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L’implacabile battaglia del voto

Lettera da Washington


È possibile che negli Stati Uniti la prevedibilità dei comportamenti elettorali, unita ad una certa disinvoltura nella regolazione dei sistemi elettorali, possa consentire una manipolazione del complessivo sistema democratico?

Molti osservatori ritengono che nei prossimi giri elettorali possano non essere i cittadini a scegliere i partiti da votare, ma i partiti a scegliere i cittadini da portare alle urne.

Il sistema elettorale americano consente alla demoscopia di fornire indicazioni attendibili sul possibile orientamento dei votanti e sul suo legame con fattori oggettivi conoscibili a priori. Sia pure con un margine di errore, è possibile costruire uno scenario del risultato finale. È quindi inevitabile che le parti politiche possano avere la tentazione di cambiare l’esito delle votazioni non dopo il voto, bensì prima.

La questione è che Il sistema federale americano consente la costruzione di impianti fortemente distorcenti, al limite del discriminatorio, perché in questa materia i poteri sono essenzialmente degli Stati e la vigilanza della Corte Suprema è oggi considerata meno penetrante: sei dei nove magistrati che la compongono sono stati nominati dai conservatori e non fra i più idealisti.

È vero che la competizione elettorale fra i due principali partiti è sempre stata caratterizzata da tentativi di incidere “dall’alto” sulle intenzioni e sulle espressioni di voto. Ad esempio, entrambi gli schieramenti hanno tradizionalmente fatto uso del “gerrymandering”, che è una pratica consistente nel tracciare i confini dei distretti elettorali nei singoli Stati in modo da far contare al massimo i voti di un partito e al minimo quelli dell’altro.

È però preoccupante che al vecchio gerrymandering si stiano affiancando strumenti molto più obliqui e rischiosi per la saldezza del processo democratico.

Ciò verosimilmente accade perché il partito Repubblicano è fortemente deciso a ribaltare gli effetti della elezione di Biden alle votazioni di mid-term del prossimo anno, in modo da impedire al nuovo Presidente di realizzare il suo programma perché costretto in una condizione di forte minoranza al Congresso.

Per raggiungere tale obiettivo non si cessa di mettere in piedi campagne mediatiche e social tendenti a diffondere false notizie. Questo è il significato della campagna dei Repubblicani per mantenere viva la leggenda dei brogli elettorali nel 2020, che richiederebbero, così dicono, una immediata correzione. Non è credibile che i dirigenti del Grand Old Party siano davvero convinti che il voto nel 2020 sia stato manipolato a loro danno, ma questa illusione è necessaria per giustificare ciò che stanno costruendo sulla base di questa leggenda, e che potrebbe essere la sola maniera di assicurare al partito un successo nell’immediato futuro. I leader Repubblicani sanno perfettamente che nel 2020 Biden ha vinto e Trump ha perso, e presumibilmente sono abbastanza realisti da puntare non certo al reinsediamento del 45.mo Presidente, quanto al meccanismo che possa riportarli al potere su scala nazionale anche in sua assenza, forse soprattutto in sua assenza.

Per parte sua, anche Donald Trump si è rimesso in movimento per restare protagonista nel definire le armi e gli stati maggiori per la prossima battaglia. È in questo contesto che va inserita la rottamazione del suo precedente vice, Mike Pence, considerato colpevole di aver scelto la fedeltà alla Costituzione, anziché al suo "capo", nella giornata dell’assalto a Capitol Hill. Nuovi potenziali leader stanno comunque nascendo, per esempio il Governatore De Santis in Florida.

C’è un altro strumento che si cerca di utilizzare a livello dei singoli Stati per provare a realizzare decisive manipolazioni elettorali: l’imposizione di requisiti ad hoc per poter votare, introducendo regole vessatorie per ridurre l’affluenza alle urne. Fa molto discutere, per esempio, la decisione adottata in alcuni territori di considerare illegale il portare acqua da bere a chi sta facendo la coda ai seggi.

La battaglia in corso nella prospettiva delle prossime elezioni di mid-term si annuncia quindi più implacabile del solito.

Non è un caso che in una recente conferenza stampa Biden abbia posto l’accento - con inconsueta energia - sul rischio reale di uno scenario in cui le elezioni potrebbero essere al servizio di un solo partito.


Franklin

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