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Il paradosso delle prossime elezioni

I commentatori hanno scritto che l’evidente insuccesso della destra in questa tornata di elezioni amministrative è dovuto alle differenze politiche – anzi al contrasto frontale – fra i tre partiti che la compongono. Queste divergenze si sarebbero riflesse nella confusa scelta dei candidati e nell’assenza di una campagna elettorale condivisa. A sinistra, invece, vi è stato un certo successo attribuibile alla capacità del PD di tenere insieme un arco di forze relativamente ampio, fino a comprendere, in qualche caso, perfino i centristi alla Calenda e i 5 Stelle.

Il problema è che questo esito non si proietta sulle ormai imminenti elezioni politiche. La differenza è costituita dalla legge elettorale maggioritaria che, se non verrà modificata, farà il miracolo di costringere la destra a individuare candidature comuni nei collegi uninominali, mentre ben difficilmente questo avverrà nel centrosinistra.

In sostanza, siamo di fronte a un paradosso evidente. A destra convivono tre posizioni politiche radicalmente diverse: l’adesione piena al governo Draghi di Forza Italia, l’opposizione frontale al governo dell’on. Meloni e il passo oscillante e incerto fra maggioranza e opposizione della Lega dell’on. Salvini. Eppure, nonostante una differenza cruciale sul tema del governo che Salvini e Berlusconi avrebbero dovuto sfruttare mettendo Giorgia Meloni di fronte alla scelta fra aderire alla maggioranza o rinunciare alla coalizione, i tre partiti finiranno per unirsi. Avremo così una maggioranza numerica che rappresenta posizioni politiche sostanzialmente incompatibili, così come avvenne per l’Ulivo nel 2006, con esiti catastrofici per quella coalizione e per il Paese.


A sinistra, invece, il paradosso sarà che una larghissima parte delle componenti condivide la politica estera, la politica europea, il giudizio sul governo: non ci sono, infatti, su questi temi differenze significative fra Renzi, Calenda, Letta ed ora Di Maio, cosicché l’area di potenziale differenza resta confinata alla quota dei 5 Stelle che fa capo al professor Conte (ma neppure tutta, viste le posizioni di Grillo sul governo). Ciò nonostante, una parte significativa di forze che condividono idee e posizioni politiche e programmatiche si rifiuterà di appoggiare accordi maggioritari, preferendo una posizione più identitaria. Così il maggioritario vedrà più probabilmente l’alleanza fra PD e i 5 Stelle e l’estraneità della galassia centrista.

La conseguenza sarà che un insieme di partiti sostanzialmente uniti sui temi che vanno dalla politica estera, alla politica economica, ai diritti civili, perderà le elezioni rispetto a tre partiti divisi su materie fondamentali.


Se questo avverrà, l'esito per l'Italia sarà disastroso, specialmente nella nuova situazione internazionale aperta dalla guerra in Ucraina. Manderemmo al governo forze che allontanerebbero l'Italia dall'Europa e dall'Occidente.


Una soluzione che dovrebbe ricevere anche l’assenso della Lega e di Berlusconi, se dessero valore alle loro stesse posizioni politiche, sarebbe il ricorso a un sistema elettorale proporzionale. A sinistra, prima della scissione dei 5 Stelle, probabilmente il PD preferiva il maggioritario. Ma oggi, di fronte alla difficoltà di far sedere allo steso tavolo il movimento di Di Maio e quello di Conte, per non parlare di Renzi e di Calenda, forse dovrebbe ripensarci.


Qualora invece il PD rinunci alla revisione in senso proporzionale della legge elettorale - o perché giudica impossibile fare approvare da questo Parlamento una legge diversa, o perché in fondo preferisce il maggioritario poiché spera che gli elettori moderati siano spaventati da Giorgia Meloni - allora l'on. Letta dovrebbe dedicarsi alla stesura di un programma preciso e dettagliato sul quale aprire un confronto con tutte le forze di centro e di centrosinistra, giungere alla definizione di una piattaforma per l'individuazione di uno schieramento e preparare così le candidature alle elezioni.


Si tratta di scegliere l'una o l'altra strada e di farlo presto. Il tempo rimasto non è molto.

Il Commento Politico guarda con estrema preoccupazione alla situazione. Nelle prossime elezioni rischiamo di far scivolare l’Italia ai margini dell’Europa pur essendovi nel Paese una evidente maggioranza europeista e occidentale. La risposta deve emergere presto.

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