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Quello che i partiti non vogliono vedere

Quando l’ipotesi Draghi è stata annunciata dal Presidente della Repubblica, i due no più duri sono venuti dalla Lega e dal Movimento 5 Stelle. Nel giro di tre giorni stanno diventando i sì più convinti ed entrambi i partiti ora annunciano non solo i propri punti programmatici, ma anche il desiderio di essere rappresentati al governo con loro ministri.

È bene ricordare, visto che la memoria è così corta, da che cosa nasce l'incarico a Draghi: nasce, al termine delle attente consultazioni condotte dal Presidente della Repubblica, dalla constatazione della inesistenza di una maggioranza politica nel Parlamento, certificata non solo da ciò che tutti i partiti hanno detto a Mattarella ma addirittura, per ciò che riguarda la maggioranza che aveva sorretto il governo Conte bis, dalla ulteriore fase di esplorazione e di ricerca di una soluzione affidata al presidente della Camera.

Se questa è la situazione, se cioè i partiti politici non sono stati in grado di dare un governo al Paese e sono costretti dalla gravità dei fatti ad accedere alla proposta del Capo dello Stato - anche perché questi ha scelto una personalità che, per i suoi connotati e per la sua esperienza interna e internazionale, è quello che ha le migliori possibilità di dare una speranza all’Italia, la cui condizione finanziaria è sull'orlo dell'abisso – allora questi stessi partiti politici non possono pretendere di trasformare il governo Draghi in un governo di cui essi siano i dominus e presentare programmi di cui il presidente del Consiglio sia l'esecutore e di cui i loro ministri siano i sorveglianti.

Non si può sostenere di “non voler porre condizioni” e poi fare un elenco di richieste e di divieti. È bene che tutti i partiti, a partire da Lega e Cinquestelle, comprendano che non stanno per decidere se votare o meno un’intesa politica. Devono decidere se consentire a Mario Draghi di avviare a soluzione le principali emergenze, a partire da un piano italiano per il Recovery all’altezza della situazione.

Non escludiamo affatto che l'evoluzione politica messa in moto dalla soluzione Draghi possa generare, in un domani, delle novità negli equilibri politici del Paese.

Possiamo, anzi, augurarci che la fase di governo che si apre favorisca un’evoluzione del quadro politico in direzione di una migliore governabilità. Ma questi sono auspici per il futuro. Oggi si può formare solo una maggioranza parlamentare e non si può ingabbiare un governo del Presidente cercando di creare, con un colpo di bacchetta magica, una maggioranza politica che non c’è.

Provare a farlo senza adeguate riflessioni da parte dei partiti sul proprio passato e sul futuro non sarebbe un’evoluzione politica, ma opportunismo politico e trasformismo.

Il Paese chiede che Mario Draghi formi liberamente il governo e che i partiti non ne ostacolino l’azione. La sua e quella dei ministri. I ministri di Draghi e di Mattarella, non quelli dei partiti.

Nulla esclude che domani un governo d’emergenza possa trasformarsi in un governo politico. E che una maggioranza parlamentare possa trasformarsi in una maggioranza politica.

Sarebbe auspicabile, ma se ciò accadesse è prevedibile che quella maggioranza non sarebbe composta dalle stesse forze politiche, o perlomeno non da tutte.

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