L’atteggiamento dei governi verso l’iniziativa privata è una questione di grande delicatezza e tale da poter richiedere anche una lunga riflessione. Nello stesso tempo, se ci sono circostanze che mettono in pericolo la salute dei cittadini, è urgente affrontarle dimostrando la necessaria fermezza. Nella questione Autostrade importanza ed urgenza si intersecano e si incrociano con le evidenti divisioni in seno alla maggioranza e al governo. Se il dissenso investe l’esecutivo e spacca la sua maggioranza può essere in molti casi una scelta politica saggia rinviare le decisioni, perché il tempo, stemperando le posizioni di partenza, può rendere più facile trovare dei punti di convergenza non individuabili a prima vista. Dare un’immagine di irresolutezza può essere considerato un prezzo accettabile, se il tempo guadagnato consente di fare emergere una soluzione condivisa.
Il rischio più grave della scelta del rinvio è, però, che tale soluzione non emerga e che, ancor peggio, troppi dossier irrisolti finiscano per accumularsi contemporaneamente sul tavolo del governo. È quanto sta accadendo oggi. Il governo ha cercato di rinviare a settembre molte delle questioni aperte, sperando di chiudere prima di allora la trattativa più importante, quella con l’Europa circa le risorse di cui l’Italia potrà disporre nei prossimi anni per ricostruire la propria economia. In realtà settembre è ancora lontano, e in questa settimana di luglio che oggi si apre arrivano al pettine tutta una serie di problemi che l’esecutivo avrebbe voluto scadenzare diversamente. Il governo ha davanti a sé vecchi problemi come l’Alitalia e l’Ilva, cui si sono aggiunti la questione della controversa revoca della concessione di Autostrade, la proroga dello stato di emergenza, la nuova legge elettorale sollecitata dal Pd, le eventuali alleanze per le ormai imminenti elezioni regionali. Un po' troppo per una settimana alla fine della quale il presidente del Consiglio avrebbe bisogno di avere con sé, se non un Paese compatto, almeno una compatta maggioranza parlamentare.
Sulla questione Autostrade a noi sembra che la scommessa del rinvio non abbia funzionato, perché il tempo non ha portato a stemperare le posizioni. Certo, se domani il governo dovesse decidere per la revoca, che un forte movimento di opinione pubblica probabilmente condivide, ci sarebbe da domandarsi perché essa non sia stata decisa due anni fa, subito dopo il crollo del ponte Morandi. Se si è atteso tanto tempo è perché l’esecutivo ha cercato una soluzione diversa: o perché ha ritenuto la revoca giuridicamente infondata o perché l’ha ritenuta troppo costosa. Se è così, ora che la società Autostrade ha fatto una proposta la si può discutere ulteriormente. Ciò che non si può chiedere è che i Benetton facciano volontariamente quello che il governo potrebbe fare con la revoca, cioè uscire del tutto dalla gestione delle autostrade. In altre parole, se la posizione dell’esecutivo è che i Benetton non possano essere neppure azionisti di minoranza di una società concessionaria delle autostrade, allora il governo deve imboccare la strada della revoca. Ma la revoca non può essere considerata l’alternativa a qualcosa che la legge non consente di imporre a un investitore privato.
Il governo ha fin qui scelto il rinvio, ma che senso ha decidere nel momento peggiore? La riunione del Consiglio europeo di venerdì è questione importante ed urgente. Lo è altrettanto, dopo due anni dal crollo del Ponte Morandi, la riunione di domani del Consiglio dei ministri?
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