenza piuttosto che improduttivi sussidi. Carlo Cottarelli ha ribadito questi argomenti nella presentazione del Comitato in una riunione da remoto, cui hanno partecipato i leader dei partiti e dei movimenti che hanno promosso l’iniziativa e che hanno confermato la loro intenzione di procedere congiuntamente verso forme di più pregnante collaborazione politica.

Il mondo da cui nasce il Comitato Cottarelli – e quello ancora un po’ più vasto cui potrebbe rivolgersi - è una realtà che è sempre esistita nella storia politica italiana. Una realtà di minoranza ma nutrita di una solida cultura di governo e la cui marginalizzazione, seguita all’avvento della cosiddetta seconda Repubblica, ha rappresentato certamente una deminutio della qualità del panorama politico del Paese. Al vascello che ha preso il mare non possono perciò che essere fatti i più fervidi auguri.

Naturalmente, il futuro di questa iniziativa, oltre che dall’elaborazione dei temi programmatici, dipenderà in larga misura da come essa affronterà alcuni nodi politici ineludibili.

Innanzitutto c’è un grande appuntamento, rappresentato dalle elezioni in autunno in quasi 1200 comuni tra i quali le principali città (Roma, Milano, Torino, Napoli), che si terrà all’insegna di sistemi elettorali maggioritari che sono i più ostici all’affermazione di terze forze. Il centrodestra si presenterà unito e l’alleanza Pd - Cinquestelle sembra molto più vicina di quanto fosse nelle elezioni regionali del settembre dello scorso anno.

Esiste poi, in prospettiva, un problema che potremmo chiamare “Letta - Letta”.

Da un lato c’è da chiedersi se, sul versante Letta Gianni, quello cioè di quella parte di Forza Italia più restia ad accodarsi alla primazia Salvini - Meloni nel centrodestra, i liberal - democratici vorranno esercitare e, in caso affermativo, avranno la forza attrattiva per convincere l’europeista Berlusconi a lasciare i suoi tradizionali alleati populisti e sovranisti.

Sull’altro lato, quello di Letta Enrico, la questione appare altrettanto problematica. Enrico Letta è uno dei fondatori del suo partito e al Pd delle origini è profondamente legato. Quel Pd era “a vocazione maggioritaria” e cioè riteneva di essere l’architrave di uno schieramento che poteva e doveva essere più ampio, ma di cui era l’azionista di riferimento. Il Pd non si aspetta da Letta l’abbandono della convergenza con i Cinquestelle ma, a maggior ragione ora che Conte ne è diventato il leader, perdendo così la funzione di federatore del centrosinistra, si attende da lui l’apertura di una sana competizione tra alleati per riportare il partito alla testa dell’alleanza. In pratica Pd first.

Sul versante Letta Enrico c’è un’ulteriore considerazione da fare. Il suo Pd, pur rimanendo nella linea Zingaretti - Franceschini di collaborazione coi Cinquestelle sarà un partito percepito con una vocazione maggiore del passato a pescare nell’elettorato di centro. Avendo questa potenzialità, il Pd di Letta manterrà la linea Zingaretti favorevole all’introduzione di una legge proporzionale?

Ma c’è di più. Dalle prime parole pronunciate da Letta al momento della sua candidatura si evince che lavorerà anche in direzione di un’autentica unità del suo partito. Un’unità che passerà per il tentativo di staccare i cosiddetti renziani interni da Renzi e cioè l’esatto opposto di ciò che Renzi immaginava di fare “macronizzando” dall’esterno il Pd. Se ciò accadesse, Matteo Renzi, definitivamente escluso da una prospettiva di ricongiungimento con il Pd, dovrebbe trovare un diverso ubi consistam al centro. È difficile immaginare che il suo possibile arrivo non investa il campo liberal - democratico appena riorganizzato. Forse questa preoccupazione può avere ispirato l’accelerazione nella formazione del Comitato, anche al prezzo di una minore copertura mediatica.

L’area liberal – democratica ha sicuramente un problema di definizione programmatica, ma ha anche un problema politico che deve essere affrontato, perché dovrà confrontarsi sia con le difficoltà tradizionali che hanno sempre avuto le forze di minoranza, sia con i nodi sopra elencati che sono la conseguenza della rapida evoluzione politica messa in moto dalla nascita del governo Draghi.

Essa ha davanti a sé due strade: conquistare uno spazio autonomo tra i due blocchi come avviene per i Liberali e i Verdi tedeschi, o immaginare di prendere la leadership di uno dei due blocchi com’è avvenuto in Francia con Giscard d’Estaing e più recentemente con Macron. Nel primo caso deve ottenere una legge proporzionale, nel secondo il cambio della forma di governo.

Carlo Cottarelli vorrà affrontare questa avventura? Ma, soprattutto, vorranno affidargli questo compito i leader che hanno promosso l’iniziativa?

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