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Sempre più carbone nella calza della befana

“Conte e il governo in difficoltà”: così titolano da giorni tutti i media. Che peraltro stentano a trovare una chiave di lettura soddisfacente di ciò che sta accadendo e soprattutto di ciò che sta per accadere. Queste difficoltà non sembrano essere destinate a provocare ora la caduta del governo, ma provocheranno un ampio rimescolamento di carte all’inizio del prossimo anno. E, fra le carte rimescolate, potrà esservi anche quella della presidenza del Consiglio.

Dopo due settimane di tentennamenti e di Dpcm di assaggio, il governo ha operato la sua scelta per così dire strategica: la maggioranza di chi lavora deve poter continuare a farlo, pena catastrofiche conseguenze economiche per il Paese. Lavorerà “in presenza”, come oggi si dice, o in smartworking, se necessario. Proprio per questo, alle famiglie con figli preadolescenti è assicurata la permanenza dell’apertura delle scuole di primo livello. Per tutte le altre attività, quelle cioè caratterizzate da tempi e luoghi di lavoro suscettibili di creare incontrollati assembramenti, sono previste limitazioni capestro, da “ristorare” in breve tempo con modalità che verranno stabilite oggi con un decreto legge.

Si tratta di una decisione chiara, ma presa col machete. Per questo, nel suo concreto dispiegarsi, sta alimentando molte critiche e l’accendersi di clusters di rivolta sociale.

Poiché si tratta di proteste legittime, comprensibili e ampiamente giustificate per le ingiustizie settoriali e per i timori che suscitano in parte della popolazione, era inevitabile che la polemica politica si riaccendesse vigorosamente: non solo tra maggioranza ed opposizione, ma anche tra le forze di maggioranza che congiuntamente avevano dato il loro consenso ad una scelta del governo così chiara nella sua monotematicità.

La situazione è grave e preoccupante, a partire dalle condizioni in cui si ritrovano ad operare le strutture sanitarie di tutto il Paese, nuovamente sommerse da un’ondata di contagi irriducibile ad ogni sforzo di tracciamento. È grave e preoccupante, ma non ci appare così confusa come tutti i commentatori suggeriscono nelle televisioni e sui giornali.

All’uopo ci siamo fatti le domande che sono sulla bocca di tutti e le risposte sono venute abbastanza facilmente da sé.

1. Il governo, assediato da molte parti ed in rapidissimo calo di consensi rispetto a solo un mese fa, è destinato a cadere prima di Natale? NO. Lo sostengono, pur criticandolo, tutti i partiti di maggioranza. Lo pensano quelli d’opposizione, che chiedono per ora elezioni rapide dopo un momento di appeasement (Meloni), che potrebbe essere forse rappresentato da una corale rielezioni di Mattarella (Giorgetti). E lo ha fatto capire il Quirinale, che, come riportano oggi Marzio Breda sul Corriere della Sera e di Lina Palmerini sul Sole 24 ore, si è dichiarato contrario al caos.

2. L’attuale maggioranza, nel ritrovare forme accese di polemica interna, pensa di autosciogliersi o di modificare i propri confini? NO. La coalizione ha un collante formidabile costituito dall’arrivo dei fondi europei e dalla necessità di trovare formule che le consentano di non perdere le elezioni che si terranno in tutte le principali città nel prossimo anno. Ciò non significa che le polemiche interne siano destinate a sopirsi. Per due ragioni: la prima è che dalle recenti elezioni regionali è uscito bene solo il Pd e quindi, come già sta accadendo, i Cinquestelle e Renzi cercheranno visibilità cavalcando l’insoddisfazione della parte del Paese più colpita dalle nuove misure: dai ristoratori, ai tassisti, ai lavoratori dello spettacolo. In secondo luogo perché i Cinquestelle celebreranno il loro congresso entro Natale e, paradossalmente, quelli di loro che puntano ad un accordo più stabile col Pd, per prendere convintamente la guida del movimento, dovranno attaccare proprio i ministri del Pd al fine di togliere agli avversari interni l’argomento per cui sarebbero succubi dell’alleato di governo.

3. Verranno trovate forme di partecipazione dell’opposizione alle scelte del governo? NO. La maggioranza non ha nessuna intenzione di condividere il bottino europeo e non ne ha nemmeno la necessità, visto che, ristorate in qualche modo le categorie produttive più colpite, l’emergenza che si rivelerà sempre più stringente sarà quella sanitaria, cioè quella che dovrà combattersi su un territorio che è di competenza regionale e che quindi farà emergere, accanto alle inefficienze del Governo, anche quelle di un’opposizione che governa in quindici regioni su venti.

Da queste considerazioni, per certi aspetti ovvie, Il Commento Politico ha già da tempo tratto la conseguenza che la calza della befana sarebbe stata per il governo Conte molto avara di dolciumi. Ogni giorno che passa la vediamo riempirsi sempre più di carbone. Non ne siamo lieti, soprattutto per il Paese che, come ricorda il Capo dello Stato, di tutto ha bisogno fuorché del caos.

Ci permettiamo perciò di rivolgere al premier un invito. La scelta di salvaguardare in primo luogo le possibilità di ripresa dell’Italia è stata una scelta giusta. Ma non basterà l’ultimo suo decreto. L’epidemia e il malcontento sono destinati a crescere. Per coinvolgere tutto il Paese ad uno sforzo comune il luogo ideale esiste ed è rappresentato dal Parlamento. Giovedì il presidente del Consiglio parlerà alle Camere. Sarebbe auspicabile che, oltre a motivare le scelte fatte, annunci la disponibilità di tutti i ministri a riferire nelle commissioni parlamentari - entro una settimana - i numeri, le difficoltà, le soluzioni che si pensa di adottare per i settori di cui sono responsabili. Il Paese capirebbe meglio e di più. E gli aggiustamenti che non si potrà non adottare emergeranno dalle prese di posizione di tutte le parti politiche.

Insieme al ministro dell’Economia, il capo del governo riservi a sé stesso il compito di delineare le condizioni per la ripresa economica. Non solo per quando la nottata sarà passata ed arriveranno i fondi europei, ma con progetti da mettere subito in cantiere. Dalle ultime analisi della Banca d’Italia e dalle stesse previsioni del governo risulta che non ci sono problemi di cassa, come emerge da un articolo di Giorgio La Malfa pubblicato oggi da Il Dubbio, che riportiamo tra le nostre Segnalazioni.

Accanto alle risorse destinate a ristorare le categorie più colpite dalla seconda ondata dell’epidemia, ci sono infatti risorse accantonate o non spese che possono addirittura essere utilizzate fin da oggi per creare nuova occupazione.

Per questo rinnoviamo la nostra proposta – ripresa sul Corriere della Sera da Cesare Avenia, presidente di Confindustria Digitale - di creare un’autorevole struttura ad hoc che cominci ad operare mentre tutti il governo è impegnato nell’attuale strenua ordinaria amministrazione.

Così come è necessario garantire il presente è altrettanto indispensabile guardare al futuro. Noi speriamo che Giuseppe Conte voglia farlo. Non sappiamo se ciò possa garantire la vita al suo governo. Sappiamo, però, che questo è ciò che serve al Paese.

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