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Invito alla cautela

In un’intervista al Messaggero Sabino Cassese, interrogato su come si debba impostare il piano di utilizzazione delle risorse europee, risponde nei termini seguenti: “Lo strumento migliore sarebbe un organismo simile a quello introdotto da De Gasperi nel 1950, la Cassa per il Mezzogiorno, naturalmente esteso su tutto il territorio nazionale. Avrebbe compiti aggiuntivi a quelli ordinari, un regime speciale, la possibilità di valersi di un manipolo ristretto di tecnici”.

In un interessante articolo sul Corriere della Sera Milena Gabanelli affronta il nodo della lentezza e inefficacia della spesa pubblica per investimenti e, citando un autorevole amministrativista, dice che il problema è il numero delle stazioni appaltanti. Cioè, tanto maggiore è il numero delle stazioni appaltanti tanto più probabile è che i programmi restino largamente sulla carta.

Su Repubblica, infine, Curzio Maltese dice di considerare un’eccellente idea quella di utilizzare Mario Draghi in questa importante e cruciale iniziativa per ridare all’economia italiana una prospettiva di sviluppo.

In queste prese di posizione, fra loro indipendenti, vi sono i tre elementi base che Il Commento Politico ha sottolineato in questi mesi e che hanno trovato una puntuale esposizione da un lato nella proposta della Fondazione Ugo La Malfa e dell’Associazione Guido Carli, e dall’altro in un’intervista di Giorgio la Malfa ad Italia Oggi.

Vi è un vasto ventaglio di opinioni che indica il modo – forse il solo - in cui il progetto può essere condotto a buon fine.

Si può comprendere che il presidente del Consiglio si appresti a riunire a Palazzo Chigi i ministri componenti del comitato interministeriale per gli Affari europei. È giusto e politicamente opportuno che nella riunione, prevista per la giornata di domani o di mercoledì, il governo nell’interezza di tutte le sue componenti valuti il progetto nel suo complesso. E, tuttavia, a valle di questa iniziativa, anzi nel corso di questa riunione, il presidente del Consiglio dovrà precisare alcune delle questioni sopra indicate e in particolare la seguente: chi fornisce i progetti generali e specifici che formeranno oggetto delle deliberazioni politica del Ciae? Sarà l’ente descritto da Sabino Cassese o saranno i ministeri di spesa, cioè le troppo numerose stazioni appaltanti di cui parla la Gabanelli? È chiaro che se il Ciae avrà il compito di esaminare e mediare fra i progetti delle varie amministrazioni (che alla fine dovranno comprendere anche i progetti delle Regioni) queste amministrazioni e le Regioni diventeranno anche le stazioni appaltanti dei progetti, e a quel punto succederà quello che succede con le opere pubbliche italiane, cioè l’impantanamento. La conferma viene, al contrario, dal ponte di Genova: lì c’era una sola stazione appaltante e il ponte sarà inaugurato nei tempi previsti.

Dunque l’azione del Ciae è parte della strategia governativa, ma vanno precisati con molta attenzione e lungimiranza i passi che dovranno accompagnarlo e seguirlo.

Si dovrà dare subito il via alla raccolta dei progetti? In questo caso la strada è segnata ed è la strada tradizionale che non potrà che dare i risultati tradizionali. Il Ciae potrebbe, invece, decidere un percorso nuovo e all’altezza della sfida: il potere politico rimarrebbe, come è giusto, nelle mani del governo ma l’elaborazione tecnica, il confronto comparativo fra i progetti per scegliere i migliori e, infine, la loro rapida esecuzione, sarebbe affidata a un’entità ad hoc, come fu la Tennessee Valley Authority o, come dice Cassese, una nuova Cassa per il Mezzogiorno estesa a tutto il territorio nazionale.

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